Le ombre di Ambra

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La trama:

Un dialogo che va avanti su due piani completamente diversi quanto inconciliabili. La madre di un ragazzo che, dopo essere stato sospeso per motivi disciplinari e picchiato dai compagni di scuola, torna a casa segnato dalle percosse e poi si suicida con un colpo di pistola. La professoressa ligia ai regolamenti e alle direttive didattiche standard, incapace però di leggere più in profondità nelle menti e nelle anime dei suoi allievi.

Com’è potuta accadere una tragedia del genere? Quali sono le autentiche motivazioni? Qualcuno ha sbagliato, questo è certo, (le istituzioni? la famiglia?) ma non sempre, in certi casi, le autentiche responsabilità possono essere determinate e attribuite con esattezza.

Un’indagine appassionata sulle origini e le cause del fenomeno bullismo, dura e, in alcuni passaggi urticante (come quello della lettura del tema che ha causato le sanzioni scolastiche a carico del ragazzo suicida) capace di suscitare negli spettatori una profonda riflessione.

Il testo, che ha consuntivato entusiastici riscontri di pubblico e critica nei principali teatri statunitensi, reca la firma di Johnna Adams, una delle più interessanti autrice nella contemporanea produzione drammaturgica nord americana.

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Lo spettacolo:

La pièce è ben scritta, su questo non ci sono dubbi. Il rapporto tra le due donne, così diverse, così aliene tra loro, è vivisezionato con meticolosa attenzione sul palcoscenico, passando per diversi gradi di lontananza, sconfinando alla fine in una confidenza gelida di comprensione, ma mai di empatia, che non potrà mai arrivare a generare autentica comprensione. I ruoli rimarranno inevitabilmente, anche dopo il commiato, quelli che sono stati assegnati dall’atroce vicenda: quello di chi ha subito un danno irreparabile e accusa (forse più per discolpare se stessa che per ottenere giustizia) e quello della rappresentante, suo malgrado, di una istituzione che ha mancato al suo dovere e che probabilmente continuerà a farlo, come simboleggia l’assordante assenza della preside che serpeggia in tutta l’opera.

«E, comunque, quello che è accaduto è accaduto per colpa vostra» è la terribile invettiva che la Madre scaglia contro il sistema-scuola (e la società).

Definitiva. Pesante come la pietra che va a coprire un sepolcro.

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Mi sia consentita la segnalazione di un ultimo messaggio, che viene proposto sottotraccia (ma poi neppure tanto) nel finale della pièce: quello della relatività della percezione del dolore. Un concetto probabilmente di difficile metabolizzazione per molti, ma che mi trova sostanzialmente d’accordo con l’autrice del testo.

Come si potrebbe paragonare, altrimenti, la disperazione provata da una madre che ha appena perso un figlio con l’angoscia della professoressa, alle prese con un tumore della gatta di casa? Come potrebbe non apparire oltraggioso piangere per un episodio negativo, ma del tutto secondario, al cospetto di un dramma senza eguali? In realtà, a livello percettivo immediato, a ogni pena proposta dalla vita, in relazione con lo stato psicologico della persona che si trova a patirne, ha la sua dignità e merita rispetto, anche se non è così facile accettarlo.

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Tirando le somme: pulita e ordinata la regia di Serena Sinigaglia, anche se in alcuni momenti la narrazione avrebbe potuto assumere un ritmo più incalzante. Per quanto riguarda la scenografia, molto efficace e suggestiva nella costruzione di un’aula scolastica asimmetrica quanto ansiogena, lascio in sospeso (per rifletterci su con calma) il giudizio sulla scelta di un palcoscenico “in discesa”: un espediente pensato e realizzato probabilmente nell’intento di conferire una più incisiva prospettiva e una profondità non solo spaziale a una narrazione per sua natura claustrofobica, ma forse dosato con fin troppa generosità. Impeccabile la recitazione delle due interpreti: un’Ambra Angiolini che si conferma (qualora se ne sentisse ilbisogno) attrice di primo livello e una Federica Luna Vincenti che, paracadutata sul palcoscenico all’improvviso, a seguito dell’indisponibilità della “titolare” del ruolo della prof (Arianna Scommegna) ha affrontato l’impegno con grande attenzione e forza interpretativa.

Gli applausi ripetuti e convinti incassati a fine spettacolo risultano, per entrambe, pienamente meritati.

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«Il nodo» ancora oggi (sabato 15 gennaio) e domani (domenica 16 gennaio) al Teatro Sociale di Brescia.

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