Il teatro che rappresenta e recita il teatro non è una novità, ma sempre (o quasi sempre) ne scaturisce una sfida intrigante.
Il miglior risultato, in simili casi, scaturisce quando sono gli attori stessi a immedesimarsi e a divertirsi in questo gioco di specchi da palcoscenico. Cosa che, a mio avviso, è accaduto ieri sera, allorché al Teatro Santa Chiara di Brescia, è andata in scena Sapiens, pièce liberamente tratta e adattata dal testo Frammenti di un mosaico spezzato di Edy Lanza, in cui si narra appunto delle prove di uno spettacolo che i commedianti decidono di portare avanti da soli in attesa dell’arrivo della regista.
Situazione ideale per permettere alla natura autentica, alle reali pulsioni che ciascuno di essi si porta dentro, di fuoriuscire, interagendo in modo conflittuale con quelle degli altri.
Desideri, frustrazioni, aspirazioni vere o presunte, soprattutto contraddizioni e ripiegamenti egocentrici quanto egoisti che solo per un attimo vengono messi in discussione dall’inatteso arrivo in teatro di una donna che, con il suo bambino, incarna in sé ogni tipo di coercizione, di discriminazione e di abuso.
Ma è solo un attimo, appunto, dopo di che lo spettacolo che i giovani attori vogliono mettere in scena, sì, ma con un’adesione al testo soltanto epidermica, incapaci come sono di introiettarne l’autentico messaggio sociale, torna a distrarli, a inebriarli del niente di vite vissute (consumate) con la superficialità di una chat globale, di un reality o di un talk show: insapore, inodore, dunque indolore.
Così si perde l’occasione di conferire valore alle esistenze, così si smarrisce per sempre il senso del reale, dell’equo e del giusto.
Cosicché, quando arriva Godot (la regista), che questa volta arriva davvero, altro non può trovare che macerie umane, vuoti esistenziali, la carcassa ormai fredda di uno spettacolo che non andrà mai in scena.
Dell’energia e dell’entusiasmo con cui si spendono gli attori del CUT La Stanza abbiamo già detto.
Scarna ma efficacissima la scenografia “povera”.
Attenta la regia.
Quanto al testo, la prima parte dello spettacolo risulta a mio avviso alquanto didascalica, farcita di dialoghi e monologhi che non possono non richiamare allo spettatore più attento atmosfere di un’avanguardia che, essendo databile per toni e temi agli anni settanta, ora si palesa piuttosto retrò.
L’apparizione inattesa della ragazza extracomunitaria minacciata dal suo uomo, unitamente allo scimmiottare dei vizi da over-connessione e di certe trasmissioni tv mirate alla sistematica narcosi del pensiero, costituiscono il colpo d’ala necessario e sufficiente a risvegliare l’attenzione degli spettatori e a rialzare il grado di godibilità di uno spettacolo che, al tirare delle somme, riscuote dal numeroso pubblico un’adeguata dose di consenso e di applausi.
Un’ultima considerazione “a margine”: tra il pubblico, numerosissimi, giovani attori e attrici, appassionati di teatro e addetti ai lavori, che hanno creato una singolare e stimolante atmosfera anche al di qua del palcoscenico. A dimostrazione che a Brescia esiste un humus fecondo alla nascita e alla crescita di un movimento di prosa degno del massimo rispetto, che l’azione del CTB sollecita e favorisce in modo evidente.
Forza, “ragazzi”: continuiamo così.
Spettacolo teatrale tratto da
“Frammenti di un mosaico spezzato” di Edy Lanza
rielaborazione e regia Antonio PaLazzo
consulenza artistica Ippolita Faedo, Elena Serra e M. Candida Toaldo
interpreti Edona Cekerku, NicoLa Conti, Monica Minoni, Luca Muschio,Renato Olivari Tinti, Marco Passarello, Maria Angela Sagona e Chiara Pizzatti
luci Sergio Martinelli
costumi Federico Ghidelli
progetto audio Giuseppe Salemi
collaborazione tecnica Fausto Loda, Luca Lussignoli e Chiara Pizzatti
direzione artistica Maria Candida Toaldo
GuittoMatto