In rappresentanza del Teatro Colonna, che ospita il monologo 《La morte esemplare di un parlamentare della Repubblica Italiana》, inaugurando la stagione 2022 / 2023, è Alice Tomasoni, figlia del noto artista Giovanni B. Tomasoni, direttore artistico di varie riviste d’arte, pittore e scenografo per la compagnia teatrale in cui recitava anche la madre. Sensibile all’Arte anche lei, appassionata di ogni genere di manifestazione e sensibile cultrice del bello.
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Sul palcoscenico un leggio, un microfono, il grande fondale nero. Un low profile seguito anche da Roberto Bianchi, autore e interprete, vestito con un completo grigio e, allacciata al collo, una sobria cravatta regimental dai colori smorzati.
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Lo spettacolo inizia con un’articolata riflessione sul suicidio e sull’ipocrisia di mascherarne e mistificarne frequentemente (per malintesi pudori?) le reali motivazioni. Seguono profonde ma mai ridondanti riflessioni sulla storia, sulla politica, sull’essenza stessa della democrazia all’indomani della caduta dell’impero sovietico.
Con un volo alto e poderoso, Bianchi racconta le ultime ore dell’Onorevole Davide Corini, la cui fine fu decretata, sostanzialmente da una parola, dall’epiteto capace di fare vergognare soprattutto gli onesti che, da un giorno all’altro, gli precipitò sul collo come la lama di una ghigliottina : «Ladro!» .
L’arrivo di un primo avviso di garanzia, certo, ma anche i biglietti anonimi e vigliacchi disseminati qua e là nei luoghi frequentati, sotto il tergicristallo dell’automobile, nell’androne del palazzo, pieni di inqualificabili insulti e poco velate minacce. Rese, quest’ultime, ancora più credibili e spaventose, nel clima politico caratterizzato dalle violenze della lotta politica giovanile degli anni ’70. A cominciare dalla morte violenta di Paolo Rossi sulla scalinata della facoltà romana di Lettere, che il deputato era stato tra i primi a commemorare iniziando così la propria carriera politica.
In sostanza, si tratta della recita di un accorato e tragico pamphlet sugli eccessi di una giustizia talmente solerte, in certi casi, da apparire sommaria. E, per quanto riguarda il protagonista della vicenda, fa notare Bianchi rifacendosi alla celeberrima favola di Fedro, un agnello che forse, sia pure concesso, ha contribuito a inquinare un’acqua peraltro già torbida, agendo peraltro per finanziare un’ideale politico, non per riempire le proprie tasche, ma che non per questo si è meritato una pena capitale giudiziaria e mediatica.
Dopo i lunghi applausi seguiti alla conclusione del monologo, ancora qualche minuto di colloquio con il folto pubblico che si è ritrovato al Colonna, nel corso del quale, Roberto Bianchi ricorda che il testo è tratto da un suo romanzo (partigiano, sottolinea, nel senso che è dichiaratamente e trasparentemente di parte) scritto
una decina di anni fa.
«Dedicato, ora si può dire…» ricorda l’artista «a una persona che ho conosciuto bene e che nel personaggio di questa pièce è pienamente riconoscibile.»
Il nome che scivola via dalle labbra, incrinato da una non occultata emozione, è quello dell’Onorevole Sergio Moroni, nato a Brescia e morto suicida nel pieno dell’infuriare della tempesta chiamata Mani Pulite.
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