L’ultima volta che l’ho vista in azione è stato nello scorso settembre, in occasione dello spettacolo «Shakespeare al Castello di Bornato» ideato, scritto e messo in scena da Katiuscia Armanni con i suoi Teatranti (vds. il mio articolo https://cardona.patriziopacioni.com/goodmorning-brescia-183_katiuscia-e-shakespeare/ e la foto sottostante che la ritrae insieme all’attore Stefano Comini). Ne trassi l’impressione di un’artista dotata di una passione per la scena e di un’energia fuori dal comune… e la curiosità di conoscerla (e di farla conoscere) in modo più approfondito.
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Erika Fappani, una naturale propensione alle scene e…. anche una donna alquanto indaffarata, a giudicare dal tempo che ho impiegato per riuscire a ottenere questo incontro.
Eccomi qui, la tua perseveranza è stata premiata: questa è la sera giusta, il momento giusto in cui si è creata la situazione ideale per parlare di me e del mio amore per il palcoscenico.
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Dopo tanta attesa non so davvero da dove cominciare. Anzi, sì che lo so: in certi casi la cosa migliore è quella di iniziare dal principio.
Perfetto. Sono nata nel 1975 per fortuna in una famiglia già frizzante di suo che mi permetteva di recitare in libertà per le stanze di casa: non si stupivano di vedermi svolazzare in mutande e con un mantello per il corridoio; se a colazione mi presentavo vestita da cowboy, era chiaro che l’ultimo film visto la sera prima con mio Padre era stato un western!!! Adolescenza passata divertendomi nei campetti da basket del quartierino e grazie a una cicciottella ma bravissima insegnante di educazione fisica entrai a far parte di una squadra bresciana ed arrivarono i vent’anni che è un piacere.
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Ricordi quando fu il tuo primo approccio con il pubblico “vero”?
Certamente sì. Cominciai con il canto e, nei diciotto anni successivi, mi esibii da soprano solista in un favoloso coretto di canti sacri: l’incastro delle quattro voci mi rapisce ed i bassi, beh, i bassi mi sciolgono. Amo i suoni che “reggono” la struttura !
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Un inizio “benedetto”, se mi consenti la battuta. E dopo? Cosa viene dopo? So che c’è una compagnia bresciana che ti ha dato tanto e della quale conservi un particolarissimo ricordo.
La mia vita è proprio nel bel mezzo di una bufera emozionale paurosamente bella ed ecco che, dopo esser stata lasciata, sentimentalmente, come una pelle di stracchino, una mia carissima amica (stanca e disperata dei miei continui piagnistei) mi invita a vedere le prove della sua compagnia teatrale. BOOOOOOOOOOOOOOM: vengo coinvolta nel ruolo di direttore d’orchestra, nel loro spettacolo futurista e la compagnia del Teatro del Té entra a far parte del mio Cuore. Teatralmente parlando amerò per sempre Mauro Barcellandi, il regista. Uno che viveva davvero “sul suo pianeta” e con me le azzeccava tutte: mi diede la possibilità di esprimermi in libertà, come facevo quando svolazzavo per casa da bambina, favoloso ! Ruoli magnifici che mi scavavano dentro ma che han contribuito a farmi diventare quella che sono. Amavo il Suo modo di pensare lo spettacolo, mai banale e la bravura di Cesira Giovanardi di creare il testo: quella che si definisce un’accoppiata vincente. Così, dal 2001, iniziò un appassionante cammino con il Teatro del Tè: in estate il nostro palcoscenico erano le strade del centro storico cittadino, mentre in inverno l’appuntamento era presso il teatro San Carlino. Il Futurismo, Cesare Pavese, Petrarca, Villon, il teatro di strada a Venezia, al Vittoriale, Cantanaja e la prima guerra mondiale dove mi vien affidato il ruolo di un soldato o meglio, del Capitano Bresciani, mettiamo in scena una Via Crucis favolosa… mamma mia che potenza di emozioni e poi l’esperienza umana più ricca che abbia mai potuto fare grazie alla Compagnia, gli spettacoli dialettali nelle case di riposo, i sorrisi degli ospiti erano i nostri Oscar. Ecco cosa mi aspetto dal Teatro: che sia un mezzo per trasportare l’energia e le emozioni che ho dentro, all’altro. Rappresentai il Teatro del Té, in qualità di solista, in diverse serate. Nel 2003 partecipai con l’amico-maestro Riccardo Capuzzi e con l’amico-attore Roberto Pighetti alla manifestazione artistica di Cecina sul Lago di Garda, portando in scena lo spettacolo “Duello in Fa” (attraverso le canzoni di Mina, Battisti, Cocciante ed altri artisti italiani, abbiamo cantato dell’Amore). Tutto magnifico, ma nel 2018 tutto finisce, il mio regista muore e la Compagnia perde il suo Capocomico. Non serve dirselo, quel viaggio è terminato, bisogna ritornare a casa. Così è, così bisogna fare, ahimé.
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Dev’essere stato molto triste dover interrompere un percorso che, con ogni evidenza, si è rivelato molto importante e coinvolgente nella tua vita (scuramente artistica, ma credo anche personale). Prima di passare alla tappa successiva ti chiedo se questo improvviso stop ti abbia indotto a riflettere “a bocce ferme” sull’autentico significato che riveste per te il teatro e sulle reali aspettative che suscita in te.
Bella domanda.. Posso dirti che nel periodo di astensione forzata dalle scene non potevo liberare tutta l’energia che accumulavo, non potevo esprimermi e spremermi. Ero immobile, ecco. Come quando sei in barca e drizzi le vele: deve esserci il vento, altrimenti è un casino, ti resta addosso la voglia di andare mentre invece continui a restare lì! Il Teatro è il mio vento, mi fa andare… solo che ero costretta a cambiare compagni di equipaggio . Mi chiedi poi quali siano le mie aspettative. Beh, continuare a fare Teatro, naturalmente!
Torniamo a leggere il libro del passato che, giunti a questo punto, è lì lì per trasformarsi in agenda del presente. Cosa succede dopo la fine dell’esperienza con il Teatro del Tè?
Succede che, in pieno lockdown, leggo il post di una regista che cerca attrici per … «Beh, perché no?» mi chiedo, e così riparte un altro treno. Patrizio Pacioni affida la messa in scena del suo dramma » a Katiuscia Armanni e mi vien subito affidato il ruolo di Madame Léonie, perfetta Signora snob francese. Insomma, adoro il personaggio all’istante ed è su quello che ora mi devo e mi voglio concentrare.
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Le prove costituiscono una fase d’importanza capitale, nella costruzione di uno spettacolo, ma mi chiedo come possa avere influito sul vostro lavoro la recrudescenza del covid e le restrizioni a essa connesse.
Abbiamo dovuto interrompere le sessioni “di presenza” per continuare a provare, come si dice, via remote. Molto impegnativo, molto difficile, ma non me ne voglio lasciare spaventare né distrarre. A ben vedere, non è teatro anche questo? Io credo di si. Io lo sento così.
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In ogni intervista, anche la più fantasiosa, non può comunque mancare una domanda su progetti futuri, sia quelli prossimi che, eventualmente quelli più remoti. E, di solito, con tale domanda si finisce lì.
Cosa vorrò fare dopo? Non ho mai fatto progetti a lungo termine e la Vita mi ha sempre sorriso quindi, un passo per volta e… stiamo a vedere cosa succederà!
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GuittoMatto
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Erika una donna sorprendente , attiva e moderna , attenta ai bisogni dell anima , un vulcano di idee , sensibile a rendere unico il teatro e l arte , perché non devono morire !
Erika artista completa , spumeggiante e emozionante..continuerò a seguirla perché l arte è gioia , cultura e non deve morire