Quante volte ho ripreso in “Goodmorning Brescia” articoli pubblicati da Costanzo Gatta sull’inserto bresciano del Corriere di Sera? Non sforzatevi di ricordare, vi rispondo io: parecchie. E, approfittando di questa ennesima occasione, ve ne spiego anche perché. Il fatto è che se c’è un personaggio di una certa rilevanza (che sia un santo, un genio, un malfattore, un artista, un artigiano particolarmente ispirato e capace, un prete o un diavolo) nelle tradizioni, nella cronaca e (in estrema sintesi) nella storia della nostra città, state sicuri che all’interno dello sconfinato archivio mnemonico di Gatta c’è un corposo file che lo riguarda. E se c’è un angolo della nostra città in cui è accaduto qualcosa di insolito, di eccelso o di infimo, state sicuri che alla catalogazione di Costanzo non ne è sfuggito neppure il minimo dettaglio.
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Ma non si tratta soltanto di questo. È il modo, in cui il Nostro racconta le cose, che ogni volta mi stupisce. Dovesse scrivere di una certa persona o di un certo fatto, lui lo fa ogni volta in modo diverso, mettendone in risalto un lato, un angolo o un dettaglio che, nelle precedenti occasioni, non era venuto a galla. Sorprendendo puntualmente ogni lettore che, con lui, non rischia mai di tediarsi.
Un po’ come, da anni, è solito fare con il grande Gabriele D’Annunzio, del quale è diventato da tempo, e diventa sempre di più ogni giorno che passa, uno dei più attenti e sagaci biografi.
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Comunque, stamattina è stata la volta di Monsignor Carlo Manziana, a essere ricordata. Un mai troppo rimpianto sacerdote di profonda cultura originario di Urago Mella e sconfinata umanità con spiccata attitudine alla comunicazione, forte e coraggioso al punto che il non breve soggiorno nel campo di sterminio di Dachau, invece di prostrarlo come avrebbero voluto i suoi aguzzini, gli rinforzò la fede e gli regalò nuove forze e nuovo fervore operativo.
Insomma, l’ennesimo ritratto di quella ricca e variegata galleria di volti e di anime che, da tempo, mi è venuto di battezzare così:
«Se Costanzo Gatta la nomina e ne parla, non si può mai trattare di una persona banale»
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