Goodmorning Brescia (271) – La malattia immaginaria come specchio delle difficoltà di vivere.

Il 2025 del Centro Teatrale Bresciano comincia con un grande classico. Si è tenuta stamattina, presso il foyer del Teatro Sociale una gremita conferenza stampa per la presentazione di «Il malato immaginario» del grandissimo commediografo francese Jean Baptiste Poquelin (meglio e universalmente conosciuto semplicemente come Molière) che, assieme a Corneille e Racine, rappresenta uno degli autori più importanti del teatro francese del XVII secolo.

«Il malato immaginario (realizzato grazie al sostegno di Ministero della Cultura, Gruppo A2A, Fondazione ASM, Gruppo BCC Agrobresciano, ABP Nocivelli) è la prima nostra produzione ad andare in scena nel nuovo anno. Un’ennesima importante tappa dello sviluppo di quel percorso di rapporti tra il Centro Teatrale Bresciano e artisti e gruppi di artisti di assoluta qualità (senza chiusure a nuove voci) che si potrebbe definire ormai di lungo corso» dichiara il Direttore del C.T.B. Gian Mario Bandera, facendo subito dopo presente come, nonostante le sue previsioni iniziali piuttosto caute, il Teatro Borsoni sia  partito con il piede giusto. «Per quanto riguarda le repliche di questa commedia abbiamo già praticamente consuntivato un tutto esaurito che conferma l’interesse e l’appoggio del pubblico bresciano».

Riferendosi alle tematiche della pièce, Camilla Baresani ricorda che «Chiunque di noi in un determinato periodo della propria vita è stato (o ha conosciuto) un malato immaginario. Così come ogni artista godono di un periodo limitato di favore incondizionato da parte del pubblico all’esaurirsi del quale sono costretti a rinnovarsi e a reinventarsi in qualche modo».

Il regista Andrea Chiodi mette in luce come la malattia, intesa in senso lato, non sia soltanto uno stato o un’idea, ma nella pièce di Molière indica il disagio (condiviso personalmente, come rivelano certe amarissime lettere che egli stesso indirizzò al Re di Francia) che causa in ciascuno di noi, all’arrivo di un’età critica; quel momento sospeso, quel bivio in cui “o sei riconosciuto come maestro o rimani irrimediabilmente un perdente“. Quanto alla commedia, il regista riferisce che «Questo Malato Immaginario lo abbiamo costruito insieme agli attori cercando di vederlo e interpretarlo da una prospettiva diversa e sostanzialmente  nuova».

E proprio dall’originale chiave di interpretazione del testo classico parte l’intervento di Lucia Lavia che parla dell’aspetto della contaminazione tra recitazione e canto-balletto ripreso, nell’occasione, in chiave “cabaret” berlinese.

Conclude gli interventi Tindaro Granata, secondo il quale «Adoro lavorare con Andrea Chiodi ( che ha sempre nutrito la massima fiducia in me, lasciandomi grande libertà».  Cita poi tutti gli altri compagni di scena e uno staff tecnico che si è rivelato all’altezza della situazione, esaltando lo spirito del gioco di squadra emerso sin dal primo momento di allestimento. «Il malato immaginario è un lavoro di grande complessità, gestito alla perfezione dalla regia, nel quale ogni singolo personaggio impersona un *tema” con il quale il malato si   rapporta in modo diverso». 

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