Ionesco: il problema non è ciò che si racconta, ma ciò che accade.

.

Una versione di «Delirio a due», soggetto scritto da Eugène Ionesco nel 1962, fu trasmesso in TV (produzione RAI) nell’ottobre del 1967. Regia di Vittorio Cottafavi per l’interpretazione di Fulvia Mammi e Renato Rascel. Nulla a che vedere, naturalmente, con la lettura che ne fanno Elena Bucci e Marco Sgrosso nello spettacolo che è andato in scena poco fa, in prima nazionale al Teatro Sociale Brescia.

   

La trama:

Lui e Lei chiusi in casa a causa di un pericolo esterno incombente ma mai precisto. Una coppia scoppiata che, dal confronto/scontro favorito da una vicinanza coatta prolungata oltre l’immaginabile e il sopportabile, ed esasperata dal lockdown ante litteram, replicano elaborano e amplificano le contraddizioni del rapporto a due, in uno scaricabarile infinito di responsabilità e colpe. Incapaci di comunicare veramente immersi come si ritrovano in una sofferenza intima dell’essere capace di esaltare le problematiche solo apparentemente banali della quotidianità a scapito del più vasto ambiente che ci circonda. E anche quando, finalmente, viene a cessare ciò che li ha costretti in casa…

.

L’autore:

Eugène Ionesco, nato a Slatina (Romania) nel 1909 e decedto a Parigi nel 1994, è stato un commediografo francese esponente del teatro dell’assurdo. Attraverso la sua comicità paradossale e un elegante nonsense ha messo in scena l’angoscia e l’irrazionalità della condizione umana. Alla sua celeberrima pièce di esordio «La cantatrice chauve» (1950) che riscosse un successo straordinario, seguirono una serie di altre opere per mezzo delle quali, articolando magistralmente le situazioni più paradossali, l’autore confermò e accelerò il risvolto metafisico del proprio modo di fare teatro. Un’esasperata esplorazione del linguaggio caratterizza «Rhinocéros» (1960) che, insieme a «Le roi se meurt» (1962), costituisce la commedia che meglio lo rappresenta. La lettura del mondo effettuata da Ionesco va al di là delle apparenze, individuando e vivisezionando immagini e situazioni grottesche, manifestazioni di una situazione di angoscia sia propria che collettiva interrotta, a volte, dalle rare ma intensissime “meraviglie” che può regalare, a suo discernimento, la Vita.

.

Lo spettacolo:

Questa immagine ha l'attributo alt vuoto; il nome del file è Delirio5-1024x681.jpg Questa immagine ha l'attributo alt vuoto; il nome del file è Delirio6-1024x681.jpg

Questa immagine ha l'attributo alt vuoto; il nome del file è Delirio7-1024x681.jpg Questa immagine ha l'attributo alt vuoto; il nome del file è Delirio8-1024x681.jpg

(credito fotografico Marco Ghidelli

Cominciamo con il dire che Eugène Ionescu è quel che è, nel bene e nel male, e che per tale bisogna accettarlo e interpretarlo, talmente originale e particolare da non poter dare dei suoi lavori una chiave di lettura che si discosti troppo da quella suggerita (urlata?) dall’autore.

Ciò detto, le due Belle Bandiere tanto amate dal pubblico bresciano lo interpretano da par loro, ovverosia nel migliore dei modi, sia dal punto di vista dell’allestimento scenico, essenziale e surreale quanto basta, che dalla perfetta recitazione. Dall’allucinato e allucinante incontro di due viaggiatori, nativi della fantomatica Galagal, che a stento si riconoscono pur vivendo insieme da chissà quanto tempo, al rifiuto mentale di una situazione di conflitto che li minaccia da vicino ma che una sottile porta (e quando il pericolo lievita) un armadio e un materasso messi per traverso valgono a tenere fuori di casa, Elena Bucci e Marco Sgrosso danno sul palcoscenico il meglio di sé (e il peggio dei due personaggi, semplicemente Lui e Lei, nevrotici e irritanti). Schegge impazzite di una coppia scoppiata come le granate che piovono sul palazzo, i due membri di una coppia rancorosa e litigiosa, consumano il loro tempo sospeso bisticciando aspramente su mille banalità, mentre la musica, bellissima, delle canzoni di Jacques Brel come «Ne me quitte pas» e «Chanson des vieux amants»lega melodiosamente i loro deliri. Tra le surreali dispute emerge (assurda, appunto) quella in cui si dibatte su quali differenze ci siano tra lumaca e tartaruga. Smarriti ma fin troppo circostanziati nello scambio di reciproche accuse, nel quadro inquietante di una disistima progressiva quanto può esserlo una malattia degenerativa senza rimedio, l’affiatato tandem Bucci/Sgrosso riesce perfettamente a rendere l’idea di un dolce-amaro cupio dissolvi, alternando ironia corrosiva, tenerezza, cocciutaggine estrema contrapposta a piatta razionalità. Si divertono arrabbiandosi tra di loro e divertono il pubblico che poi tornerà, a casa, ad arrabbiarsi senza divertirsi.

Molti applausi e numerose ri-chiamate in scena per loro, e non si tratta dell’affetto e della stima, cui già si è fatto cenno più sopra, ma del ringraziamento per la nuova sfavillante esibizione di due attori eccezionali.

Questa immagine ha l'attributo alt vuoto; il nome del file è Delirio3.jpg

di Eugène Ionesco
traduzione Gian Renzo Morteo
regia e interpretazione, scene e costumi di Elena Bucci e Marco Sgrosso
drammaturgia del suono Elena Bucci, Raffaele Bassetti
luci Loredana Oddone
suono Raffaele Bassetti
macchinismo e direzione di scena Giovanni Macis, Viviana Rella
assistenza e cura Nicoletta Fabbri
produzione Centro Teatrale Bresciano in collaborazione con Le Belle Bandiere e TPE Teatro Piemonte Europa

.

.

GuittoMatto