Quella testarda di Maria Stuarda: una tostissima opera rock !

Sul palcoscenico del Teatro Sociale di Brescia si è da poco concluso tra scrosci di applausi, il debutto bresciano di «Maria Stuarda», capolavoro di Friedrich Schiller andato in scena per la prima volta nel 1800 e tradotto, nell’occasione da Carlo Sciaccaluga per la regia di Davide Livermore. Lo spettacolo, che ha già registrato un caloroso consenso nella prima nazionale tenutasi in occasione del debutto genovese dello scorso ottobre, inaugura un anno assai importante per Brescia e Bergamo, scelte congiuntamnente a rivestire il prestigioso quanto ambito ruolo di Capitale della Cultura, è frutto di una produzione del TRIC cittadino Centro Teatrale Bresciano insieme a Teatro Nazionale di Genova e Teatro Stabile di Torino.

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L’Autore:

Friedrich Schiller come medico di reggimento, a 21 anni
Friedrich Schiller (Marbach am Neckar, 10 nov 1759 – Weimar 9 maggio 1805) 

Il giovane Schiller vorrebbe studiare teologia, ma il duca Carlo II Eugenio ordina al padre, che è al suo servizio, di mandare il figlio alla Karlsschule, la scuola militare del duca, che si trova a Stoccarda, dove inizia a studiare  giurisprudenza. Nel 1776, però, cambia facoltà, passando a medicina. Nel 1781 Schiller inizia a lavorare come medico di reggimento a Stoccarda. Nel gennaio 1782 a Mannheim va in scena la prima dei “Masnadieri” che si risolve in un enorme successo di pubblico. Successivamente (a Mannheim) riceve un impiego come drammaturgo presso il teatro locale. Nella stessa città, nel 1784, anche la prima di “Kabale und Liebe” (“Intrigo e amore”) riscuote un grande successo. Il 1788 registra il primo breve incontro con Johann Wolfgang von Goethe (con il quale però, almeno all’inizio, non trova grande sintonia). Nel 1789 gli viene assegnata la cattedra di filosofia all’università di Jena, dove tiene anche lezioni di storia. Tra il 1789 e il 1790 la sua famosa “Storia della guerra dei Trent’anni” che lo fa diventare lo storico più famoso della sua epoca. Nel 1790 Shiller sposa Charlotte von Lengefeld e tre anni dopo nasce il primo figlio maschio Karl. Nel 1794 prende piede l’amicizia con Goethe che durerà per tutta la vita e che avrà una profonda influenza su entrambi. Nel 1795 conclude le “Lettere sull’educazione estetica dell’uomo”. Dopo anni di attività pubblicistica e di opere sulla storia Schiller ricomincia a scrivere poesie. Nel 1796 pubblica, insieme a Goethe, l’almanacco Xenien che è un grande successo editoriale. Nasce il secondo figlio Ernst. Escono le varie parti della grande trilogia teatrale di Wallenstein, la cui scrittura è però continuamente interrotta per gravi problemi di salute. Nel 1799 nasce la figlia Caroline. Il 1799 registra il definitivo trasferimento da Jena a Weimar. Mentre si rafforza l’intensa collaborazione con Goethe, Schiller lavora incessantemente a nuovi progetti drammaturgici. Nel 1800  finisce i lavori sul dramma “Maria Stuart”, la cui prima riscuote applausi e consensi e che ispirò Gaetano Donizetti che nel 1835 (libretto di Giuseppe Bardari) ne fece un’opera. Nasce la seconda figlia femmina che chiama Karoline. Nel 1801 pubblica “La Pulzella d’Orléans”, cui segue, nel 1803, “La sposa di Messina”. Nel 1804 Schiller finisce la trilogia Wilhelm Tell. Di nuovo un grave attacco della sua malattia ai polmoni dal quale guarisce solo lentamente. Nasce la terza figlia Emilie.
Schiller muore il 9 maggio 1805, all’età di soli 45 anni.

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La trama dell’Opera:

Maria Stuarda è prigioniera in Inghilterra, ufficialmente per l’omicidio di suo marito Darnley, ma in realtà a causa delle sue pretese sul trono di Inghilterra, appartenente alla regina Elisabetta I. Mentre la cugina di Maria, Elisabetta, esita a firmarne la condanna a morte, questa spera nella grazia. Schiller dunque racconta il confronto serrato e l’epico scontro per la Corona d’Inghilterra (dall’esito inevitabilmente tragico) che contrappone la cattolica regina di Scozia Maria Stuart alla protestante Elisabetta I. In gioco c’è la corona d’Inghilterra discostandosi alquanto dalla rigorosa verità storica. In scena è presente, per esempio, -Mortimer (l’anglicano convertito al cattolicesimo, impulsivo e appassionato paladino della Stuart) e si succedono alcune situazioni estranee alla tradizione, come l’incontro tra le due regine e l’amore del favorito di Elisabeth, il conte Leicester, per Maria. Nella tragedia (che riguarda gli ultimi tre giorni di prigionia della Stuart prima della sua esecuzione, lasciando a una consapevole memoria il lungo e tormentato processo e i diciotto anni di carcere), anche l’età delle due protagoniste è diversa da quella reale: al momento della condanna Maria aveva quarantacinque anni ed Elisabeth cinquantatre, mentre al drammaturgo  preme che il contrasto non sia solo tra due regine, ma anche e soprattutto tra due donne praticamente coetanee, e che la condanna non sia determinata solo dalla prudenza politica, ma anche e soprattutto da gelosia e da vanità offesa.

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Lo Spettacolo:

CTB_foto di scena_ph Alberto Terrile

«Allestimenti francescani, non è più il caso di sprecare risorse materiali e psichiche per studiare e collocare in palcoscenico scenografie ingombranti» pontificano gli apostolo di quello che (secondo loro) dovrebbe essere il manuale del teatrante contemporaneo, «E pochi attori in scena: due, tre, massimo quattro. Non è certo il numero degli interpreti che certifica la validità di un allestimento». Imperativi categorici seguiti dal più categorico di tutti: «Attenzione, perché nell’era delle tv on demand, di Youtube, di Instagram e di Tik Tok, la curva di attenzione del pubblico comincia a scendere in modo preoccupante quanto inesorabile già superata la prima ora di durata dello spettacolo. E guai a inserire un intervallo tra un atto e l’altro!»

Bene. Peccato che poco fa, in una volta sola e in tre ore abbondanti di grande Teatro, io e le centinaia di altri spettatori che con me gremivano la platea e le gallerie del Teatro Sociale, (e che -al chiudersi del sipario- si sono spellati con me le mani in un genuino quanto convintissimo applauso) abbiamo assistito alla fragorosa caduta, una dopo l’altra, di tutte, dico tutte, queste dotte raccomandazioni- postulati. Al punto che, non so con quanta e quale appropriatezza, mi sono venuti in mente i suggestivi versi di Giosuè Carducci nella celeberrima lirica Il Parlamento: “Ad una ad una crosciar vedemmo le trecento torri…”

Ma andiamo (in modo estremamente sintetico) per gradi. Prima di tutto occupiamoci della scenografia che sorprende fin dal sollevarsi del sipario (disegnato con un accattivante montaggio di parole che vedono la parola Queen al centro, direi estremamente in bilico, tra i nomi di Elisabetta e Maria: suggestiva, maestosa, imponente, perfetta nel favorire ed esaltare i movimenti dei personaggi in scena. La potete vedere nella foto soprastante.

Veniamo (rigorosamente in ordine sparso) alla durata dello spettacolo (tre ore e un quarto e del maledetto (?!) intervallo. A questo proposito, posso assicurare che sia per quanto riguarda il sottoscritto che per chi gli era vicino (ma mi sento di azzardare che questa valutazione valga per il novanta per cento dei presenti in sala – e si tratta di un calcolo per difetto), non ho registrato il minimo “calo di attenzione”. Cosa che, converrete con me, è possibile che accada in presenza di uno spettacolo dal testo meraviglioso e dall’allestimento semplicemente perfetto, caratterizzato dall’armonica sincronia dei movimenti degli interpreti e intarsiato di continui quanto stimolanti cambi di ritmo. Insomma, fosse pure durato mezzora in più, nessuno si sarebbe annoiato, anzi…

Per concludere parliamo del numero degli interpreti. Sul palcoscenico se ne avvicendano otto, vale a dire precisamente il doppio della “dose consigliata”. Diretti dall’ispirata regia di un Davide Livermore in gran spolvero, Elisabetta Pozzi e Laura Marinoni (autentiche regine della scena sontuose nei costumi firmati Dolce & Gabbana) esprimono al meglio le proprie qualità espressive e di padronanza dello spazio, efficacemente coadiuvate dalla recitazione degli altri attori, sagacemente chiamati a rivestire ruoli slegati dal “genere” di appartenenza, senza cioè che al sesso del personaggio ne corrisponda uno identico nell’interprete. Bravissimi tutti, al punto che non mi sento di mettere in luce chi, nell’ambito di una prestazione attoriale collettiva di grandissimo rilievo, inevitabilmente si sia distinto per una prestazione ancora più eccellente di quella degli altri. Discorso a parte per la cantante / musicista Giua che (letteralmente) giganteggia con la voce e con la chitarra elettrica sulle assi del palcoscenico e anche al di fuori di esso, con una presenza (non solo musicale) continua, incombente, graffiante e trascinante.

Il tutto si risolve in un grande affresco dark-gotico di sinistra bellezza (e in alcuni passaggi a cavallo tra il primo e il secondo atto, decisamente e spudoratamente audace) che, a mio avviso, raggiunge nel confronto tra le due regine e in quello tra gli ambigui e inquietanti Mortimer e Lester il culmine della tensione. Davvero ragguardevole, dopo lie ripetute acclamazioni espresse in sala (di cui si è già detto), il saluto finale: ancora rock, con gli attori in scena a ballare in un folle e travolgente happening trasudante energia vitale e il pubblico in sala a scandire il ritmo con il vigoroso battere delle mani.

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Insomma, questo allestimento del Maria Stuarda di Schiller è la prova provata di come ci si possa approcciare a un grande classico in modo del tutto innovativo senza stravolgerne minimamente il senso e il messaggio. Anzi. Un appuntamento che, più che in un semplice spettacolo, si risolve per lo spettatore più attento e accorto, non credo di esagerare, in un’autentica esperienza di vita.

Da non perdere.

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di Friedrich Schiller
regia di Davide Livermore
Laura Marinoni, Elisabetta Pozzi, Gaia Aprea, Linda Gennari, Giancarlo Judica Cordiglia, Olivia Manescalchi, Sax Nicosia e (chitarra e voce) Giua
sound design Mario Conte, musiche e arrangiamenti Giua, costumi regine Dolce & Gabbana
costumi Anna Missaglia, scene Davide Livermore Lorenzo Russo Rainaldi



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AL TEATRO SOCIALE DI BRESCIA

DAL 10 AL 15 GENNAIO 2023

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