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Pura suggestione. Pura poesia. «Non tutti nella Capitale / sbocciano i fiori del male…» è un verso della canzone (stupenda come tutte quelle scritte e cantate da Fabrizio De André) che s’intitola «Delitto di paese».
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Ieri sera, seduto in platea al Teatro Sant’Afra di Brescia, per assistere all’anteprima nazionale di «Christine e Léa – Le serve» dramma inserito nel ricco palinsesto di eventi dedicato al contrasto alla violenza di genere e fortemente voluto e organizzato dall’Assessorato alle Pari Opportunità del Comune di Brescia in occasione del 25 novembre, ci ho pensato per tutto il tempo, per due ordini di motivi.
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Il primo è la storia raccontata. Forte, sanguigna e sanguinosa, sfacciata, colta e appassionante: quella fosca delle sorelle Papin che, negli anni ’30 dello scorso secolo, si macchiarono di un atroce duplice delitto ai danni delle due altere e altezzose padrone di casa, la madre Léonie Lancelin e la figlia Geneviève. I fatti avvennero a Le Mans, cittadina di 140.000 abitanti situata nella regione della Loira, che all’epoca (ancor più di ora) era distante dalla capitale di Francia, la cosiddetta Ville Lumière, molto più dell’effettivo chilometraggio che effettivamente le separa.
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Il secondo , invece, è la traslazione di un altro concetto, affatto diverso ma, in questo caso, complementare al precedente: la qualità del lavoro al quale ho assistito, sia in termini di validità e profondità della scrittura, che di fantasia e precisione della regia, nonché di totale immedesimazione e di alto livello di recitazione collettivo e individuale degli interpreti, è tale, ve lo posso assicurare, da meritare molto più di altri lavori realizzati con budget ben più ingombranti, di entrare a far parte a pieno titolo di circuiti teatrali importanti.
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Di quanto sia impegnativo (e in molti passaggi colto) il testo, si è già detto. Del fatto che, nonostante ciò, il pubblico che gremiva ogni posto del bel teatro bresciano che a breve entrerà per un consistente periodo di tempo nella piena e pressoché esclusiva disponibilità del CTB (e su questo ci sarebbe molto da riflettere, e non è detto che non lo faremo anche su queste stesse pagine) sia rimasto “attaccato” a quanto si svolgeva sul palcoscenico fino all’originalissimo quanto inconsueto epilogo, identificandosi pienamente nei protagonisti della pièce… beh, ve ne informo ora.
Sussulti di emozione, pietà per le vittime dichiarate e putative, moti di raccapriccio per l’esplorazione e la narrazione degli oscurissimi abissi dell’animo umano, ma anche sorrisi, in certi momenti, a sottolineare spazi di ironia, rari quanto possono esserli nel dipanarsi di vite disperate, hanno trasmesso agli attori in scena, esaltandone l’impegno e le performances, la sintonia della grandissima maggioranza degli spettatori presenti.
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Per finire, non si può dimenticare, né tantomeno trascurare l’esplosione di applausi, scroscianti e prolungati, che ha salutato il chiudersi del sipario, per lasciare poi spazio a un significativo reciproco saluto tra chi, sul palcoscenico, era conscio dell’ottimo lavoro svolto e delle prospettive che per la pièce si potrebbero delineare, e chi, ai piedi dello stesso palcoscenico, realizzava di avere partecipato a un evento davvero insolito e prezioso.
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«Christine e Léa – Le serve»: drammaturgia di Patrizio Pacioni regia di Katiuscia Armanni (aiuto regia Giuseppina Vivolo) con: Stefano Comini, Samuele Danesi, Paola Danieli, Erika Fappani, Federica Foresti e Lia Pironi. Coproduzione Teatranti di Ospitaletto in collaborazione con Le Ombre di Platone di Roma.
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Terrorizzata, indignata, commossa. E a volte ho perfino sorriso. Una gamma incredibile di emozioni che mi ha travolto, in uno spettacolo di grandissima intensità, ben scritto, ben diretto e ben recitato.
Rossana Belli
Ho avuto l’occasione (e la fortuna) di assistere alla messa in scena del dramma. Storia durissima ma ben raccontata e densa di significati e d’insegnamenti. Coinvolgimento (mio e di chi mi stava accanto e intorno) totale.
Bravi!