Goodmorning Brescia (122) – Laurea… alla bresciana!

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Ci sono mesi indelebilmente caratterizzati da eventi e/o ricorrenze di vario genere: dal novembre della commemorazione dei cari estinti (scongiuro libero per chi ci crede), al maggio delle rose, al dicembre delle feste natalizie…

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Il settembre bresciano, tanto per fare un esempio che interessi più da vicino questa rubrica, è caratterizzato, tra l’altro, dal levarsi spesso (e volentieri) per le strade del centro, di cori di giovani indirizzati a un loro coetaneo, o a una loro coetanea, solitamente incoronato da una ghirlanda di fiori. Rivolgendosi al malcapitato con un appellativo ispirato da un particolare dettaglio anatomico quasi sempre al riparo dei raggi solari, lo invitano alla visita di un certo paese che in questa sede non è lecito né opportuno menzionare.

Si tratta del corollario necessario e di gioioso quanto sapido spirito goliardico, delle numerose sessioni di laurea che i vari atenei cittadini, pubblici e privati, vanno effettuando proprio in queste settimane, assegnando il bramato titolo ai giovani e gagliardi neo-dottori.

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Una consuetudine goliardica che, a detta di molti, affonda le radici in un’antica tradizione  dell’Antica Roma: a quanto tramandato, infatti, sembra che, nel corso delle parate trionfali dei condottieri reduci da gloriose campagne di guerra, alla testa del corteo  venisse collocato un umile milite al solo scopo di insultare pesantemente il condottiero vincitore, per tenerlo al riparo, con una lezione di umiltà, da tentazioni di superbia tali da farlo credere potente come un dio.

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Quest’anno, prendendo spunto da una singolarissima circostanza, che non vi racconterò fino alla fine del post, ho voluto seguire, a campione, proprio una di queste gioiose feste del sapere.

L’osservata speciale (se fortunata o sfortunata per la scelta, lo deciderà poi lei), si chiama Claudia, ora dottoressa Claudia Cadei, neo laureata con la votazione di 110 e lode in Scienze della Formazione Primaria presso l’Università del Sacro Cuore di Brescia con la tesi (attenti al titolo!)   «L’enigma come stimolo all’apprendimento. Viaggio nella letteratura gialla fra i profumi della tavola e i legami del territorio».

Brillante (come sempre e più di sempre)  Relatore la Ch.ma Prof.ssa Carla Boroni., scrittrice, letterata, saggista e docente amatissima da generazioni di studenti e, soprattutto, di studentesse.

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Sono stato accanto alla laureanda (poi neo-laureata) sin dall’inizio, nell’attesa fuori della Sala delle Muse (nomina sunt omina, dicevano i Padri),  spiandone la naturale apprensione placata dalla presenza affettuosa e protettiva dei genitori, del moroso Alberto e di un nugolo di amici e amiche care e devotissime.

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Poi il trepido accesso nell’aula quando è arrivato il turno, l’emozione accantonata per esporre in modo lucido e vivace contenuti e scopi del proprio lavoro e per rispondere alle domande del Presidente di commissione e del contro-Relatore, la felicità finalmente libera di fluire fuori dal corpo e dall’anima una volta conclusa, con il massimo dei voti, l’impegnativa prova, frutto di un duro e complesso lavoro biennale. 

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E ancora il generoso rinfresco con tutte le persone care, ai tavoli all’aperto di uno dei più frequentati bar frequentati dagli amanti degli aperitivi a base di spritz, declinato, nel territorio della Leonessa, nell’originale traduzione di pirlo.

E ancora qualche cantilenante «Dottore! Dottore! Dottore dal…» che, in lieta compagnia, non fa mai male.

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Poi, tra i festeggianti, ne ho notato uno, uno in particolare… uno che…

 

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Sì, proprio lui, Patrizio Pacioni presente nel dettagliato e ben scritto trattato ideato e realizzato della Dottoressa Cadei, completato da una sobria ma quanto mai suggestiva appendice fotografica, insieme ad altri “giallisti” (ma non solo) bresciani, come Ida Ferrari, Enrico Giustacchini, Massimo Tedeschi, Gianni Simoni e Nicola Fiorin.

Dopo l’emozione e lo stress, in piena consonanza con quei “profumi della tavola” evocati dal titolo della tesi, l’amicale coda conviviale si è tenuta e protratta a lungo, in quella piazza del Duomo che, con il sontuoso affastellarsi artistico di edifici di epoca e di stili diversi, costituisce davvero un meraviglioso unicum nel pur straordinario catalogo delle belle piazze italiane.

«Proprio la stessa piazza», mi confida sornione Patrizio Pacioni tra un supplì, un tramezzino e un calice di Franciacorta, «dove prenderà avvio la prima indagine bresciana del mio commissario Cardona».

E se lo dice lui, possiamo crederci.

 

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    Bonera.2