Goodmorning Brescia (78) – Un Almanacco a metà tra memoria e monito

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Al Nuovo Eden, in occasione dell’ennesimo incontro di «Rapiti dall’Eden – sabato pomeriggio tra cinema e teatro», (rassegna di conferenze con i protagonisti della stagione teatrale del Centro Teatrale Bresciano C.T.B.)  è di scena Vincenzo Pirrottaautore e protagonista di  «Almanacco Siciliano» (recensito da GuittoMatto qualche giorno fa –  https://cardona.patriziopacioni.com/dalla-carta-al-palcoscenico-pirrotta-racconta-una-guerra-che-non-finisce-mai/) prodotto dal Teatro Biondo di Palermo e in scena al Teatro Santa Chiara Mina Mezzadri fino a domenica 4 marzo 2018.

Tutto parte e fluisce dalla prima domanda indirizzata all’attore siciliano dall’intervistatore Daniele Pelizzari

«Uno spettacolo che ci fa diventare tutti più siciliani

La risposta di Pirrotta parte da lontano:

«Nel dramma si parte dallo scatenarsi della prima guerra di mafia, la cosiddetta mattanza palermitana  (scandita quotidianamente dai titoloni de L’Ora) fino ad arrivare quasi ai nostri giorni, in cui l’inquinamento mafioso si va diffondendo sempre di più anche all’estero». 

Fatta questa necessaria premessa, Pirrotta scende più nel dettaglio dello spettacolo.

«Lo scopo dell’Almanacco  è di raccontare e spiegare alle nuove generazioni quanto di esecrabile e di terribile sia accaduto negli anni ’70 e ‘8’ in Sicilia, perché non accada mai più». spiega.

«E abbiamo deciso di farlo, volutamente, senza  concedere nome e maggiore dignità a una o all’altra delle vittime»

«In una delle prime rappresentazioni, c’era tra il pubblico, in prima fila, la vedova Borsellino e faticavo a incrociarne lo sguardo velato dalle lacrime» racconta, ancora visibilmente coinvolto.

«Quando ho fatto lo spettacolo a Morgantino una signora è venuta in camerino e mi ha abbracciato a lungo singhiozzando», ricorda ancora, con emozione.

«Questo è  e rappresenta Almanacco siciliano, e non solo per i congiunti e gli amici della tante, troppe vittime della mafia e dei mafiosi»

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A questo punto, Pelizzari incalza Pirrotta a definire meglio natura e scopi del dramma.

«Uno spettacolo che non è proprio uno spettacolo, ma un qualcosa in cui la memoria e la rappresentazione si uniscono in una celebrazione di liturgia laica in onore delle vittime,  introiettata e messa in scena con  grande spiritualità. La risultante di una consapevolezza partita dalla lenzuolata bianca di Palermo, seguita alla strage di via D’Amelio, primo segnale di forza della società civile nei confronti dello strapotere mafioso. Ciò che lega tra loro le storie, è lo stupore per il piombo che arriva a falciare vite, come un soffio improvviso di scirocco che spezza un ramo»

Le ultime parole di Pirrotta prima del commiato, su sollecitazione di Pelizzari, sono per le scenografie, dominate da un bianco abbagliante che vuole richiamare, tra l’altro, il colore del lutto di parole esotiche e i canti strazianti creati dai fratelli Mancuso. ispirati da una parte ai cori della classica tragedia greca, in parte ai lamenti delle prefiche delle Madonie.

 

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   Bonera.2

 
 
 

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18:57 (1 minuto fa)