Brescia città del Teatro (18) – Cecilia Botturi: metodo e passione

Cecilia Botturi, bresciana, insegnante di storia e filosofia nelle scuole superiori, nel 2011 ha conseguito presso l’Università degli studi di Padova (con il massimo dei voti e lode) la laurea magistrale in Filosofia Estetica con tesi sul rapporto tra gli esercizi spirituali filosofici dell’antichità e il Metodo di Stanislavskij .  Tre anni prima, nel 2008, nelo stesso ateneo e con analoga votazione di 110/110 e lode, aveva preso la Laurea Triennale in Filosofia con tesi di su Hannah Arendt. Semestre di studi all’estero presso l’università Pantheon-Sorbonne di Parigi e partecipazione all’Atelier franco-italian di teatro dell’Ateneo parigino. Gennaio 2020: Messa in scena de “L’uomo in soffitta” a Milano presso il Piccolissimo di Cinisello Balsamo e presso il teatro comunale di Buccinasco. 2019: Partecipazione ad un seminario residenziale organizzato da Fabio Maccarinelli a Brescia ed inerente al lavoro espressivo sulla maschera totemica. Partecipazione ad alcuni workshop dedicati a formatori e attori “Bottega d’azione” tenuto da Raúl Iaiza presso Campo Teatrale a Milano ed on-line. Messa in scena di tre repliche de “L’uomo in soffitta” a Brescia presso il teatro Der Mast a Brescia, e presso il teatro comunale di Nuvolera e di Passirano. Giugno 2018: Masterclass di Circo Contemporaneo per attori professionisti organizzata dall’Accademia dei Filodrammatici di Milano presso il laboratorio di Circo Quattrox4. Seminario intensivo di Dario Manfredini presso l’associazione teatrale LAB121. Ottobre 2017-Giugno 2018: Percorso di Tirocinio per la conduzione di corsi di teatro presso Grock scuola di teatro con affiancamento al primo anno corso attori. Luglio 2016: Seminario residenziale condotto da Claudio Orlandini “La naturalità dell’attore”. Dicembre 2015: Messa in scena dello spettacolo L’uomo in soffitta di Timothy Daly, la cui prima nazionale ha debuttato al teatro Pavoni di Brescia. Luglio 2015: Seminario “La Fisicità Del Personaggio” condotto da Claudio Marconi e al Seminario “La Parola” condotto da Maurizio Salvalalio presso il teatro Leonardo. Luglio 2014: Workshop intensivo di teatro con i formatori : Susanna Baccari, Pietro de Pascalis e Debora Virello, presso il Teatro Leonardo organizzato dalla scuola Quelli di Grock di Milano. Seminario “Il Bianco e l’Augusto” condotto da Andrea Ruberti presso il teatro Leonardo organizzato dalla scuola Quelli di Grock. 2013-2017: Frequenza del quattro anni del Corso Attori presso Quelli di Grock con spettacolo finale di diploma: La tempesta di Shakespeare nell’ottobre 2017 presso il Teatro Leonardo di Milano. Introduction to acting (3 mesi), Introduction to Stansilavski, Stanislavski workshop (6 mesi) Introduction to Meisner (3 mesi), How to teach drama (3 mesi). Maggio-Novembre 2012: Frequenza di tre workshops diretti da Silvio Castiglioni: il primo a Santarcangelo di Romagna, il secondo presso il CRT di Milano e il terzo presso la scuola H-VOX di Brescia. Maggio 2012 e Settembre 2013: Frequenza di due corsi di mimo organizzati dall’ Università Cattolica di Brescia e tenuti da Elena Serra, erede di Marcel Marceau e direttrice della scuola Mime de rien di Parigi. Giugno 2011-Maggio 2012: Collaborazione con la compagnia teatrale di Brescia Il Servomuto con messa in scena dello spettacolo I drizzabanane tratto dall’atto unico dell’autore e giornalista bresciano Giannetto Valzelli presso il teatro comunale di Borgosatollo (BS) nel Febbraio 2012 e presso il teatro comunale di Rezzato (BS) a Maggio 2012. Ottobre 2011-Giugno 2012: Frequenza di un anno di corso di teatro presso l’H-VOX (Accademia della voce) di Brescia. Ottobre 2009- maggio 2010: Partecipazione all’Atelier franco-italiano della Sorbona La Mascareta (Parigi), realizzando nell’ottobre 2009 un primo spettacolo in italiano derivante dall’adattamento teatrale de L’ultimo viaggio di Simbad di Erri de Luca ed un secondo spettacolo a maggio 2010 Couples vs coppie composto da varie pièces contemporanee sia in italiano che in francese.2008-2009 e 2010-2011: Frequenza del corso di teatro di primo e secondo livello presso l’associazione teatrale di Padova Barabao che si è concluso con la messa in scena di alcuni monologhi e de “Il giro del mondo in ottanta giorni” di J.Verne. Dal 2003 al 2005: partecipazione alla compagnia teatrale amatoriale Rosvita di Brescia tenuta dal professore e burattinaio Gino di Rosa, mettendo in scena: il primo anno uno spettacolo di teatro letto. Il secondo anno la versione integrale de Il Malinteso di Camus. Nel 2002: Partecipazione alla compagnia studentesca organizzata dal Liceo Lunardi Il cerchio di gesso e partecipazione allo spettacolo Sogno di una notte di mezza estate di Shakespeare messo in scena al Teatro Grande di Brescia. Ha partecipato come protagonista/coprotagonista a vari spot (web e aziendali) per Albatrosfilm, G-Studio, 9dotsfilm, nonché a diversi spot pubblicitari.

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Attenta alla costruzione di un bagaglio culturale e professionale di grande sostanza, meticolosa nella preparazione di ogni spettacolo e di ogni singola lezione che ha occasione di impartire ai suoi allievi , lucida e appassionata nel calarsi nei panni dei personaggi che viene chiamata a interpretare, solare, ma capace anche di indossare, in palcoscenico, maschere in qualche modo inquietanti.

In altre parole… talmente BRAVA che mi è sembrato francamente impossibile non includere in questa rubrica un’intervista con lei.

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Quello di Cecilia Botturi è un curriculum teatrale che denota grande attenzione alla formazione e all’affinamento della voce e dei movimenti del corpo attraverso la frequentazione di seminari, laboratori e workshop, anche oltre confine. Un metodo di lavoro oppure un viscerale amore per la recitazione e insaziabile fame di conoscenze di nuovi e più ampi orizzonti?

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Vorrei dire entrambi poiché uno è il mezzo e l’altro il fine. Di sicuro vi è in me un amore viscerale per la recitazione come creazione di mondi ed esplorazione dell’umano. L’ho sempre avuta fin da quando, da bambina, mi divertivo con mia sorella a travestirmi e trasformarmi in diversi personaggi ricreandone la vita, le emozioni e la storia. Ma questa passione e questo obiettivo costante non può essere raggiunto se non tramite un metodo, una disciplina, un rigore, come ogni altra forma d’arte.

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Come si è avvicinata al palcoscenico Cecilia Botturi? Cosa ha ne ha guadagnato sotto il profilo della crescita personale e a cosa, invece, ha dovuto rinunciare per seguire questa passione?

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La prima volta che sono entrata in contatto con il mondo del teatro è stato al biennio delle scuole superiori quando, quasi per caso, ho partecipato ad un corso del Liceo Lunardi con messa in scena finale del Sogno di una notte di mezza estate al Teatro Grande di Brescia. Ero un elfo, una semplice comparsa in un cast di più di ottanta studenti ma la sensazione che ho provato sulle assi di quel palco non l’ho più scordata e mi ha portato a iscrivermi poi ad altri corsi e scuole per ritrovarla. Avendo iniziato così giovane è difficile disgiungere la mia crescita come donna dalle esperienze teatrali: si muovono in parallelo e si nutrono vicendevolmente. Se dovessi sintetizzare i motori della crescita che questa magica arte mi ha donato è l’accettazione di sé, di ciò che mi circonda e la capacità di andare oltre al giudizio. Il teatro è l’arte del hic et nunc, ha una dimensione congenita di improvvisazione perché ha a che fare con l’umano, il suo corpo, la sua anima e le sue azioni; di conseguenza chiede all’attore di essere in grado di “stare con quello che c’è”, di “occuparsi” invece di “preoccuparsi” come amo dire ai miei allievi di teatro… Di sicuro dedicandomi al teatro ho dovuto rinunciare a qualcosa, in quanto ogni scelta è un sacrificio, ma devo dire che, essendo la mia passione, non l’ho mai vissuto così. In ogni caso da ex diplomata del liceo artistico, mi accorgo che avendo incanalato la mia creatività in questo campo l’ho un po’ sottratta al disegno e anche alla scrittura, che sono altre mie passioni.

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L’esame del tuo curriculum denota una certa attenzione nel selezionare gli impegni, divisi, a partire dal 2012, tra web e palcoscenico. Qual è il criterio generale che ti spinge a optare per una scelta artistica, piuttosto che per un’altra?

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Il mio criterio fondamentale è quello di trovare un’esperienza di autenticità. Non mi interessa il teatro che ha come scopo sedurre il pubblico, intrattenere e di-vertire (nell’accezione pascaliana del termine che indica un distrarsi). Mi interessa il teatro che smuove emozioni, che fa pensare, che ci obbliga ad essere (in qualche modo) una persona diversa quando ci si alza dalla poltrona e si torna a casa. Scelgo i progetti in cui il teatro ricopre il ruolo del “tafano” socratico che tiene sveglie le menti e le coscienze. Sperando sempre che non finisca male come Socrate! Nel caso dei progetti web invece tante volte il criterio è la sfida verso me stessa: scelgo qualcosa che so che mi risulta difficile per scoprire nuove cose di me e crescere.

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Tra i lavori in cui ti sei cimentata compare un classico come «La tempesta» (Manifatture Teatrali Milanesi 2017) di William Shakespeare e un testo contemporaneo come «L’uomo in soffitta» (Compagnia del Barone 2015) dell’australiano Timothy Daly. Sul palcoscenico ti trovi meglio nel sedicesimo secolo o nel ventunesimo?

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Nel momento in cui posso travestirmi, mi sento bene ovunque! Scherzi a parte, ciò che mi affascina è la costruzione del personaggio e il legame con il suo contesto quindi ogni epoca può essere affascinante e suggestiva. Se proprio dovessi scegliere, da amante della storia, forse direi nel sedicesimo secolo; magari perché il viaggio per arrivarci è più lungo e richiede più approfondimento, trattandosi di un’epoca molto diversa dalla nostra. Sono stata una grande amante di fantasy quindi la dimensione storica medievale e pre-moderna mi attrae molto.

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Torniamo per un attimo a «La tempesta» nella quale hai rivestito il duplice ruolo di Miranda e Re Alfonso. Come noto, in Teatro accade spesso che, sotto la maschera dell’attore, si mescolino e si confondano le caratteristiche psicologiche e financo di genere dell’interprete. In che modo, più che in altri, si esprime in scena la tua femminilità? E in quali momenti e in quali occasioni, può capitare che, invece, emerga la tua parte “maschile”?

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Penso che la mia femminilità in scena sia espressa dalla mia fragilità. Quando indago personaggi che sono fragili e vulnerabili sento che viene fuori qualcosa di me che spesso metto fra parentesi nella vita ordinaria. Non ho una spiegazione razionale di questa sensazione ma quando la sento è come se io mi percepissi come un fiore con pochi petali, ad un attimo dall’essere sfoltito dal vento. È la dimensione in cui mollo gli ormeggi, mi concedo di mostrare la mia debolezza. La mia parte maschile è la parte energetica che si manifesta prepotentemente nella vita e quindi anche nel teatro. È una parte da maneggiare con cura perché può essere latrice di tensioni e chiusure emotive. Diciamo che va sapientemente bilanciata con l’altra. Nella Tempesta, tuttavia Re Alfonso era un vecchio sovrano fragile quindi mi ha permesso di fondere queste due attitudini in un’unica vita.

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Una domanda che mi piace rivolgere in occasione delle mie interviste ai “teatranti” e che richiede due risposte secche: qual è la pièce alla cui rappresentazione non vorresti mancare di partecipare e quale il personaggio che, più di altri, vorresti interpretare?

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La Pièce è Un tram chiamato desiderio di T. Williams. Il personaggio è Hedda Gabler di Ibsen.

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So che sei da qualche tempo impegnata nelle prove di un dramma, che ti porterà in scena nella prossima stagione teatrale: puoi anticiparcene qualcosa? Stai preparando altre novità?

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Sì, si tratta dello spettacolo (prodotto in coproduzione da Ombre di Platone e Compagnia del Barone) «Punto improprio» di Patrizio Pacioni tratto dall’omonimo romanzo breve di Enrico Luceri con la regia di Fabio Maccarinelli : l’adattamento teatrale di un racconto noir al quale stiamo lavorando dallo scorso ottobre con l’altro protagonista, Andrea Moltisanti . È una storia misteriosa in cui le carte si svelano (e si coprono) man mano che la storia si sviluppa. Direi che è un esperimento destabilizzante sia per il pubblico che per noi attori che siamo chiamati a essere intimi e sconosciuti, complici e avversari, amanti e  nemici allo stesso tempo. Al momento sto lavorando a solo a questo progetto ma sento che vorrei scrivere qualcosa per una nuova produzione della Compagnia del Barone: mi piacerebbe parlare della contemporaneità e dei suoi paradossi, magari in forma distopica, che è un genere che amo molto.

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Tu, oltre che attrice sei insegnante di scuola superiore e di teatro. Come si lega la tua passione per la recitazione e per la didattica? Avete dei corsi in programma?

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Queste due dimensioni negli anni sono diventate un tutt’uno. Mi sorprendo ogni giorno di come i temi esistenziali che emergano in classe siano gli stessi che emergono a teatro. La didattica per me è un modo per comunicare esperienze e prendere parte ad un processo di crescita interiore. La didattica del teatro naturalmente è congeniale perché mette insieme queste due grandi passioni. Ciò che adoro nell’insegnare teatro è scoprire le persone e le loro potenzialità, accompagnarle fuori dai confini della vita ordinaria, fargli credere che è possibile tornare bambini, fargli assaggiare il brivido della creazione. In un mondo che ci chiede sempre più di essere degli obbedienti consumatori penso che i corsi di teatro siano uno degli ultimi baluardi della possibilità di essere altro. Di essere dei liberi creatori, o se si vuol, creattori. A inizio autunno partiremo con un “Corso di Teatro di primo livello” un ciclo base dove si potranno sperimentare proprio questi aspetti che ho appena descritto, aperto agli adulti nell’ottica di un avvicinamento alla recitazione per chi magari se lo è sempre proposto ma non si è mai deciso. Accoglieremo anche persone che hanno già svolto un anno di altri corsi in quanto i metodi differiscono molto nelle varie scuole e quindi pensiamo che possa essere un’esperienza arricchente anche per chi ha già avuto un primo approccio altrove. Giovedì 30 settembre si terrà una lezione di prova (dalle 19,30 alle 21,30) a Brescia, al numero 3 di via Botticelli, presso il Teatro delle due Sante, dove a partrire da ottobre si terranno le sessioni didattiche.

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Insomma, vi invito a conoscerla meglio e più da vicino nel corso del prossimo autunno: sia in Teatro (allorché andrà in scena il già citato dramma «Punto improprio») sia in aula, partecipando al corso pensato e organizzato da quelli della Compagnia del Barone.

State certi che non vi deluderà.

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