Walter Veltroni, politico, giornalista, scrittore e regista, ma soprattutto uomo di profonda sensibilità umana e cultura, nasce a Roma il 3 luglio1955. È stato sindaco di Roma dal 2001 per due mandati consecutivi, il secondo dei quali interrotto nel 2006 per la sua partecipazione alle elezioni politiche del successivo aprile. In tale posizione si distinse, oltre che per l’oculata gestione amministrativa di una città notoriamente difficile da governare come la Capitale, per l’appassionata promozione di ogni tipo di attività culturali e sportive. Nel 2007 viene eletto primo segretario politico nazionale del nuovo Partito Democratico, incarico che mantiene per due anni. Ha ricoperto anche i ruoli È stato anche vicepresidente del Consiglio e responsabile del Ministero per i Beni culturali e ambientali nel Governo Prodi, nonché segretario dei Democratici di Sinistra dall’ottobre 1998 all’aprile 2001.
Si ritira dalla politica nell’ottobre 2012, annunciando in tv che non si ricandiderà alle elezioni politiche dell’anno successivo, mettendo correttamente in pratica una direttiva di carattere generale degli iscritti e di molti esponenti di spicco del PD nell’ottica di un rinnovamento anche generazionale delle liste.
Per quanto riguarda il mondo della letteratura e dello spettacolo, Veltroni si può considerare a pieno titolo un “figlio d’arte”, essendo stato suo padre Vittorio (deceduto giovanissimo quando Walter aveva soltanto un anno) radiocronista Eiar e, dopo la guerra, dirigente della RAI. Ha pubblicato numerosi libri tra saggi e romanzi, riscontrando un costante successo di critica e di pubblico. Nella sua filmografia, composta sia di documentari che di fiction, segnalo i lungometraggi «C’è tempo» (2019) e «Quando» (2023 – con Neri Marcorè e Valeria Solarino).
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Lo spettacolo:
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Walter Veltroni che, con grande padronanza del palcoscenico si racconta e, attraverso il racconto della propria vita, in questo caso dell’infanzia e dell’adolescenza, racconta di un decennio indimenticato e indimenticabile dell’Italia uscita con le ossa rotte ma con tanta speranza e voglia di risorgere dall’oppressione della dittatura fascista e dai disastri causati da del secondo conflitto mondiale. Un periodo meraviglioso, ma anche complesso e che, in certi momenti, ha anche indossato i panni di un cattivo presagio dei tempi oscuri che di lì a poco arriveranno.
Quello che si può definire una narrazione in intima cordialità davanti al caminetto, in compagnia di amici e di un po’ di cibo da intrattenimento (chissà perché mi vengono in mente le caldarroste) e qualche bottiglia di vino genuino.
Ed è una storia familiare assolutamente non banale, quella di Walter e della sua famiglia. Il nonno materno diplomatico sloveno Ciril Kotnik, attivissimo nell’opera di salvataggio di ebrei destinati ai campi di sterminio, arrestato per la delazione di un pasticcere infingardo e massacrato di botte nel famigerato covo di via Tasso, a Roma. Il padre quotato cronista, prima dell’EIAR e poi della RAI, di cui non conserva una memoria visiva in quanto la morte precoce glielo ha portato via (quando lui aveva soltanto un anno) nel pieno della vigoria e dell’affermazione professionale.
Una madre dolce e coraggiosa che, fin da bambino, gli ha lasciato respirare l’alito della cultura, risultando la prima indiscussa artefice di ciò che, con il seguito del tempo, Veltroni è riuscito a diventare.
Poi lo scorrere impetuoso di quegli anni memorabili, caratterizzati da personaggi unici e irripetibili (artisti, cantanti, attori, politici, filosofi…), da incredibili progressi della scienza e della tecnica, da importantissimi eventi storici, dal sorgere e dall’affermarsi di tendenze del costume originali e innovative .
Un periodo scandito da romanzi e poesie così appassionanti, da film di nuova generazione con l’irruzione nelle sale cinematografiche di inusitati eroi e il definitivo affermarsi del magico technicolor-techniscope, di canzoni talmente belle e suggestive (in certi casi solo talmente orecchiabili, come si diceva una volta), da restare impresse indelebilmente nell’anima di chi c’era allora e di trovare ospitalità nella mente di chi sarebbe venuto dopo.
Così il tempo di allora scorre veloce sul palcoscenico, in modo godibilissimo, riportandoci nelle case nelle quali l’ingombrante cassettone del televisore a valvole e il telefono fisso nero o grigio in bachelite conquistavano e tenacemente tenevano il posto d’onore centrale della sala.
Veltroni va a ruota libera, sovrapponendo vicende private e vicende pubbliche, nella evocativa scenografia opera di Angelo Lodi, accompagnato dalle magiche dita del ventitreenne talento pianistico Gabriele Rossi, che suona magistralmente davvero di tutto, da Bella Ciao al Cielo in una stanza, a La gatta, a Marina, a Stand by me, a Sapore di sale….
Ma di lui ci si occuperà più in dettaglio tra poco.
Passa sul palcoscenico e sulla platea il cinema di Alberto Sordi, che racconta delle storie e della storia dell’italiano medio, con i suoi molti difetti ma anche con qualche pregio, di Vittorio Gassman e Jean-Louis Trintignant, l’arrivo clamoroso di James Bond – 007; passano i romanzi come Il giovane Holden , Il giorno della civetta e La noia, ma non mancano i fumetti, prima con Cucciolo, Tiramolla, Corriere dei Piccoli, Intrepido e Tex, poi con lo spariglio di carte portato da Diabolik.
E mentre i capelli dei ragazzi si allungano, le gonne delle ragazze si accorciano, la società si evolve, l’Autostrada del Sole porta i meridionali al nord, dove si trasferiscono in tanti alla ricerca di un lavoro e di una nuova chance di vita, rimescolando usi e costumi prima molto più distanti ed estranei tra loro, pensatori come Pier Paolo Pasolini delineano e descrivono magistralmente una realtà popolare fatta di voglia di riscatto e rivendicazioni prima di allora misconosciuta se non totalmente ignorata.
È il mondo che non solo impara a correre, con le scoperte mediche (come il vaccino Sebin somministrato su una zolletta di zucchero) la diffusione degli elettrodomestici in tutte le famiglie, e un’automobile per tutti, ma anche a volare: i russi spediscono nello spazio prima un cagnolino poi l’astronauta Gagarin, gli americani rispondono portando l’uomo sulla Luna.
E nella vita politica mondiale, se una nuova guerra catastrofica, stavolta nucleare, viene scongiurata in extremis con la risoluzione diplomatica della crisi USA / URSS causata dei missili sovietici a Cuba, inizia il travaglio fecondo ma doloroso indotto dallo spirito innovatore e rivoluzionario del ’68, si acuiscono i contrasti sociali, cadono sotto i colpi di una violenza cieca alcuni personaggi che avrebbero potuto davvero cambiare in meglio la vita del pianeta, come Robert Kennedy, assassinato soltanto cinque anni dopo il fratello John Fitzgerald, e come il grande leader integrazionista Martin Luther King.
Per quanto riguarda la cronaca e la politica del nostro Paese il decennio, inauguratosi con lo splendore delle Olimpiadi di Roma esaltate dalle tante affermazioni dei nostri nazionali, in particolare quella del velocista Livio Berruti, finisce con il cupo boato della bomba di Piazza Fontana, macabro preavviso degli anni di piombo che verranno.
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Terminato lo spettacolo, salutato dai convinti e prolungati applausi degli spettatori, resta un gusto dolceamaro di buono, la magia di un cinema non canalizzato e imprigionato in grandi, funzionali ma anche fin troppo standardizzate multisale, ma diffuso artigianalmente in locali fumosi dove era possibile entrare anche a spettacolo iniziato, resta l’eco di musiche mai dimenticate e riscoperte nell’occasione; restano tutti quegli oggetti al tempo giudicati di elevata tecnologia status symbol, ora trasformati in oggetti di arredamento di obsoleto vintage; per i più anziani resta il ricordo malinconico di una giovinezza spensierata che si è ormai trasformata in una pensosa maturità, per i giovani la curiosità per una vera e propria civiltà scomparsa, per molti di loro remota e mitica come Atlantide.
Resta più di un pizzico di rimpianto per un periodo della storia italiana e mondiale nel corso del quale davvero tutto sembrava possibile e che avrebbe potuto costituire la base di lancio di un fantastico viaggio… non verso la Luna, dove pure si è arrivati, ma verso un mondo certamente migliore.
Resta una dolce parentesi comune di vita, una specie di lunga vacanza dalle nevrosi moderne, ma al tempo stesso una grande occasione persa, come nel corso dei secoli, purtroppo, l’umanità ne ha smarrite diverse altre. E chissà se ne verranno ancora.
Restano alcune frasi pronunciate dal sorprendentemente affabile, inclito e disinvolto affabulatore. Due, fra le tante, hanno colpito la mia sensibilità. . La prima, partita dalla propria esperienza di quasi figlio unico costretto a gestirsi spesso da solo in casa inventando giochi e fantasie: «Quante storie meravigliose, ha partorito la noia!»; la seconda riferita alla propria concezione di fruizione di spettacoli e/o eventi: «Se esco da un cinema o da un teatro, o da una sala concerti, senza essermi emozionato, sento di avere perso il mio tempo!».
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Detto tutto ciò, e mi rendo conto che non è poco, qualche parola in più mi sento in dovere di spenderla per il giovane e talentuoso pianista (ma probabilmente musicista tout court è il termine più appropriato) Gabriele Rossi che ha accompagnato e arricchito lo spettacolo con la sua musica. Dopo averlo sentito suonare dal vivo capisco che cosa voglia dire avere più di un milione e mezzo di follower su TikTok quando ciò non sia frutto di un’abile strategia di merchandising commercial-culturale o delle trovate promozionali partorite da qualche genio a volte un po’ perverso di un media social manager d’assalto, ma dipende quasi esclusivamente dalle proprie notevolissime capacità artistiche, acquisite in parte grazie al generoso intervento di Madre Natura e per il restante da un’applicazione feroce allo studio e al continuo perfezionamento della propria attività. Questo, per chi volesse approfondirne la conoscenza, il suo sito:
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«Le emozioni che abbiamo vissuto» (Gli anni Sessanta. Quando tutto sembrava possibile) – in replica presso il Teatro Renato Borsoni di Brescia fino a domenica 26 gennaio 2025.
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