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«San Benedetto, la rondine sotto al tetto» recita un antico proverbio popolare, descrivendo l’arrivo della primavera. Per quanto riguarda Sarezzo e il Teatro San Faustino, però, considerato che ormai la rappresentazione del lavoro svolto nell’ambito scolastico dal Gruppo Teatrale Gianluca Grossi è un appuntamento immancabile, all’arrivo della buona stagione, il detto potrebbe cambiare, per esempio con un «Non è realmente primavera / se non viene del debutto la sera».
Si parte, in pieno clima di meta-teatro, da un matrimonio e da una compagnia di attori e musici “poveri guitti di montagna”, come si definiscono essi stessi, chiamati a rallegrare con la rappresentazione di una pièce la festa degli sposi.
Si narrano le avventure venture di Martino, un giovane sprovveduto, un “bamboccione” come si direbbe ai giorni nostri, che, impegnato nel servizio militare, spende troppo ed è costretto a chiedere continue sovvenzioni a suo padre.
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Per ottenerle ricorre anche alla menzogna inventando una inesistente carriera nell’esercito. Incappando in un occasionale quanto fantastico incontro magico-religioso, chiede e ottiene due doni prodigiosi e grotteschi al tempo stesso: un sacco incantato e un randello, per così dire, a “percussione automatica”.
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Poi, come in tutte le fiabe, c’è la figlia del re che si invaghisce di lui, ma esagera un po’, al punto di perdere la ragione ed essere rapita all’inferno. Il prode (o incosciente, fate voi) soldato Martino, grazie ai suoi attrezzi magici riesce persino a sconfiggere l’esercito dei diavoli e liberare la Principessa posseduta.
Lieto fine, dunque? Sì e no. Anzi, prima no, poi si.
La morte lo ghermisce a sorpresa, ma sembra che per lui, rifiutato da Paradiso e Purgatorio, ci sia posto solo all’Inferno. All’ultimo momento, però, ci si ricorda di due atti di bontà (che riportano all’agiografia dell’omonimo San Martino, con la cessione del proprio mantello a un mendicante infreddolito narrata all’inizio della rappresentazione) e, adesso si, il consolatorio finale.
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Narrazione al tempo stesso ingenua e complessa, secondo il tradizionale stile dell’autore, Giulio Forbitti (regia di Guido Uberti) con la necessaria presenza, trattandosi di un saggio didattico, di un gran numero di personaggi e interpreti.
«Lo spettacolo prende le mosse dagli antichi e leggendari racconti che i cantastorie raccontavano e rappresentavano nelle piazze, nei cortili e nelle stalle dei paesi di un tempo lontano, in cui l’affabulazione sapeva ancora affascinare, divertire, coinvolgere e a volte commuovere» dichiara il professor Forbitti .
«Il Soldato Martino è insieme un eroe e un antieroe: è per certi versi un ingenuo, uno scapestrato e un fallito, ma sa anche essere prode, generoso e coraggioso».
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A fine spettacolo la referente del progetto, professoressa Elena Bonometti, saluta il pubblico insieme agli attori
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I ragazzi (e meno ragazzi) del gruppo teatrale Gianluca Grossi, studenti ed ex studenti dell’istituto Primo Levi di Sarezzo, tra i quali alcuni diversamente abili, interpretano lo spettacolo muovendosi e agendo sul palcoscenico con grande impegno e totale partecipazione e meritando, alla fine, i convinti applausi del folto pubblico presente.
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