C’è chi dice (e sono molti) che la grande letteratura è fatta per essere letta e ripensata riga per riga, e che il teatro è un’altra cosa.
Mica vero, a giudicare dalla rappresentazione della prima de “Il vecchio e il mare”
Santiago di giovane ha soltanto lo sguardo dei begli occhi azzurri (“Con gli occhi chiusi non c’era vita nel suo volto”) e, nonostante l’inesorabile logorio del tempo, è ancora abbastanza vigoroso (“Le spalle erano ancora forti anche se vecchie”) da uscire da solo in barca per la pesca di alto mare.
La scenografia, suggestiva e coinvolgente, impreziosita dalle luci di Cesare Agoni, è genialmente multi-tasking: si solleva uno sportello e il mare diventa casa, poi, con una proiezione, magicamente appare un lembo di deserto africano popolato da leoni. Un’ulteriore conferma, ove ce ne fosse bisogno, che per la fantasia esiste un solo, immenso mondo, e che i pensieri di chi sa astrarre e sognare, si plasmano, mutando in continuazione, come creta docile al tocco, uno nell’altro.
L’intreccio è semplice, per non dire elementare. Un vecchio, una battuta di pesca solitaria, un gigantesco pesce (per l‘esattezza un marlin) parente alla lontana (ma non troppo) della più feroce ma altrettanto oscura Moby Dyck. Mettere in scena una roba così senza annoiare il pubblico (vedi l’incipit di questo stesso articolo) è sfida mica da poco.
In realtà sul palcoscenico, come sulla carta della narrazione originale dell’immenso Ernest Hemingway, la lunga lotta tra l’uomo e l’animale altro non è che uno spunto di riflessione su alcuni fondamentali momenti e simboli della vita di ciascuno di noi: la solitudine (“Un vecchio non dovrebbe mai essere solo”), sull’ingiustizia (che altro possono essere gli squali, crudeli predatori della femmina di marlin così faticosamente pescata, se non i prepotenti e gli invidiosi che insidiano ogni giorno le faticose conquiste degli onesti? Sulla necessità del rispetto reciproco al di là dei ruoli, spesso conflittuali, che la vita assegna a ciascun essere umano (“Abbiamo chiesto perdono alla femmina del marlin che avevamo pescata, poi l’abbiamo macellata”).
Della sontuosa scenografia abbiamo già detto. Il difficile adattamento drammaturgico e la regia di Daniele Salvo si sono rivelate assolutamente brillanti e prive di sbavature. Attori (Santiago – Graziano Piazza, Ernest Hemingway – Stefano Santospago, Manolin –Luigi Bignone ispirati e perfettamente nella parte.
Risultato: applausi finali lunghi, convinti e meritati per tutti.
Metto on line la recensione, poi vado a dormire.
Sperando, come Santiago, di sognare i leoni.
Il romanzo:
Santiago, un vecchio pescatore cubano, da mesi non ha fortuna nella pesca:i suoi insuccessi fanno sì che perfino i genitori del suo apprendista, il giovane Manolin, vogliono che il figlio presti servizio presso pescatori più abili e fortunati. Ma il ragazzo è molto affezionato a Santiago e continua a frequentarlo, aiutandolo con le reti e le provviste e conversando con lui, soprattutto di baseball. Un giorno Santiago decide di avventurarsi da solo più lontano del solito, in mare aperto: i suoi sforzi vengono ricompensati, infatti abbocca all’amo un gigantesco marlin. Tra il vecchio pescatore e la sua preda inizia una lunga battaglia che andrà avanti per quasi tre giorni: il marlin per liberarsi tira la barca verso di sé e Santiago, negli sforzi per trattenerlo, si ferisce più volte finché, allo stremo delle forze, riesce ad attirare il pesce verso lo scafo e lo finisce con un arpione. Ma sulla via del ritorno il pesce lascia dietro di sé un’abbondante scia di sangue che attira gli squali: Santiago ne uccide molti ma, quando la barca giunge finalmente in porto, del marlin non restano che pochi brandelli. Stremato e arrabbiato con se stesso essersi spinto troppo lontano e aver sacrificato un “avversario” così formidabile come il marlin, Santiago torna alla sua capanna e si addormenta. Il giorno dopo una folla di pescatori si riunisce esterrefatta intorno alla sua barca, ammirando la grande carcassa del pesce ancora attaccata allo scafo. Manolin, preoccupato per la sorte del suo vecchio amico, tira un sospiro di sollievo quando lo trova in casa che dorme. Il giovane porta a Santiago il caffè e i giornali e i due decidono di tornare ad essere compagni di pesca.
IL VECCHIO E IL MARE
basato sul romanzo di Ernest Hemingway
regia e adattamento drammaturgico Daniele Salvo
scene Alessandro Chiti
costumi Silvia Aymonino
luci Cesare Agoni
musiche originali Marco Podda
video Paride Donatelli
suono Edoardo Chiaf
personaggi – interpreti
il vecchio Graziano Piazza
il narratore Stefano Santospago
il ragazzo Luigi Bignone
assistente alla regia Alessandro Gorgoni, direzione tecnica Cesare Agoni, direttore di scena Oscar Valter Vettore, macchinista Michele Sabattoli
audio, luci e video Edoardo Chiaf, Giacomo Brambilla, sarto Federico Ghidelli
ufficio stampa Silvia Vittoriano, ufficio comunicazione Sabrina Oriani, foto di scena Umberto Favretto
le scene sono state costruite nel laboratorio del CTB Centro Teatrale Bresciano, responsabile della costruzione Oscar Valter Vettore
macchinisti Michele Sabattoli, scenografa realizzatrice Rossella Zucchi, trucco e acconciature realizzate in collaborazione con la scuola EDUCO – Centro di Formazione Professionale
produzione CTB Centro Teatrale Bresciano
IL VECCHIO E IL MARE basato sul romanzo di Ernest Hemingway, in accordo con The Patrick and Carol Hemingway Revocable Living Trust, The Hemingway Family Trust, and Hemingway Copyrights, LLC, c/o Lazarus & Harris LLP, 561 Seventh Avenue, New York, NY 10018, www.lazhar.com.
Teatro Sociale di Brescia – in scena dal 31 gennaio al 13 febbraio (pomeridiana domenicale riservata alle scuole)
GuittoMatto