Goodmorning Brescia (79) – Costanzo investigatore, sulla riva del Garda

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C’è persino un’autopsia virtuale, nell’articolo pubblicato sulla pagina domenicale della cultura, nell’inserto bresciano del Corriere della Sera. Dall’esame autoptico del  cadavere, che risponde al nome di un certo Gabriele D’Annunzio, emerge il quadro di un settantenne pieno di acciacchi di ogni tipo: un occhio irrimediabilmente leso, la situazione disastrosa dei denti, la prostata ingrossata, una stipsi prolungata e incarognita, il logorio generale derivante da un’intera vita di eccessi di ogni tipo, ivi compresi gli ultimi venti anni votati alla bianca Dea Cocaina, hanno lasciato cicatrici evidenti sul corpo del defunto Vate.

Un’autentica indagine, condotta dall’articolista con dovizia di particolari e la consueta, disincantata arguzia dell’autore.

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Cominciamo dal titolo, che potrebbe essere; «Il commissario Gatta e il mistero del Vittoriale».

Sono presenti tutti gli accenti e le atmosfere di una storiaccia noir, per non dire horror, nel movimentato pezzo di Costanzo Gatta. Dal frenetico affaccendarsi del giovane falegname bresciano Giuseppe Ventura, chiamato a rivestire il macabro ruolo di costruttore di bare, al lungo parcheggio della salma nel Tempietto delle Memorie prima dell’inumazione  (avvenuta nel 1963) nel Mausoleo, per finire con il dubbio irrisolto in merito a un eventuale suicidio.

Fu morte naturale per “apoplessia” o la decisione estrema di fuggire dalla ”turpe vecchiaia” preconizzato nelle pagine del Libro Segreto attraverso la scorciatoia del suicidio?

Anche al decesso di D’Annunzio, insomma, si potrebbe attagliare la frase “Di certo c’è solo che morto” spesa per la fine del bandito Giuliano.

Con lo sberleffo finale della data “scelta” dal Vate per accomiatarsi dal mondo: martedì grasso, il giorno ideale per un assoluto gaudente come il Poeta pescarese-gardesano.

Dopo di che, inevitabilmente… arrivano le Ceneri.

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  Bonera.2