Goodmorning Brescia (217) – Il senso (e anche il sesso) delle fiabe

In assenza del direttore Gian Mario Bandera, è il professor Mario Maviglia, membro del cda del Centro Teatrale Bresciano a introdurre e condurre la conferenza stampa indetta al Teatro Sociale per la presentazione di Fiaba femmina, spettacolo che sarà messo in scena presso il Teatro Sant’Afra dal 9 al 20 febbraio p.v.

Dopo avere ricordato che questo spettacolo inaugura la parte di stagione dislocata al Teatro Sant’Agata, in concomitanza con gli interventi di ristrutturazione del Teatro Santa Chiara Mina Mezzadri, Maviglia entra nel merito dei contenuti.
«Si tratta di un viaggio nel complesso mondo femminilità, tratto dagli scritti di una poetessa sempre attenta all’introspezione e poco dedita alla vita mondana, in pratica riservata e solitaria, concentrata come fu sulla poesia, in un isolamento sulle cui cause ancora si avanzano diverse ipotesi» spiega, passando poi ad alcune considerazioni sull’autrice dell’epistolario da cui Monica Conti ha tratto il testo del quale ha poi curato anche la regia.
«Emily Dickinson ha scritto circa milleottocento poesie di cui pochissime pubblicate mentre era in vita. Fiaba femmina, invece, prende lo spunto dalla nutrita corrispondenza intrattenuta dalla poetessa americana nel corso della propria esistenza» precisa, prima di passare la parola all’autrice-regista.

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«Emily Dickinson è una delle più fraintese artiste della storia letteraria; un immenso poeta che travalica il femminile, un personaggio complesso che ha il coraggio di scrivere anche della parte più  oscura, direi quasi orripilante al sentire comune, di una donna. Di quella passione torbida e feroce, tanto per fare un esempio, propria di Medea. Altro che la Vergine di Amherst!» premette, passando poi a precisare che il tema centrale di Fiaba femmina è quello di cogliere tutte le sfaccettature del femmino profondo. 

«Non mi sono voluta soffermare sulle inclinazioni sessuali della Dickinson, sulla sua vera o presunta omosessualità: ciò che mi interessava realmente, cogliendo le diversità e le complessità che la Dickinson ha saputo individuare nel generale partendo dal particolare di sé, era frantumare definitivamente l’etichettatura della donna in vari stereotipi».

Qualche parola viene spesa poi per il Teatro Sant’Afra, che è stato sottoposto a una sostanziosa opera di ristrutturazione in particolare del palcoscenico.

L’ultimo intervento, prima del commiato, è di Maria Ariis che nella pièce interpreta il ruolo dell’amica e corrispondente della poetessa: «Questo lavoro è come un gioco di specchi; uno spettacolo breve in cui ogni momento dev’essere intessuto di concentrazione e sintesi. Non è certo un’impresa facile, ma pensiamo di esserci riuscite».

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