
L’attore (anche doppiatore), regista e sceneggiatore romano Claudio Insegno è un esponente di quella che solitamente si definisce una “famiglia di artisti”, visto che la madre è cugina degli attori Rossana Di Lorenzo e Maurizio Arena, mentre il fratello Pino Insegno , attore comico e versatilissimo conduttore di programmi televisivi, è da tempo uno dei volti più noti del mondo dello spettacolo nazionale.
Lo abbiamo incontrato a Roma, proprio nei giorni che vedono la metropoli ancora più centro del mondo in occasione dell’intrecciarsi di straordinari eventi come la morte del pontefice Francesco, l’incontro degli esponenti di quasi tutte le nazioni più potenti in occasione dei suoi funerali e la febbrile attesa per quelle che saranno gli esiti dell’ormai prossimo conclave che sancirà chi sarà alla guida della Chiesa ei prossimi anni.
Una decisione di carattere religioso che non mancherà però di avere importanti effetti anche sullo sviluppo del dibattito morale e civile nonché su quelli che, in questo complesso e difficile periodo storico, saranno i nuovi equilibri politici non soltanto italiani ma dell’intero ordine mondiale.
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Quello che segue è il fedele e completo resoconto dell’approfondita intervista che ci ha rilasciato nell’occasione.
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Quando mi capita di entrare in contatto con un artista multitasking come Te, la prima domanda che mi vene in mente di porre è se tra tutte le angolazioni d’incontro con lo spettacolo (sintetizzo: recitazione, regia, scrittura, sceneggiatura da declinare sia sul palcoscenico che sul piccolo e grande schermo) ce ne sia una “primigenia”; ovvero una passione iniziale che, con il passare del tempo e con l’accumularsi delle esperienze, abbia in qualche modo fatto da traino a tutte le altre.
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Questa è una domanda che mi faccio spesso anch’io, ma mi basta andare indietro con il tempo e ricordarmi qual è stato la mia prima passione. Quando ho cominciato la prima cosa che facevo era recitare, ma quando andavo al cinema da piccolo, guardavo i film e volevo capire cosa significasse fare la regia. Così nel tempo ho cominciato a girare film in super 8 e ad amare comporre una scena per trasportare quello che mi immaginavo su pellicola. Poi è arrivato il teatro e ho cominciato a interessarmi anche alla recitazione, ma dentro di me rimaneva l’amore per la regia. Così, come spesso accade, una passione ha finito per prevalere sull’altra. Non che non mi piaccia tantissimo stare in scena ma, ancora di più, amo trasformare pensieri, idee e sogni dal testo a quanto accadrà in palcoscenico o rimarrà impresso su una pellicola cinematografica.
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Sempre con riferimento alla vivace promiscuità della tua attività nel mondo dello spettacolo, che ti vede continuamente passare da dietro a davanti la macchina da presa, dal riparo delle quinte al palcoscenico, mi piacerebbe sapere fino a che punto rivestire i diversi ruoli ti giovi nel farlo in modo più consapevole o se, al contrario, a volte non ti causi qualche problema d’identità.
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No, stare davanti o dietro la macchina da presa o su un palcoscenico dietro le quinte che mi crea alcun problema di identità. Al caso, invece, incontro qualche difficoltà quando incappo in certi interpreti dalla psicologia “difficile”. Ho problemi quando affronto la psicologia di alcuni attori. Complicazioni che, peraltro, affronto volentieri e che, alla fine, finiscono per gratificarmi, allorché riesco a entrare in sintonia con mondi interiori nei quali il modo di vedere e vivere l’arte, di solito, è assolutamente originale e anticonvenzionale. Ecco, forse è lo sforzo che devo fare per arrivare a farlo che a volte può destabilizzarmi, causando un momentaneo sdoppiamento di personalità che si risolve, però, nel momento stesso in cui finalmente arriva il momento di andare in scena o di “girare”.
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Quali sono le differenze tra narrativa teatrale, cinematografica e televisiva? A quale vanno le tue preferenze e (sempre che ce ne siano) perché?
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Beh, tra teatro cinema e televisione c’è una grande differenza; sono veramente tre energie diverse. Io non amo molto la televisione e quindi cerco di frequentarla il meno possibile perché trovo che sia l’arte che meno rappresenti la realtà. Proprio per questo, amo molto di più il teatro. Sul palcoscenico è vero che devi ricreare personaggi fittizi e storie che non forse non appartengono alla realtà, ma sei tu, in carne ed ossa, che devi far arrivare al pubblico i tuoi sentimenti, la tua psicologia, il tuo modo di parlare, il tuo modo di muoverti, la tua vita. La tua verità.
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Da un rapido esame del tuo vasto e importante curriculum balza agli occhi come tra i generi tragico e comico/brillante, tu ti senta più a tuo agio con il secondo. Particolarmente nel cinema, però, non mancano però esperienze condotte nell’altra metà del campo con il drammatico (Ed è subito sera e All’improvviso un uomo) se non addirittura con il genere horror (Demoni di Lamberto Bava). U cambio di prospettiva non indifferente…
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Quello che mi piace di più in questo mestiere è la possibilità di cambiare le cose in qualsiasi momento. Sia come attore, che come regista, che come sceneggiatore. Quindi, quando mi si sono presentate le possibilità di non frequentare più il genere comico, ne ho approfittato subito, perché sentivo il bisogno di dimostrare di essere in grado di affrontare anche un altro tipo di espressione. E devo dire che, per assurdo, ho quasi preferito di più il dramma al comico.
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Nella tua intensa attività professionale non manca un ampio spazio dedicato alla didattica, con la fondazione, assieme a tuo fratello della scuola di recitazione Tutti in scena. Per quanto riguarda questo particolare aspetto non si può omettere di ricordare l’intervento come teacher di recitazione (insieme a Fioretta Mari) nella trasmissione televisiva Saranno famosi condotta da Maria De Filippi. Puoi dirci qualcosa delle responsabilità, ma certamente anche della gratificazione, che ricavi in questo tipo di ruolo.
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Tanto tempo fa, mi sono cimentato anche nella didattica e e ho anche capito che c’era in circolazione un gran numero di giovani che avevano bisogno di essere accompagnati in un percorso artistico. E ho capito che tutte le mie esperienze potevano aiutarli ad affrontare le mille difficoltà che si incontrano in questa “meravigliosa avventura“ in modo più leggero ma anche, al tempo stesso, più e meglio strutturato. Amo lavorare con i giovani e cercare di regalare loro “le armi” più efficaci per “combattere” e raggiungere la meta che si prefiggono. E se anche non raggiungono nulla, sono ugualmente felice che crescano personalmente grazie al loro impegno e che… si divertano. In un mondo diventato troppo serio, riuscire a divertirsi, infatti, non è affatto qualcosa di irrilevante, tutt’altro!
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L’ultima domanda riguarda l’oggi e il domani. A quali lavori stai mettendo mano in questo periodo? E, al di là di questo, esiste un progetto, direi un sogno, che finora non hai ancora realizzato ma al quale ti piacerebbe partecipare?
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Ora sto lavorando a due spettacoli scritti da me e Step Minotti. Il primo, in realtà, l’avevo già affrontato nel 1994 con Chiara Noschese. Quindi, questo è un remake dello spettacolo che feci al Teatro Dei Satiri in tenera età, al quale metto mano naturalmente) con altri attori e con meno ingenuità. Il secondo è uno spettacolo con Eva Grimaldi che debutterà al Festival di Todi. Una storia di una coppia che muore, va in paradiso e a cui Dio da una seconda possibilità di tornare sulla terra, con la speranza che questi due esseri umani non commettano di nuovo gli stessi errori.
Per quanto riguarda il sogno nel cassetto ti potrei rispondere che è lo spettacolo e il film che non ho ancora fatto… ma non è così, o almeno, non solo così! Ho un sogno, che è quello di aver fatto e di fare qualcosa che rimarrà nel tempo. So che è molto difficile perché io non sono Fellini e né tantomeno Strehler, però vorrei avere la possibilità di far vedere al grande pubblico che ho qualcosa di buono e in un certo senso di unico da regalare.
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È davvero tutto? Perché, riguardo ai tuoi prossimi impegni, a me risulta invece che…
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Vedo che sei bene informato o che, almeno, disponi di validi informatori! (ride). In effetti c’è anche un altro progetto al quale sto cominciando a lavorare proprio in questi giorni. Si tratta della commedia «Bacco, tabacco… e cenere!». Una pièce scritta da Patrizio Pacioni accattivante ed esilarante dalla prima all’ultima battuta nella quale si affronta in modo intrigante il rapporto tra l’apparenza e la realtà… ma di più non posso dire.
Anzi, no, qualcosa che posso aggiungere c’è: lavorerò con un cast favoloso composto (in ordine alfabetico) da Salvo Buccafusca, Angela Melillo e Patrizia Pellegrino, grandi professionisti che sono felice di dirigere.
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