Le Uova di Colombo (22) – Brutti, sporchi e cattivi.

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Attenzione: qui si trattano OVVIETÀ NON PERCEPITE: spunti di riflessione su quegli argomenti che sembrano banali e scontati ma che, per molteplici quanto validissime occasioni, molto spesso non risultano affatto tali.

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Alcuni ricorderanno questo capolavoro di Ettore Scola del 1976 con uno strepitoso Nino Manfredi, nell’interpretazione forse migliore della sua carriera. Per chi non se ne ricordasse o per chi non l’avesse mai visto, ecco qui un paio di cosine utili:

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1) Locandina

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2) Un memorabile spezzone  arricchito dalla azzeccatissima colonna sonora del maestro Trovajoli:

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Cui aggiungo, da parte mia, l’invito a colmare l’eventuale lacuna e vederlo. Assolutamente.

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Comunque, non è del film che vi voglio parlare. Anche se la pellicola -che Moravia definì portatrice di una nuova estetica del disgusto- è un ottimo incipit per l’ovvietà di oggi.

Infatti, il sottoproletariato urbano, qui descritto, è paradigmatico di una realtà degradata, disturbante e laida. I personaggi rappresentati non sono semplicemente poveri. Sono miseri. E mi sembra perfettamente inutile spiegare quale (bella) differenza ci sia tra povertà e miseria.

Già ben settant’anni fa (siamo agli inizi degli anni ‘50), venne avviata un’inchiesta parlamentare sulla miseria in Italia (nel link potrete trovare il resoconto conservato negli archivi dell’Istituto Luce) e sui mezzi per combatterla.

https://patrimonio.archivioluce.com/luce-web/detail/IL3000088346/1/inchiesta-parlamentare-sulla-miseria-italia.html?startPage=60

Nella parte introduttiva del resoconto, il presidente della commissione, on. Ezio Vigorelli, sottolinea la profonda differenza tra povertà e miseria: «La povertà è una condizione, uno status economico. La miseria è più fonda. Ha carattere sociale e persino morale. Si riconosce nell’accattonaggio, nel sudiciume, nell’ignoranza, nella prostituzione, nel delitto…è un problema di gravità senza uguali…da aggredire gradualmente…».

Ora che Vigorelli ce l’ha detto, la differenza tra povertà e miseria diventa ovvia.

Ciò che appare meno ovvio, invece, è come mai negli anni ‘70 Scola descrivesse ancora, nel suo film, una miseria reale, fatta non solo di particolari fisici e comportamenti ripugnanti, ma soprattutto di una completa mancanza di ordine morale.

E oggi?

Oggi -al pari di ogni verità scomoda, mi è doloroso dirlo- siamo letteralmente allo sbando.

Oggi la povertà è tanta, ma la miseria abbonda. È fenomeno trasversale che colpisce ogni classe sociale, non è razzista e non fa differenza di genere o di età. Gli italiani, vecchi e nuovi, sono ancora e forse più di allora in uno stato di miseria. Sì, perché la miseria non è solo povertà. La miseria è soprattutto non avere valori, non avere ambizioni, vivere in uno stato in cui ciò che conta è il denaro e l’apparenza. E se il denaro non c’è, allora, per alcuni, c’è la rabbia, la violenza, l’aggressività, per altri, la depressione e il suicidio.

Di questa miseria siamo imbibiti, tanto che nessuno se ne stupisce più e la vive come un dato di fatto.

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Viene spontaneo, davanti ad una tale dolorosissima situazione, ricercarne le cause.

Alcuni diranno la crisi economica, altri la globalizzazione, altri ancora l’immigrazione. Molti suggeriranno il Covid (perché un Covid come responsabile di turbamento sociale, di inefficienze, ritardi, disguidi e di altre disgrazie, ultimamente, non si nega a nessuno!).

Nulla di tutto ciò. Quelle, caso mai, sono concause. La causa primaria va ricercata altrove, ovvero nel progressivo, inesorabile,  criminoso “genocidio culturale” che si è attuato in Italia.

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Che la scuola in Italia non brillasse lo si sapeva da tempo. Ulteriore conferma si è avuta dal recente rapporto INVALSI. Un dato su tutti:  quasi uno studente su due, di quelli che hanno affrontato la maturità quest’anno, è fermo a un livello di terza media.

Il fatto che la DAD non abbia funzionato non è sufficiente per spiegare questa grave carenza di preparazione, che viene da lontano. È certo che molti insegnanti  non hanno saputo gestire la DAD.  Ma questo non è colpa degli insegnanti! Anche agli insegnanti qualcuno deve pur insegnare…

E allora? Allora (come  appunto affermato da Vigorelli) il problema va aggredito, ma non gradualmente. Va affrontato subito, con investimenti sulla scuola, sulla famiglia, trasformando profondamente la società, i media, inculcando principi sani, lodando gli esempi meritevoli e condannando quelli deleteri, incentivando le iniziative di fruizione culturale… L’alternativa è avere un’Italia fatta da cittadini “brutti, sporchi e cattivi”.

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Questa immagine ha l'attributo alt vuoto; il nome del file è PatriziaSerra-637x1024.png   Patrizia Serra (*)

(*) Patrizia Serra, detta Zizzia (solo da sua madre), farmacista, ma anche copywriter e direttore creativo. Quindi multiforme o incasinata. Comunque da sempre fortemente resiliente, anche in era ante Covid.