Goodmorning Brescia (183) – Katiuscia e Shakespeare animano il Castello

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Ed ecco che, dopo Macbeth (la cultura come antidoto alla follia – dramma shakespeariano rivisitato in chiave moderna), Katiuscia Armanni torna a prendere come spunto alcune delle opere più note del Grande Bardo per dare vita a un nuovo spettacolo (itinerante come il precedente) la cui “prima” assoluta è andata in scena ieri sera, con notevole afflusso di pubblico e franchi consensi raccolti a fine spettacolo, nella suggestivissima location del Castello di Bornato.


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Nel primo quadro, dedicato ai Sonetti, la scena, illuminata dalla luce danzante dell’intelletto, si risolve in una rappresentazione che disarticola e trascende gli individui, alla ricerca dell’essenza stessa, spirituale e carnale, dell’essere umano.

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Gli attori si aggrovigliano nelle proprie riflessioni, nelle dolenti rimembranze di una vita che scivola via senza poter essere assaporata pienamente, nel vagheggiamento onirico di una realtà che non potrà mai essere tale. È un fluire di umanità, di sensazioni personali temperate ed erose dalla sabbia del tempo, un canto a bocche chiuse e cuori aperti, con gli accordi dissonanti delle tante illusioni che suscita la giovinezza e delle delusioni (ancora di più) che propone lo scorerre inesorabile degli anni. In altre parole: un condensato della magia creativa ed evocativa di William Shakespeare somministrato in versi, il suggerimento prezioso che solo l’amicizie a l’amore, sentimenti anch’essi caduchi, ma eccelsi, possono servire a combattere quell’alito di morte che spira senza sosta nel corso di ogni esistenza, a volte appena percepibile, altre violento come un vento di tempesta, altre ancora masticato e assaporato come un dolceamaro “cupio dissolvi”. Insomma a smascherare e ad affrontare, senza lasciarsi distruggere dalla disperazione, il grande inganno della vita.

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Seguono in fluida successione, altri suggestivi inserti. Nel primo la figura vanagloriosa e fellona di Falstaff (corteggiatore villano e cialtrone) viene messa alla berlina e minacciata da due dame corteggiate , inacidite dalle proprie precedenti esperienze amorose, negative e sterili e (soprattutto) indigntae di non essere le esclusive prescelte.

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Romeo e Mecuzio discettano scherzosamente sul.la natura e la valenza dell’amore. Sono due veri amici che celiando, come accade il iù delle colte tra amici, si confidano e contrappongono scomode verità sul sentimento da sempre più gettonato e temuto e, facendosene beffe, esternano profondi dubbi difficili da risolvere.

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Infine è il turno dele fate dispettose e leggiadre volate via da «Sogno di una notte di mezza estate» per volare nel Castello di Bornato. Leggiadre e leggere come farfalle, dispettose, irriverenti; dotate di quel dono difficile da gestire e più potente di tutti gli altri, di vedere con nitidezza ciò che gli altri non possono vedere o che, magari, fingono solo di non vedere. Uniti alla forza dirompente e sconfinata della fantasia, basta un velo per creare un essere magico, basta un mantello per creare un re.

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Così Oberon e la Regina delle fate si confrontano e si scontrano duramente, in un litigio che poco ha di nobile, somigliando piuttosto, nel solco di quella contaminazione tra eccelso e volgare di cui Shakespeare è maestro, alla bega tra stanchi amanti, indispettiti dal tedio di una relazione ormai spenta.

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Applaude il pubblico, a fine spettacolo, con gli occhi pieni ancora della bellezza del Castello e della suggestione della recitazione e dei movimenti degli attori, ben diretti dalla regista, il cui prossimo impegno riguarderà il dramma «Christine e Lea – le serve» , rievocazione di un tragico fatto di cronaca che sconvolse la Francia una novantina di anni orsono, che ha come autore qualcuno molto vicino a questo blog. Divisi tra attori e collaboratori alla regia e alla messa in scena, sono presenti alcuni degli attori che interpreteranno la pièce, in particolare Stefano Comini, Paola Danieli, Erika Fappani e Federica Foresti.

Quel che si porta a casa “la gente”, e scusate se è poco, è una ennesima ma non banale interpretazione degli eterni lemmi shakespeariani: la speranza, spesso disattesa dal destino; la volgarità e la sostanziale inutilità della ricchezza come procacciatrice di felicità; la miseria comune dell’anima contrapposta all’eroica ricerca e difesa di alti valori morali; la prosopopea boriosa del potere; la laida corruzione -non solo materiale- della vecchiezza, che nessun belletto potrà mai nascondere completamente, e neppure ritardare. Ma anche la poesia e la forza della fantasia, la grazia, la bellezza e l’armonia, l’uniche armi a disposizione di noi mortali e della nostra salvezza.

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Il Castello di Bornato e la villa rinascimentale costruita all’interno dello stesso sono di proprietà fin dal 1930 della famiglia Orlando che tutt’ora vi abita, condividendone la bellezza, la storia e la  magia delle mura anche con ospiti esterni.

Già roccaforte romana eretta a presidio della strada consolare che univa Bergamo a Brescia, venne poi  ampliata da Inverardo da Bornato con una cerchia di circa trecent metri di mura merlate, con torri e contrafforti, fossati e ponte levatoio, ancora oggi visibili. La villa (ora circondata da due giardini, uno all’italiana, l’altro all’inglese, al cui intero si trovano  numerose piante secolari: cedri del Libano, cedri deodara, ginkobiloba e una rarissima Sophora laponica vecchia oltre due secoli, unico esemplare sopravvissuto dei primi importati in Europa alla fine del 1700) fu edificata invece nel 1564 dalla famiglia Gandini erede dei Bornati, con sale affrescate, uno scalone e stanze con soffitti a cassettoni, tutto magnificamente preservato. Lo splendore di Bornato ritornò nel 1564, quando la famiglia Bornati si estinse nella famiglia Gandini, che costruì all’interno del castello la villa rinascimentale oggi nota con il nome di Villa Orlando dalla famiglia ultima proprietaria che tuttora vi dimora.

Sotto la torre principale del castello vi sono le antiche cantine dove per 700 anni si è prodotto il vino del Castello di Bornato, continuando fino ai primi anni 2000. Sono ancora visibili le antiche botti in rovere che ospitavano il rosso, le botti in vetrocemento che accoglievano il bianco e una piccola esposizione di attrezzature antiche. Oggi la produzione del vino, una delle etichette più prestigiosa della Franciacorta, è stata decentrata per accogliere i moderni macchinari e seguire le tecniche più all’avanguardia in termini di vinificazione biologica. Prodotto in piccole quantità di qualità eccellente e imbottigliato solo nelle annate migliori, il vino è oggi acquistabile presso la dimora stessa.

Il Castello di Bornato è aperto al pubblico per visite guidate tutti i giorni festivi da metà marzo a metà novembre. Nelle ex scuderie adiacenti le mura del castello si trova il Ristorante Palafreno che propone piatti della tradizione locale rivisitati in chiave moderna.

Riporto, con simpatia ed entusiasmo, quanto dichiarato a fine spettacolo dalla Contessa Orlando, “padrona di casa” e splendida anfitriona della serata: «Sarebbe davvero bello che iniziative di questo genere e di questa qualità si tenessero più spesso. Il mio castello è a disposizione

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