Brescia, città del Teatro (18) – Stefano Comini, attore multitask

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Ci sono promesse destinate a rimanere tali e promesse che, invece, vengono mantenute e diventano realtà. Ecco, se proprio dovessi aggiungere il nome e il cognome di Stefano Comini, attore (appunto) di belle speranze e di ancor più solide certezze nella lista e nella categoria delle seconde.

Lo vidi all’opera una prima volta, in modo del tutto casuale, quando andai ad assistere alle prove di una rappresentazione che era in procinto di mettere in scena l’amica Katiuscia Armanni (già “vittima” di una mia precedente intervista proprio in questa rubrica). Quando ne capitò l’occasione, poi, presi il treno per Belluno per andare a verificare se la prima, ottima impressione che avevo avuto su di lui fosse fondata o meno, assistendo al musical «Frankenstein das Muzical», che avevo “perso” quando era andato in scena nel bresciano.

Qui di seguito le otto (sintetiche) domande e le rispettive (esaurienti e suggestive) risposte.

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Stefano Comini e il Teatro: quando e come vi siete incontrati?

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Penso che sia un incontrarsi ricorsivo, piacevole. Le prime esperienze sul palco le vissi da cantante, in un paio di concorsi canori circa quindi anni fa. Mi indirizzai verso il teatro verso il 2010, diretto da Mariuccia Liberini, che per prima volle porre l’attenzione alla forma e alla giusta pronuncia teatrale, in quel di Nave. Si fecero due musical «La Matita di Dio» e «Godspell» e ci furono anche delle tournée.

Per qualche anno mi sono rivolto alla webradio con Claudio Garbelli, producendo jingle e scenette, in un esperimento creativo che si traduceva in una serata infrasettimanale di un’ora, in diretta. Dopo di che, iniziai a girare i locali del bresciano facendo karaoke.

Ho fatto parte della compagnia Erminevo, in Lumezzane, iniziando da suggeritore, per poi ricoprire ruoli recitati e non. La considero una delle esperienze formative più importanti negli ultimi cinque anni. Nel frattempo iniziai a frequentare gli incontri serali ad Ospitaletto, tenuti da Katiuscia Armanni. Di lì a poco fui contattato da Luca Savani, in merito alla produzione di un Musical ispirato a Frankenstein Junior.

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Nel 2017, proprio con «Frankenstein das Muzical», ho avuto l’onore di ricevere il premio “Miglior Attore” nel Concorso “Sognando Broadway” interpretando Frederick Frankenstein. Lo stesso spettacolo (Compagnia Dreamusical) ha vinto il “Sipario d’oro” come “miglior spettacolo” a livello nazionale. Nel 2017 ricordo con soddisfazione il Faust di Marlowe con l’amico e attore Fabio Tameni. Nel 2018-2019 ho potuto vestire i panni di una drag dal cuore d’oro, Blanche Debois, nello spettacolo «Presenze”, scritto e diretto da Luca Savani, con la compagnia Dreamusical.

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Qual è il tuo rapporto con i personaggi che sei chiamato a interpretare?

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I ruoli da interpretare rappresentano una piacevole sfida che viene stimolata e rinnovata dalla collaborazione tra attori. Bisogna restare in ascolto, dare spazio alle parole e lasciare fluire le emozioni.

I personaggi si rivelano nelle loro parole, rispondono a domande che non vengono loro fatte, perché possono emergere dalle pagine e dagli stimoli. Questo almeno per iniziare. Penso ci sia da mettere in conto anche una dose di sincerità e di distacco dal personaggio in sé, perché questo permette poi al regista di intervenire e spesso porre nuove questioni.  

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Una passione, quella per il Teatro, che in te ha trovato, oltre a quello di protagonista in scena, altre occasioni di estrinsecazione.

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Ho diretto «Vecchi Tempi» di Harold Pinter nel 2018 con la compagnia Labirinti Teatrali e collaborato per cinque anni nella compagnia teatrale Erminevo (coregista  per «L’importanza di chiamarsi Hernest». Ora sto per proporre un testo inedito («Scortesie per gli ospiti» a tema ambientale-ecologico, scritto a sei mani, legato alla situazione di inquinamento che affligge Brescia in particolare.

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E per quanto riguarda i “generi” che più senti aderire alla tua anima artistica?

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Da qualche anno lavoro su musical e prosa, dal dramma alle commedia esplosiva. È una fortuna essere passato di compagnia in compagnia, crescendo con le stesse. In questo momento mi sto sperimentando su personaggi più contaminati che eroici, parte come sono dello spettro più oscuro dell’animo umano. Figure comunque tragiche che possono essere adattate sia alla commedia-musical («La piccola bottega degli orrori») che al dramma vero e proprio («Christine e Lea»).

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Nessun incontro ravvicinato con la cinepresa o la videocamera?

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Ah sì, ho fatto anche comparse nel film «Cuore di donna» per la regia di Marco Tullio Giordana con Cristina Capotondi, e girato diversi spot pubblicitari.

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Stefano animale da palcoscenico vs. Pandemia.

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Il lavoro attoriale che stiamo svolgendo in questo momento è qualcosa a cui tutti teniamo molto. Teniamo che sia fatto in osservanza dei vari decreti, ma che non perda per questo in significato e sostanza. In questo momento avere una parte attiva nell’arte ci butta in un dedalo. Ci si trova di fronte a un conflitto tra la propria creatività e una realtà castrante quanto inevitabile. Penso però, positivamente, che sia necessario ed importante, per tutti gli artisti, trovare un modo per esprimersi, sapendo bene che l’Arte è per tutti e può aiutare tutti; in questo senso, oltre che realizzazione personale e piacere, portare avanti con professionalità e fantasia certi ragionamenti, certe narrazioni, diventa anche un dovere culturale.

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Più volte hai fatto cenno al lavoro che stai attualmente svolgendo per «Christine e Lea – Le serve» (coproduzione “Teatranti” di Ospitaletto – “Le Ombre di Platone” di Roma). Ora però ci dovresti dire qualcosa di più.

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Trovo in «Christine e Lea – Le serve» più di uno spunto per lavorare a soggetti insoliti e dai tratti oscuri, che si annidano tra le pieghe insondabili delle azioni di tutti i giorni. La costruzione del progetto teatrale è affrontata con professionalità e spirito di gruppo. Ci siamo trovati all’alba di questo momento storico particolare con la voglia di essere teatro: farlo e condividerlo.

Da anni cercavo un’occasione per poter collaborare nuovamente con Katiuscia Armanni. Ci siamo conosciuti un lustro fa, nel suo gruppo teatrale, per la sostituzione di un Banquo nel suo «Macbeth». È stato l’inizio di una splendida amicizia e di un cammino teatrale che non poteva che ricongiungersi, anni dopo. Circa un lustro fa conobbi anche Patrizio Pacioni, l’autore di «Christine e Lea  Le serve». In questi anni abbiamo più volte parlato e immaginato l’occasione adatta per poter mettere in scena uno spettacolo.

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C’è qualche collega in particolare che ti piacerebbe ricordare all’interno di questa nostra chiacchierata?

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Di certo l’attore Massimo Pedrotti, con cui ho collaborato molte volte. Vederlo in «Marzia e il salumiere» è stata l’ennesima delle sorprese e una sfida vissuta da vicino. Le colleghe Paola Danieli, Erika Fappani Federica Foresti, Maria Angela Sagona e Corinne Zanelli (in rigoroso ordine alfabetico), coinvolte nel progetto «Christine e Lea»: attrici di talento dotate tutte di grande spirito di gruppo e iniziativa. Sia di persona, che in videoconferenza, la forza con cui viene affrontato questo progetto non viene mai meno. Tito Aronica e Davide Agosti, attori, coautori e amici di lunghe serate passate ad affinare le frasi. Presto avremo modo di presentare il nostro testo nei circoli e, chissà, nei teatri.

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Questa immagine ha l'attributo alt vuoto; il nome del file è GuittoCirc.png  GuittoMatto