La prima volta di Salvo… e dell’Erborista!

Ci sono certe occasioni con riferimento alle quali le alternative sono soltanto due: o ci sei, o non ci sei.  Appuntamenti che non puoi rimandare con un’alzata di spalle e un “vuol dire che ci sarò la prossima volta”. Come la nascita di un figlio, il matrimonio dell’amico più caro, oppure…

Oppure la prima di certe opere teatri, Non tutte, ma alcune sì. Perché se è vero che si potrà assistere a una replica, magari più curata, magari corretta, grazie proprio agli esiti dell’anteprima, nelle parti più deboli, sempre che ne esista qualcuna, ma quell’effetto del nuovo, quel magico ’imprinting destinato a rimanere stampato sia negli occhi e nella mente degli spettatori che in quella degli interpreti, sarà andato perso per sempre.

Chiedo umilmente perdono per questa verbosa e probabilmente inutile divagazione iniziale ma, a mio modo di vedere, si tratta di un ottimo viatico a questa recensione.

La recensione, per essere precisi, del dramma «L’Erborista»  (una storia nera, quasi vera) scritto da Patrizio Pacioni e Federico Ferrari per l’interpretazione di Andrea Zanacchi, Giovanni Giacomini, Martina Giannini, Francesca Marti ed Elena Marrone. Coproduzione Enfi Teatro e Associazione Le Ombre di Platone ETS, andato in scena ieri sera, in anteprima nazionale al Teatro Il Parioli – Costanzo di Roma.

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La trama:

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Il dramma, nel solco della drammaturgia d’inchiesta portata avanti da anni da Patrizio Pacioni, è ispirato a fatto di cronaca realmente accaduta in una località al confine tra Piemonte e Lombardia che ha visto l’attività criminosa di una setta protrarsi impunemente per una ventina d’anni con una serie di gravissimi reati commessi ai danni dei personaggi più fragili affiliati, in particolare donne e minori, che vanno dal plagio alle minacce e allo stupro. Prendendo spunto dalla vicenda, gli autori hanno imbastito una trama ricca e articolata, appassionante e ricca di continui colpi di scena, che, se da una parte descrive in dettaglio il modus operandi spietato e senza scrupoli dei capi della setta, dall’altra sottolinea con forza il coraggio e la resilienza di chi, pur danneggiato gravissimamente nella propria dignità e nel proprio equilibrio psichico, ha trovato, alla fine, il coraggio di opporsi e di rivendicare giustizia.

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Lo spettacolo:

Fare Teatro è un mestiere difficile. Farlo bene, intendo. Che si tratti di commedia o di dramma, il cammino di chi si prende la responsabilità di mettere in scena una nuova pièce è lungo e in difficoltoso equilibrio sui sottili confini che ne separano le componenti essenziali: la qualità del testo, il messaggio che viene assunto a base della narrazione, il bilanciamento dei tempi e, ovviamente, l’interpretazione e la recitazione degli attori.

Ci sono poi spettacoli di struttura più complessa e articolata, e «L’Erborista»  appartiene decisamente a questa categoria.

In casi come questo le difficoltà di chi assume su di sé la responsabilità della regia aumentano in modo non geometrico (che pure sarebbe tanto) bensì esponenziale.

Insomma, scegliere questo tipo di cimento per uno che, pur essendo cresciuto e maturato a pane e palcoscenico e che vanta un curriculum vario e variegato per debuttare ufficialmente nel lavoro di regia, può sembrare un azzardo se non un vero e proprio tentativo di suicidio professionale e artistico.

Only the brave, si dice comunemente, ignorando però, il più delle volte, che la frase ha anch’essa una storia: sembra che a pronunciarla per la prima volta fu Alexander Pope, poeta Inglese del 700, come inizio di una frase che diceva “only the brave happen to arrive where the angels can’t tread” ovvero “solo i coraggiosi arrivano dove gli angeli non osano spingersi”.

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L’incosciente di cui stiamo parlando, come del resto ognuno di noi, ha un nome e un cognome. In questo caso Salvo Buccafusca.

In pratica ciò che fa l’artista siciliano è sedersi, senza costrizione alcuna, su una bomba pronta a esplodere, per cavalcarla spregiudicatamente fino a destinazione: il cuore e l’anima degli spettatori (e qui torniamo all’inizio dell’articolo) che hanno avuto la sorte e l’occasione di essere presenti ieri sera a quell’autentico tempio della prosa e dello spettacolo nazionale che risponde al nome di Teatro Parioli.

Ciò che ne viene fuori è un lavoro privo di sbavature che, a detta degli stessi autori, ha il pregio di trasfondere il significato del testo originale (di eccellente ritmo e straordinaria nitidezza di scrittura, questo lo garantisce e certifica il sottoscritto) rendendolo al contempo, narrazione scenica capace di tenere avvinti, coinvolgere ed emozionare per l’oltre un’ora e mezzo di durata coloro che, seduti in platea, assistono allo spettacolo.

Un lavoro capace di esplorare in profondità ed esporre all’attenzione generale un fenomeno oscuro che affligge in modo molto più diffuso e stratificato di quanto si possa immaginare, larghi strati della società contemporanea, senza mai scadere nel didascalico, come purtroppo accade in molte analoghe occasioni. Che insegna incuriosendo, coinvolgendo, appassionando, sorprendendo e mantenendo la giusta tensione fino al calare del sipario.

Che, ha riscosso i consensi generalizzati e i convinti applausi degli spettatori sia al termine della pièce che, in più occasioni, ovverossia nei momenti più topici e suggestivi del dramma, anche a scena aperta.

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Tutti concentrati, bravissimi e totalmente calati nella parte gli attori.

A partire da Filippo Alfonso Mari, l’inquietante Erborista, la cui maschera arrogante malvagia indossa con grande disinvoltura Andrea Zanacchi.

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Passionale e dolente l’interpretazione che Francesca Marti spende per vestire i panni dell’algida e spietata (ma solo fino a un certo punto) Ljuba Broz, principale collaboratrice del cattivo per eccellenza.

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Il problematico e introverso ispettore Raimondo della polizia incaricato dell’indagine Raimondo Trento (Giovanni Giacomini) e la coraggiosa Federica Zini (Elena Marrone) vittima devastata e coraggiosa, costituiscono un tandem perfettamente affiatato in un continuo gioco di specchi e di cambi di ruolo.

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Un discorso a parte merita Martina Giannini, chiamata a un ruolo più… più articolato, ecco: di fresca spontaneità, ma anche, come dire, estremamente “professionale”. Capirete meglio assistendo a una delle repliche, cosa che mi sento di consigliare vivamente a tutti coloro che amano il teatro e anche a quelli che lo frequentano con più sporadica assiduità.

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Domani sabato 13 aprile al Teatro Sant’afra di Brescia, domenica 14 aprile (in pomeridiana) allo storico Teatro Bonoris di Montichiari (BS), domenica 28 aprile, ancora in pomeridiana al Teatro Secci di Terni.

Chi non c’era ieri sera a Roma (si sa che gli assenti hanno sempre torto) non si faccia sfuggire le prossime occasioni.

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Errare humanum es, perseverare autem… diabolicum !

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