Prima che cominci lo spettacolo, i doverosi e sentiti saluti della Presidente del C.T.B. Camilla Baresani e quelli della sindaca Laura Castelletti, che fa notare l’eccezionalità della presenza di ben 3.000 bresciani venuti a festeggiare i cinquant’anni dell’Ente teatrale cittadino, con una serie di manifestazioni che culminerà, il prossimo 21 settembre, con l’inaugurazione ufficiale del Teatro intitolato a Renato Borsoni.
Salutata dagli applausi del pubblico, sul palco compare la criniera e la sagoma métèque di Simone Cristicchi (affiancato per l’occasione dalla languidamente mediterranea e ispirata femminilità di Amara) che apre con brevi ma suggestive considerazioni personali sul paradossale individualismo della solidarietà e del bene, come valore non contrapposto ma sovrapposto da aggiungere a un più corale impegno Sociale.
Poi a regnare, per le successive due ore, è la Musica di «Torneremo ancora – Concerto Mistico per Battiato», giunto al suo terzo anno di tournée. Un’appassionata cavalcata tra i motivi noti e meno noti del musicista-poeta catanese (secondo il catasto nato a Ionia, città creata dall’amministrazione fascista dalla provvisoria unione dei comuni di Giarre e Riposto), tra ritmi scolpiti da sonorità popolari e raffinati virtuosismi musicali. Non a caso il primo motivo scelto per scaldare a dovere i presenti è «L’era del cinghiale bianco».
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Eccellenti e ispirate le esecuzioni degli orchestrali (Valter Sivilotti, Lucia Cionfero, Igor Dario, Alen Dario e U.T. Gandhi) che accompagnano le esibizioni dei due artisti con tastiera, percussioni e archi, cui si uniscono a tratti gli splendidi gorgheggi della soprano Franca Drioli.
Nei frequenti intervalli parlati, Simone Cristicchi sembra aderire completamente e in modo incondizionato al pensiero e al criptico, evocativo e (appunto!) mistico messaggio di Battiato. Personalmente, però, mi è parso di cogliere gli indizi di una rielaborazione personale laboriosamente rielaborata e interiorizzata nell’intento di farla propria in maniera e misura del tutto originale.
Gli ultimi brani sono “pezzi” dei due cantanti, con un inevitabile quanto struggente riferimento alla strage del 28 maggio 1974 che coinvolge e commuove i presenti. E una miscellanea di successi di Battiato cantata in coro da tutta la piazza.
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Alla fine dello spettacolo, al di là dello stupore che sempre suscita l’armonia e la bellezza della grande musica, resta di Cristicchi la passione, l’esuberanza fisica (e cerebrale) che si riverbera anche nel suo canto e nei movimenti che lo accompagnano costantemente; di Amara l’atteggiamento fiero, il contrasto tra luce e ombre che ne promana, quella voce roca capace di “segarti le reni” non priva di impreviste e imprevedibili variazioni armoniche.
Un’operazione culturale e in un certo senso “storica”, oltre che spettacolare, nella quale forse ridondano citazioni alte riprese da chi tutto vedeva e tutto comprendeva (o tentava di fare). Elaborazioni mentali a volte un po’ troppo intrecciate e contorte riprese forse con uno zelo celebrativo che, forse, lo stesso artista siciliano in certi passaggi avrebbe giudicato eccessivo. Un rischio, del resto, che narrando di una personalità tanto originale e grande, non si può evitare di correre.
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Già, ma a pensarci bene, si tratta di un rischio… o di un’opportunità?
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