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Che si tratti di una presentazione “di persona” oppure “on line”, come in questo caso, ogni volta che esce una nuova opera di Costanzo Gatta sè sempre un evento eccezionale. Così è per «D’Annunzio da Fiume a Cargnacco», introdotta da Elena Ledda (Presidente C.N.S.D. – gardesana doc) e condotta da Massimo Tedeschi (caporedattore del Corriere della Sera).
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«Costanzo rimane uno dei più giovani giornalisti del Corriere, e un “dannunzista” di eccezione, giunto alla quarta pubblicazione per l’editore Ianieri (che proprio nel grande autore abruzzese ha una delle sue eccellenze), dotato di un fiuto eccezionale per individuare filoni e aspetti della personalità del Vate, non solo letterari. Come l’umorista, l’uscocco, il pittore e (prossimamente) animalista.» dichiara Tedeschi.
«L’arrivo di D’Annunzio sul Lago di Garda segnò la fine del periodo mitteleuropeo del lago (presso cui si veniva a svernare dal nord) attraverso un processo di detodeschizzamento perseguita dall’artista con grande passione e vigore. Cominciò così una stagione italianizzata e “littoria” con l’installazione nelle vicinanze di siti tecnici pensati per esaltare la velocità degli spostamenti umani in ogni sua accezione meccanica: automobili, moto, aerei e quant’altro.» spiega ancora. «Una volta che il Vate fu sul posto, i suoi amici e collaboratori s’ingegnarono a trovare una sede degna di tanto personaggio, ma tra le tante alternative prestigiose che riuscirono a scovare, D’Annunzio scelse, più che una villa già sontuosamente edificata, un casale, poco più di un rustico da ristrutturare totalmente per -praticamente- creare ex novo una residenza edificata a sua immagine e somiglianza.» conclude, prima di intervistare l’Autore.
«Costanzo, da dove nasce questa tua curiosità per D’Annunzio?» è la prima domanda.
«Per me si tratta di una specie di fiume carsico che, nello scorrere degli anni, scorre per lunghi tratti sotto terra e poi all’improvviso ricompare. Un interesse nato da discorsi di mio padre quando ero ancora molto giovane, poi rinforzata dal professor Ragazzoni del Liceo Arnaldo quando parlò alla classe de «La Figlia di Iorio» inducendo noi studenti a tentare una messa in scena dagli esiti noin proprio esaltanti.» risponde Gatta.«
«Lo incrociai ancora nel 1963, quando fu traslata la salma di D’Annunzio, io lavoravo per la redazione bresciana de “«La Notte”. poi nell’85 mi venne chiesto di costruire uno spettacolo che intitolai «Vittoriale Cabaret». Trascorrono altri anni e, al termine della mia esperienza di Direttore, altre sollecitazioni a occuparmi di D’Annunzio. E così, in tempi più recenti, sempre più spesso, nuove incursioni con Ianieri… fino a quest’ultima. Anzi, più recente, ma non certo ultima!»
«Che D’Annunzio è quello, uscito dal Natale di Sangue, del gennaio 1921?»
«In realtà il viaggio di D’Annunzio verso il Benaco comincia molto prima dei tragici fatti di Fiume.» precisa Gatta. «Dopo la fine del rapporto con Eleonora Duse arriva quella brillante (e un po’ stravagante) amazzone di nome Alessandra Di Rudinì, che significa Lago di Garda (sponda veronese). Poi il sorvolo in aereo del Benaco che, alla feconda fantasia di Gabriele, ricorda la forma di una sensuale calza da donna.»
Insomma, secondo l’Autore, quando un umile cronista rispose alla domanda che da tempo circolava in tutta Europa “Dove finirà D’Annunzio”, la scelta per il Garda e per Gardone era già matura. E il Vate arriverà di lì a poco, impegnando per il trasloco otto vagoni ferroviari e trasformando Cargnacco nel mitico Vittoriale pensato congiuntamente con il malinconico, esoterico (e permaloso!) architetto Giancarlo Maroni.
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