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Appare a sorpresa nel corridoio centrale della platea e, non dimenticando neanche in questa occasione il consueto anatema contro i cellulari eventualmente e incautamente ancora accesi in sala, cominci a conversare con il pubblico, il suo pubblico, che la ama e la segue con ammirazione, cieca fedeltà e un pizzico di devozione.
Lucilla Giagnoni, disinvolta e brillante, chiede contro chi o che cosa combattano gli spettatori che le sono attorno, accenna ai suoi sogni e ai suoi miti, da Marylin Monroe a Pinocchio, poi, suscitata l’empatia generale come solo lei sa fare, si accinge a salire finalmente sul palcoscenico introducendo il personaggio guida della serata: l’Oca.
La fedele, sacrale Oca, animale tragico e ridicolo al tempo stesso, dunque teatrale per eccellenza.
Un po’ divulgatrice, un po’ narratrice, un po’ imbonitrice, molto ma molto attrice, Lucilla Giagnoni è quella di sempre, giocoliera della parola, evocatrice di ricordi, funambola della voce e dell’espressività.
Il suo «Magnificat» è un inno religioso declinato in modo laico, una visionaria esaltazione di Madre Natura e della feconda e faconda Femminilità. È un rincorrersi frenetico di riferimenti e citazioni, da Italo Svevo (“La vita è una malattia”) alla Bibbia (con l’esaltazione della “Sapienza”, ovvero, nel Vangelo secondo Lucilla, il lato femminino di Dio) alla Clitennestra di Eschilo, passando per un’esigenza di pace ed equilibrio e una propensione ecologica scopertamente francescane.
Delizia la platea con la narrazione liofilizzata de «La Bella Addormentata» di Perrault (e di Disney, nell’immaginario comune) esibendosi in un virtuosissimo cambio di voce che rievoca e caratterizza singolarmente le fate buone e la fata malvagia, canta con voce aggraziata il motivetto della fiaba.
Spiazza, stupisce, turba e rassicura.
Il Gioco dell’Oca è il fil rouge, attraverso un viaggio tra dadi e caselle che riecheggia con straordinaria efficacia il cammino ondivago e incerto di ogni vita. Una migrazione scandita dai battiti d’ala di un’oca, appunto,
Per raggiungere l’autentico e unico scopo della nostra esistenza, quello di vivere una vita magnifica.
«La Giagnoni di sempre» potrebbe obiettare qualcuno.
«Cioè esattamente la Giagnoni che il pubblico vuole» rispondo io, confortato, oltre che dalla qualità e della tensione morale dello spettacolo al quale ho appena assistito, dai lunghi e appassionati applausi che salutano la fine dello spettacolo.
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DI E CON
LUCILLA GIAGNONI
COLLABORAZIONE AI TESTI
MARIA ROSA PANTÈ
MUSICHE
PAOLO PIZZIMENTI
LUCI E VIDEO
MASSIMO VIOLATO
PRODUZIONE
CENTRO TEATRALE BRESCIANO / TPE – TEATRO PIEMONTE EUROPA