Il grande cuore della Croce Rossa palpita più vivo e forte che mai!

Questa volta ho avuto la possibilità (e la fortuna) di seguire la “prima” di uno spettacolo teatrale dalla mattina alla sera, vale a dire dall’allestimento della scenografia, dai sempre laboriosi cosiddetti puntamenti , alla prova tecnica, alla prova generale… fino a quella parentesi temporale magica compreso tra l’apertura e la chiusura del sipario. Potevo lasciarmi sfuggire un’occasione del genere?

Domanda retorica, alla quale rispondo, prima ancora che possa farlo chi legge questo articolo, “assolutamente no!” Soprattutto visto che l’evento, ampiamente trattato dalla stampa cittadina, era atteso da un paio di settimane con grande curiosità e interesse.

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Di conseguenza ieri, domenica 30 novembre, dalle 10 del mattino alle 22, ho vissuto insieme agli attori, alla regia e allo staff tecnico della pièce «Il cuore oltre l’ostacolo » (Lo sfrontato coraggio della solidarietà).

L’opera, scritta da Patrizio Pacioni per la regia di Salvo Buccafusca (coadiuvato da Elena Marrone) , è stata prodotta e allestita in collaborazione tra la sede bresciana della Croce Rossa Italiana, l’Associazione Le ombre di Platone e il C.T.B. Centro Teatrale Bresciano, uno dei più importanti player della prosa nazionale.

Eccolo qui, il Renato Borsoni, il modernissimo impianto intitolato a uno dei personaggi più noti e rimpianti della storia teatrale cittadina, attraverso il quale è cominciata, pochissimi anni fa, in concorso tra il C.T.B. e il Comune di Brescia, l’ambiziosa opera di recupero e valorizzazione di uno dei periferici quartieri della Leonessa, precisamente quel territorio che si estende su un versante e l’altro della popolosa e popolare via Milano.

Cominciamo a parlare del “prima“, cioè di ciò di cui non si parla mai o quasi mai.

I più mattinieri (loro malgrado), vale a dire i primi ad arrivare al numero 83 di via Milano, sono l’attrezzista, la vice regista Elena Marrone e il tecnico audio-luci. E, ovviamente, si mettono subito al lavoro. Circa un’ora dopo a fare ingresso nella sala del Teatro Renato Borsoni sono il regista (Salvo Buccafusca) e il drammaturgo (Patrizio Pacioni). «Non per dovere ma per puro piacere», tiene a sottolineare quest’ultimo.

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Da qui in poi è un alacre quanto frenetico lavorare che chi ha confidenza del palcoscenico solo dalla prospettiva della platea e della galleria non potrà mai sospettare. Regista e vice parlottano a lungo tra loro, per concordare gli ultimi dettagli, mentre i tecnici, a loro volta, si confrontano su “piazzati”, “sagomatori” e altre diavolerie del genere.

Il tempo trascorre velocemente finché, un po’ prima delle 15, arrivano attori e figuranti, che si dirigono subito ai camerini. Si può respirare la tensione che, al tempi stesso, li agita e dà loro quell’energia e quell’entusiasmo che si possono misurare direi quasi fisicamente in occasione della veloce ma intensa prova tecnica e, subito dopo, nelle fondamentale prova generale, nel corso della quale soltanto un contrattempo impedisce che, già da ora, si registri la perfezione. Una piccola imprecisione che, peraltro, viene accolta molto positivamente da tutto lo staff, visto che, per una delle convinzioni scaramantiche che imperano nel mondo del teatro, «Se va tutto bene nella generale, poi porta sfiga nella rappresentazione vera e propria».

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E, finalmente, arriva l’ora della verità. Il botteghino è preso d’assalto, la platea si riempie, e, con pochi minuti di ritardo (anche questa è una convenzione immutabile e intangibile) si apre il sipario e la presidente della Croce Rossa bresciana, Carolina David, spende significative e appassionate parole per introdurre lo spettacolo e spiegare le motivazioni che hanno dato origine a questa complessa operazione.

«Un ambizioso progetto artistico attraverso il quale si è voluto ricordare e celebrare nel più suggestivo dei modi la storia di centosessanta anni di sacrificio e impegno di tante generazioni di volontari che hanno perpetuato nel tempo gli altissimi valori ispirati e tracciati dal fondatore Henry Dunant».

Non dimentica, prima di lasciare spazio agli interpreti, di sottolineare la passione con la quale i volontari della Croce Rossa cittadina hanno aderito a questa impegnativa sfida, efficacemente guidati e coadiuvati dagli interpreti professionisti scelti e messi a disposizione dalle Ombre di Platone. «Un particolare ringraziamento va al Centro Teatrale Bresciano che ha aderito con prontezza e convinzione al progetto e al Comune di Brescia che ha posto il sigillo del proprio patrocinio».

Prima di lasciare lo spazio all’attesa rappresentazione del dramma di Patrizio Pacioni, non dimentica di ricordare che il bravo attore lumezzanese Massimo Pedrotti, dopo l’intenso impegno profuso nelle prove, ha visto preclusa la propria partecipazione alla recita da un problema di salute intervenuto proprio nell’imminenza del debutto. Un applauso lo saluta a distanza con affettuosa simpatia.

Lo spettacolo

La trama di questa pièce non è una storia, bensì la storia. Centosessanta anni raccontati attraverso alcuni significativi episodi e grazie a un originale espediente narrativo, vale a dire l’introduzione di un personaggio di fantasia (Salvatore Laganà) nato il giorno della terribile battaglia di San Martino e Solferino, la data fatidica che suscitò in Henry Dunant la ferma determinazione di creare una grande associazione solidale che avesse come principale missione quella di assistere feriti, malati e, più genericamente, chiunque si trovasse in gravi difficoltà.

Un arco di vita che abbraccia un lungo e complesso periodo nel quale si iscrivono il terremoto di Messina, sommovimenti ideologici e sociali, nonché due devastanti guerre mondiali accompagnate dal sorgere, dall’affermazione e dal repentino declino delle grandi dittature europee.

La vicenda, però, non si ferma qui: con un grande balzo, passando per un altro significativo intervento di soccorso relativo alla tragedia del Vajont, si giunge fino ai giorni nostri, per ribadire ed esaltare in un travolgente finale i grandi valori che sono alla base dell’insostituibile veicolo di solidarietà chiamato Croce Rossa.

Questa la trama, sapientemente articolata in quadri autonomi ma al tempo stesso magistralmente interconnessi tra loro. Quanto allo spettacolo vero e proprio, invece, la qualità e la grande suggestione del testo di Patrizio Pacioni, coniugata con la sapiente ed evocativa regia di Salvo Buccafusca (adeguatamente supportato da un’infaticabile ed energica Elena Marrone) e accompagnata da una scenografia minimale ma straordinariamente suggestiva, c’è da dire che il doppio obbiettivo fissato, vale a dire la celebrazione di un significativo anniversario e il coinvolgimento intellettuale ed emotivo degli spettatori, è pienamente raggiunto.

E gli interpreti?

Qui principalmente, a prescindere dalle considerazioni già espresse, sta la vera straordinaria sorpresa di questa ardua ma riuscitissima impresa: il difficile (e spesso pericoloso) mix tra attori professionisti e semplici amatori, riesce alla perfezione. Non solo per la qualità delle singole prestazioni, in molti casi superiori alle più rosee previsioni, ma anche e soprattutto per la validità delle interazioni tra gli uni e gli altri e, in scena, per le tempistiche del meccanismo entrate/uscite/cambi di scena che funziona come quello di un orologio svizzero. Alla luce di ciò, è del tutto comprensibile il convinto, lunghissimo, entusiasta e fragoroso applauso conferito dagli spettatori.

Per quanto riguarda gli interpreti, menzionando doverosamente per prima la partecipazione straordinaria di Sergio Isonni, autentica pietra miliare del teatro bresciano contemporaneo, si segnala (in stretto ordine alfabetico) la calorosa quanto ineccepibile prestazione artistica dei “professionisti” Francesco Cundò, Ilaria Donna, Maria Giovanna Frangiamone, Giovanni Giacomini e Daniela Morandini, alla quale ha fatto degna cornice la sorprendente interpretazione dei volontari Alina Chebykina, Ilaria Lecce, Luciano Montanari, Giulio Mussio, Giusy Orofino, Andrea Panetta, Gualtiero Pasini, Emanuele Pea, Lidia Riccelli, Gioele Saronni e Sara Scarola. Il tutto introdotto dalla voce calda e profonda fuori campo di Fabrizio Musumeci.

Un’ultima ma non secondaria citazione meritano gli altri volontari che con serietà e impegno costante si sono cimentati nella parte dei figuranti, vale a dire Nicola Bassi, Anna Gotti, Patrick Pè, Anna Bufano, Marina Loteryman, Enrico Montefiori, Simona Pluda, ed Elena Salvini, il cui contributo è risultato fondamentale per la buona riuscita della pièce,

Del tripudio intenso e prolungato di applausi e consensi che ha (giustamente) accompagnato i saluti finali, mi pare d avere già detto. Ma, come dicevano i padri latini, in certi casi… “Repetita iuvant“!

Insomma, uno spettacolo troppo ben riuscito, per non essere esportato in molti altri luoghi e teatri d’Italia.

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