Del Teatro Telaio e della sua feconda attività si è occupato pochi giorni fa Bonera.2, nel numero 280 della rubrica Goodmorning Brescia. Questo il link per chi non lo avesse ancora letto:
Goodmorning Brescia (280) – Il Telaio? Di sicuro non è quello di Penelope. – Cardona
Anche spinti da quanto detto e promesso nel corso della conferenza stampa di cui si occupava il suddetto post, ho preso un nipotino a caso e sono voluto andare a vedere con i miei occhi quale fosse la filosofia e la pratica della nutrita serie di rappresentazioni ed eventi indirizzati a bambini e ragazzi che, anche nella prossima stagione, ai suoi primi vagiti si succederanno a ritmo serrato tra il Teatro Colonna, tradizionale sede del festival e il Teatro Renato Borsoni.
Di porgere il saluto al folto pubblico di bambini, genitori e nonni che gremiscono il teatro in ogni ordine di posti, se ne occupa Maria Rauzi che, oltre alle consuete avvertenze per l’uso (cellulari silenziati -meglio ancora spenti, silenzio assoluto nel corso della rappresentazione, stop al fruscio di sacchetti di patatine o popcorn, applausi e consensi graditi anche a scena aperta) approfitta dell’occasione per ribadire in modo sintetico la “missione” educativa e intelligentemente ricreativa di Teatro Telaio.
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L’Autore:
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Mario Lodi (Piadena 17 febbraio 1922 – Drizzona 2 marzo 1914) è stato insegnante e scrittore. Le sue metodologie educative, ispirate da quelle di Célestin Freinet, lo portarono a seguire un indirizzo che lo fece diventare esponente del Movimento di cooperazione educativa.
Per tutta la vita si è impegnato nel mondo della scuola, cercando di interpretare al meglio (attraverso l’attenta e costante osservazione dei bambini con i quali veniva in contatto, una nuova concezione e una nuova pratica della pedagogia, riuscendo a potenziare, cambiandone aspetti e metodologie, il valore educativo della scuola.
Fu tra i primi a capire che il germe di una società autenticamente libera è nella scuola, intesa come strumento di democrazia, non come istituzione burocratizzata e autoritaria. Un luogo nelle cui aule si ricerca e si sperimenta il vivere insieme, dove l’insegnante ha l’importante compito (e la grande responsabilità) di educare i futuri cittadini al pensiero e alla responsabilità civile e sociale.
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L’Opera:
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La storia di Cipì nacque dalla collaborazione tra Mario Lodi e i suoi alunni della scuola elementare di Vho di Piadena negli anni ’50. E si vede, cioè, se ne avverte tutta l’immediatezza e l’ingenua (ma non troppo) spontaneità di una simile operazione.
Il protagonista è un un passerotto curioso che, avvertendo come troppo limitante il pur rassicurante calore del nido, nonostante gli accorati appelli della mamma, decide di esplorare il mondo e affrontare le sfide della vita. Una scelta coraggiosa, anche se, inevitabilmente, espone chi la fa a potenziali pericoli, anche gravi.
Così anche per Cipì che si trova suo malgrado ad affrontare rischi come quelli costituiti dagli artigli di un gatto goloso, la carezza mortale del fuoco e il fucile di un cacciatore. Una piccola Odissea nel corso della quale il passerotto apprende il valore della prudenza, della generosità e dell’amicizia.
La sua Itaca  la maturità, che lo vede, diventato adulto, scoprire l’amore, avere dei figli e trasmettere loro, con la consapevole saggezza conquistata nel corso del proprio viaggio di vita, gli insegnamenti acquisiti, 
Un’opera che, non a caso, è considerata a pieno titolo tra i capolavori della letteratura italiana per l’infanzia, grazie alla sua capacità di trattare temi complessi attraverso una narrazione semplice e commovente, adatta anche agli adulti.
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Lo spettacolo:
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Regia: Lucia Messina – con: Annachiara Zanoli – tecnico audio/luci: Riccardo Carbone – scenografie & pupazzi: Caterina Marcioni
Fare Teatro per i bambini non è la cosa più facile del mondo, ma questo la sanno molto bene sia quelli di Teatro Telaio che il loro partner (in questo caso la Fondazione Aida di Verona). opportuno che i riferimenti siano chiari e inequivoci, il linguaggio fluente e di facile comprensione; quanto ai ritmi narrativi e recitativi, essi debbono rimanere costantemente serrati, per attrarre l’attenzione e l’interesse dei giovani spettatori dall’aprirsi al calare del sipario.
Più facile a dirsi che a farsi, insomma, ma sia la regia attenta ed essenziale di Lucia Messina che l’interpretazione appassionata, esuberante e infaticabile della narratrice-marionettista Annachiara Zanoli, almeno in questo caso, riescono a centrare pienamente l’obbiettivo.
La protagonista unica della pièce, in particolare, si rivela abilissima affabulatrice, riuscendo, da sola, a far vivere e vibrare non solo la voce del curioso passerotto, ma anche quella dei personaggi animali come l’affamato gatto, il minaccioso e oscuro gufo, la tenera fidanzatina… Per non parlare della tenera e saggia margherita parlante, destinata, poverina, a vivere il breve spazio di un assaggio di primavera.
E, in tutto ciò, non fa mancare significativi spunti di interazione, legati a passaggi significativi della narrazione, con i piccoli spettatori. .
Ineccepibile l’apporto della scenografia, essenziale ma sufficientemente suggestiva e fiabesca, non priva di idee originali come il semplice drappo di raso che suggerisce ed evoca lo scorrere di un fiumiciattolo.
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P.S.
A proposito: il mio nipotino si è molto divertito. Ma mi sono molto divertito anche io!
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  GuittoMatto