Brescia Città del Teatro (28) – Allo Spazio Illich è bello anche destrutturare

Cominciamo, per una volta, dalle intenzioni degli artisti: «Il nostro spettacolo Nel Canto Presente” è un progetto di improvvisazione in cui vengono messe in musica alcune poesie italiane della contemporaneità attraverso un procedimento di elaborazione e interpretazione personale dei testi. Il repertorio di poesie include un campione limitato di brani selezionati in base a determinati intenti espressivi e di ricerca; si tratta di poesie italiane rinvenute attraverso una personale cernita di autori e liriche appartenenti alla contemporaneità» dichiara a fine spettacolo Beatrice Arrigoni, la cantante performer bergamasca che, con il milanese Fabrizio Carriero, ha appena finito di esibirsi (e di essere applaudita dai numerosi spettatori presenti ieri sera allo “Spazio Illich”) , per poi aggiungere: «Quanto alla scelta dei testi in senso più tecnico, la selezione è stata condotta in base all’analisi dalle loro caratteristiche in un senso soprattutto formale, e ha portato a prediligere liriche dalla sintassi poco discorsiva e scarsamente articolata, poesie dal carattere evocativo e “simbolico-mistico”, dall’andamento metrico irregolare e frammentato, dal contenuto non narrativo-descrittivo ma di carattere “universale”, in cui mancano cioè riferimenti cronologici e storici precisi. Il grado di “astrattezza” del testo favorisce un lavoro sulla poesia che non carica troppo e non appesantisce, lasciando spazio al “vago” e aprendo a molteplici possibilità di rielaborazione della parola – che in alcuni casi diventa una vera e propria “de-costruzione”, di pari passo col tentativo di trasmettere il senso più profondo del verso, tanto impenetrabile quanto travolgente».

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Tutto ciò premesso, però, come ben sa chi che ha la bontà di seguire con una certa continuità i miei articoli di critica teatrale e (entrando ancora più nello specifico) questa rubrica dedicata in particolare all’effervescente “nuovo” Teatro bresciano, ciò che più mi preme e mi piace mettere in evidenza è ciò che gli spettacoli che scelgo di recensire trasmettono a me e a chi come me siede in platea.

Cosa, in questo caso più che in altri, difficilmente esponibile in termini razionali, rivolgendosi gli artisti -a mio modo di vedere- più al cuore e alla pancia degli spettatori che alla loro mente.

Sensazioni, dunque. Emozioni, suggestioni che si susseguono con la continuità di onde che vanno a infrangersi su una spiaggia.

Sono il rosso e il verde i colori creati dalle luci che illuminano il piccolo ma funzionale palco dello Spazio Illich, con un bel tutto esaurito dei circa cinquanta posti a disposizione e tante altre ricghieste di prenotazione che, a malincuore, l’organizzazione di Biagio Vinella si è trovata costretta a negare per evitare l’overbooking.

Una deframmentazione affascinante e coinvolgente di parole e note. Echi mediterranei, ma non solo, vista la presenza mascherata ma mai irriconoscibile, di ritmi esotici. Musica senza tempo, dalle antichissime risonanze tribali a improvvisi strappi di musica post industriale che richiamano macchinari logori, ancora funzionanti ma prossimi a guastarsi irrimediabilmente e definitivamente, passando per frammenti di madrigali medievali se non dichiaratamente chiesastica messi insieme a canti tribali e di feste pagane… e persino a qualche inserto ispirato a canzoni e ritmi dell’Italia del boom. Ma anche suoni diversi, come sussurri, parole spezzate e sbriciolate come gustosi grissini, sussulti di sofferenza repressa, gingles da vecchi giochi televisivi, cristalline note di xilofono, fuggevoli passaggi che ricordano gemiti orgasmici o il travaglio di un parto, chissà, richiami di animali selvaggi, in una foresta dall’altro capo del mondo. Ma anche suoni diversi, raschiamenti di legno e metallo, uccelli in volo su un oceano in bonaccia, il sorprendente scampanio agreste di un gregge al pascolo.

Un gramelot musicale e vocale in cui le note, insieme alle poesie scelte, tutte di autori contemporanei come le bergamasche Liliana Zinetti, Paola Loreto e Silvia Bre, il pugliese Giuseppe Goffredo, cui si aggiungono alcuni dei poeti più rappresentativi ed ispirati dell’attuale scena letteraria, quali Milo De Angelis e Mario Benedetti e Bruno Lugano, vengono frullate in una marmellata sonora dal gusto indecifrabile ma anche indimenticabile.

E i due concertisti, Beatrice e Fabrizio, semplicemente perfetti nelle rispettive performances. Ispirati, appassionati, coinvolti e, soprattutto, coinvolgenti.

Ma «dopo tanto dolce, giusto che arrivi un bicchierino di amaro, come diceva mia mamma». La stessa, saggissima donna, che amava anche citare un’altra massima: «dopo ogni pasto è sempre meglio bbandonare la tavola con un po’ di appetito», perché «se invece ci si alza troppo sazio, la digestione può diventare difficile e travagliata».

Aggiungendo citazione a citazione, ricordo quello screzio che i leggendari mastri vasari dei tempi della dinastia Ming apponevano servendosi di un’unghia lasciata sempre appositamente non tagliata, sulle loro meravigliose opere al momento di completarle; nell’intento di non suscitare con una perfezione non propria di questo mondo, l’invidia e l’ira degli dei.

Ecco, in un quadro generalmente positivissimo (più che meramente positivo) è proprio questo l’unico minuscolo appunto che sento doveroso ascrivere a uno spettacolo che, con il passare del tempo, non potrà fare meglio che migliorare e perfezionarsi: forse Beatrice Arrigoni e Fabrizio Carriero, sulle ali di un giusto entusiasmo, si sono trovati a mettere in tavola fin troppe pietanze. Talmente tante e talmente appetitose che lo spettatore rischia di rimanerne stordito, perdendone le ultime per la strada: un piccolo ridimensionamento dei tempi e dei pezzi eseguiti potrebbe forse ovviare anche a questa insignificante ma a mio avviso presente insidia di sovresposizione sensoriale ed emotiva.

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Per concludere nel migliore dei modi, una presentazione dei due artisti che il prossimo 28 luglio saranno di nuovo in scena con il loro spettacolo presso la Fondazione Cantiere Internazionale d’Arte di Montepulciano, su invito del compositore bresciano Mauro Montalbetti, direttore artistico della rassegna.

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Beatrice Arrigoni

Cantante, compositrice e improvvisatrice. Frequenta i “Civici Corsi di Jazz” di Milano e si diploma col massimo dei voti in Canto Jazz presso il Conservatorio di Milano. Partecipa a numerosi seminari internazionali di jazz, ottenendo una borsa di studio per il workshop di improvvisazione “Istantanee” organizzato dalla Fondazione Cini di Venezia. Nel 2016 vince il concorso “Acquedotte” organizzato da MIDJ (Musicisti Italiani di Jazz), e nel 2021 è in finale al “MEI Superstage” Jazz contest. Pubblica i suoi progetti di musica originale Innerscape (Emme Record Label), My River runs to thee (TRJ Records), Nel Canto Presente (Honolulu Records). Studia improvvisazione con Stefano Battaglia, composizione con Mauro Montalbetti, e tecnica vocale con la cantante di musica barocca Elena Carzaniga. È membro di numerosi progetti di musica originale e di improvvisazione. Ha suonato a Bergamo Jazz Festival, Sile Jazz
Festival, Festival Miniere Sonore, Festival Area M, Novara Jazz Festival, Piccolo Teatro Strehler, Teatro Arcimboldi di Milano, Teatro San Babila di Milano, Accademia Chigiana di Siena. Ha collaborato con Achille Succi, Stefano Battaglia, Marco Vaggi, Giovanni Falzone, Antonio Zambrini, Claudio Fasoli, Riccardo Luppi, Roger Rota, e molti altri. È laureata in Lettere Moderne col massimo dei voti e la lode.

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Fabrizio Carriero

Batterista, improvvisatore, didatta, si diploma in batteria jazz col M° Tony Arco presso i “Civici Corsi di Jazz di Milano” nel 2010. Studia con Carlo Virzi e approfondisce il linguaggio del “Sound Painting” con Nino Locatelli. Nel corso degli anni partecipa ai “Laboratori Permanenti di Ricerca Musicale” tenuti dal pianista e compositore Stefano Battaglia, prende parte ad un workshop con Michele Rabbia, e frequenta i laboratori di improvvisazione condotti da Roberto Dani nel 2019 e Dal 2018 porta avanti il progetto “Tendha”, basato su proprie composizioni originali a
confine tra Jazz/Progressive/Dance. Nel corso degli anni si sperimenta in svariate situazioni musicali che vanno dal Pop/Rock al Jazz di varie estrazioni, al progressive, al cantautorato, alla musica improvvisata, al teatro, e all’interno di differenti formazioni che vanno dal duo alla big band. Ha collaborato, tra i tanti, con Stefano Ferrian, Francesco Chiapperini, Paolo Tomelleri, Mauro Porro, Simone Quatrana, Luca Pissavini, Arturo Garra, Roberto Rossi, Luca Gusella, Mario Mariotti, Andrea Grossi, e col Novara Jazz Collective. Partecipa negli corso degli anni a numerosi festival e manifestazioni come Break in jazz, Swing ‘n’ Milan, Ritmo delle Città, Ortica in Jazz, Jazz per l’Aquila, Bià Jazz, Umbria Jazz, Trentino in Jazz, Jazz per Amatrice, Strà Festival delle Arti di Strada, Jazz It Festival, Novara Jazz, Ah-Um Milano Jazz Festival, JazzMi; all’estero si esibisce in Slovenia, Slovacchia, Rep. Ceca, Polonia, Austria, Ungheria, Serbia, Germania, Francia, Svizzera, Inghilterra.

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