Se il mondo e la gente sono malati, per fortuna il teatro è ancora vivo.

Il Malato immaginario è una comèdie-ballet in tre atti caratterizzata da intermezzi con balletti tra un atto e l’altro che, al pari di altre opere scritte da Molière, presenta caratteri innovativi rispetto alla tradizione della commedia dell’arte: la presenza di un autentico copione in luogo dei canovacci sui quali gli attori del tempo erano chiamati a improvvisare , la presenza di personaggi autentici e realistici sia dal punto di vista psicologico che da quello fisico in luogo delle maschere  o dei personaggi fissi. Dalla sua esperienza, tra gli altri, presero spunto e ispirazione anche le idea innovatrici e rinnovatrici di Carlo Goldoni. Nella commedia si narra delle tragicomiche vicende dell’ipocondrico Argante, assecondato dolosamente da medici avidi e incapaci (Diafoirus e Purgon) e dal farmacista Fleurant, che approfittano delle sue ansie per mero tornaconto personale. Nella storia s’inserisce sua figlia Angelica che Argante, schiavo delle proprie paranoie, vorrebbe maritare con un dottore( che può sempre tornare utile) è a tal punto prigioniero della sua paura da voler maritare la figlia, Angelica, con il figlio di Diafoirus, anziché con il giovane Cleante, di cui è innamorata. A migliorare questo quadro già compromesso non contribuisce certo la meschina figura della moglie Belinda, ottusa e pedante. Alla fine sarà soltanto grazie alla sagace scaltrezza della cameriera Antonietta e del fratello Beraldo, gli unici a nutrire affetto sincero nei confronti di Argante , che il protagonista aprirà finalmente gli occhi sulla realtà che lo circonda. La commedia rappresenta il canto del cigno dell’autore che, per ironia del destino, muore proprio a seguito delle complicazioni della tubercolosi che lo affliggeva da tempo sul palcoscenico sul quale viene rappresentata una replica della sua ultima opera o nei giorni immediatamente successivi.

Di questo spettacolo ci è già occupato nei giorni scorsi Bonera.2, nell’ambito della rubrica Goodmornng Brescia. Se volete leggere il suo articolo non avete nient’altro da fare che cliccare sul sottostante link:

L’Autore:

Molière, pseudonimo di Jean-Baptiste Poquelin (nato e deceduto a Parigi 1622-1673) è unanimemente considerato un grandissimo commediografo e drammaturgo che, insieme a Corneille e Racine,  rappresenta uno degli autori più importanti del teatro francese del XVII secolo. Tra le sue opere di maggior successo Sganarello o il cornuto immaginario (1660), La scuola delle mogli, Don Giovanni o il convitato di pietra, Il misantropo, L’avaro e -appunto- Il malato immaginario.

Lo spettacolo:

Che l’interpretazione del grande classico di monsieur Molière fatta dalla traduttrice Angela Dematté per la direzione di Andrea Chiodi (con l’assistenza di Elisa Grilli) sia di quelle non convenzionali lo si capisce fina dalle prime battute. Che ci sia da parte della regia la volontà di riproporre comunque, almeno nella forma, l’originale struttura della comèdie-ballet, in cui la recitazione è accompagnata da musica e movimenti di danza, è altrettanto palese.

 

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Meno agevole, ma non impossibile, capire i motivi che hanno portato a utilizzare (con modalità e tempi ispirati alla prima stesura) in luogo di musiche e di coreografie d’ispirazione seicentesca altre diverse, di una cifra artistica che rimanda chiaramente al cabaret tedesco e in particolare berlinese in voga tra le due guerre: la prima, più funzionale, deriva certamente dalla migliore  appetibilità per il pubblico di un accompagnamento sonoro più vicino nel tempo; la seconda, di carattere più “ideologico”, manifesta la non troppo occulta intenzione di rigenerare il testo originario con un riferimento al rigurgito reazionario che ha sconvolto il mondo alla metà del ‘900 e che proprio in questi nostri giorni sta tornando a contaminare ideologie e masse.

Trasparentissimo, tra i tanti riferimenti alla situazione di un mondo (quello sì davvero malato), la trovata sapida ma non becera, di quel clistere che il Potere (nella pièce impersonato dalla spocchiosa congrega medico-farmacistica dell’epoca) brama di prescrivere e somministrare ai governati e al quale una crescente parte del popolo, incredibilmente, si dichiara disposto a farsi praticare. Se non addirittura desideroso.

Doverosamente premesso e spiegato ciò, c’è da dire che, al di là delle sempre opinabili opinioni generali di chi scrive, l’operazione «Il  malato immaginario» varata dal Centro Teatrale Bresciano… è riuscita perfettamente, coniugando alla perfezione il passato remoto con il passato prossimo e con il presente senza per niente stravolgere il messaggio e la scrittura di Molière..

Esaurita la questione delle intenzioni e dei favorevoli esiti del lavoro di regia, sottolineo la prestazione degli interpreti tutti concentrati, in gran forma ed eclettici quanto basta. Pur attribuendo un livello di assoluta eccellenza a Tindaro Granata e Lucia Lavia, reputo doveroso nominare anche gli altri, vale a dire Angelo Di Genio, Emanuele Arrigazzi, Alessia Spinelli, Nicola Ciaffoni, Emilia Tiburzi e Ottavia Sanfilippo.

Suggestiva la scenografia curata da Guido Buganza, assolutamente pertinenti alle scelte registiche i costumi ideati e realizzati da Ilaria Ariemme.

E il pubblico?

Il pubblico gremisce il teatro, segue con grande attenzione ogni passaggio della pièce, ride, applaude, scandisce con il battito delle mani alcuni passaggi musicali e, alla fine, applaude con grande convinzione.

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