Lucia & Alessandro, quando un personaggio è più vero del suo Autore.

Il testo:

L’idea non è originalissima ma piuttosto intrigante: mettere a confronto uno scrittore (e che scrittore! vogliamo dire il padre indiscusso e indiscutibile del romanzo italiano?) esponendo da una parte la crisi d’identità di chi non è mai stato “un ovulo fecondato da sperma“. e che ricorda così il momento della nascita: “si apre una porta, non una vulva, e ti ritrovi a venire al mondo“; dall’altra il percorso di vita e il processo di formazione che ha portato il suo creatore a far vivere la creatura sulle pagine del libro e a scolpirla nell’immaginario dei lettori dell’opera.

Alessandro Manzoni, sentendo appropinquarsi “il mortal sospiro” avverte la necessità di consegnare una specie di testamento spirituale, o di ultima confidenza-confessione, se vogliamo, nelle mani di colei “delicata come un arbusto, ma forte come l’acciaio” che (reale o immaginaria) che ha amato più di ogni altra donna, reale o immaginaria che sia.

Lei, però, prima di dedicargli la propria attenzione, coglie l’estrema occasione di rinfacciare al suo creatore l’insopportabile oltraggio di averla abbandonata proprio nel momento più drammatico e buio della propria esistenza letteraria: quello del drammatico e violento rapimento da parte degli scherani del bieco don Rodrigo e nella prigionia che ne segue (il sabato di Pasqua, quel giorno strano e misterioso in cui Dio è assente).

E, quando Lucia chiede allo scrittore, cosa fosse di lei prima di essere catapultata tra le pagine de «I promessi sposi», il vecchio Alessandro le risponde semplicemente che non sapeva che lei ci fosse, ma c’era.

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Visto dalla platea:

Esprimersi su uno spettacolo tenendone la realizzazione in palcoscenico da parte di regista e attori disgiunta dalla valutazione del testo risulta pressoché impossibile. E questo è precisamente uno di quei casi.

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Partiamo, per una volta un po’ alla rovescia, dalla scenografia modulare, essenziale e originalissima firmata da Maria Paola Di Francesco, composta di porte luminose e sedie stilizzate. Ideale per favorire quel gioco di aperture e stasi che caratterizza il surreale dialogo., come una partita a scacchi.

Regia di Paolo Bignamini inappuntabile ma, inevitabilmente condizionata da un testo (ecco che torna, il testo!) che propone a chi lo mette in scena (e agli spettatori della pièce, un qualcosa di estremamente squilibrato tra prima e seconda parte. Nella prima metà, infatti, prevale il personaggio di Lucia così come affrescato dalle mirabili parole di Alessandro Manzoni. Con le sue paure, le sue timidezze, i suoi dubbi e, appena accenate ma non certo per questo assenti, la sensualità e i desideri nascosti, il tutto introiettato, digerito e rielaborato da Valentina Bartolo con nitida passione.

Nella seconda parter, invece, vale a dire allorché il timone passa nelle mani dell’inimitabile scrittore, si nota una frattura brusca e disarmonica, un inatteso quanto spiacevole calo di ritmo e d’intensità legato forse a una lettura di Manzoni che appare piatta e (francamente) piuttosto di maniera e sostanzialmente superficiale. Qualcosa che, con ogni evidenza, rende più difficle, molto più difficile il lavoro del pur bravo Giovanni Franzoni, che s’impegna a fondo e le prova tutte per calarsi convenientemente in un personaggio privo di autentico spessore.

Funziona così, del resto: quando (come ha fatto in questa occasione Luca Doninelli, si mette a confronto la propria scrittura con quella di un tale monumento della cultura nazionale, capita spesso (ma non sempre, per fortuna) che i rischi che si corrono prevalgano sulle opportunità.

Il pareggio non è contemplato.

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di Luca Doninelli
con Valentina Bartolo e Giovanni Franzoni
regia di Paolo Bignamini
scene e costumi Maria Paola Di Francesco
disegno luci Manuel Frenda
assistente alla regia Gianmarco Bizzarri, Giulia Asselta
un progetto di Luca Doninelli e Gabriele Allevi
produzione Centro Teatrale BrescianoTeatro de Gli Incamminati – deSidera

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