Brescia, città del Teatro (15) – I Clowndestini e l’eterno incontro-scontro

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In principio erano così…

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La prima “versione” del gruppo comico bresciano Clowndestini, ripresi qualche anno fa al  Caffè Letterario Primo Piano, insieme a Patrizio Pacioni

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Ora, invece, sono così: 

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Maria Angela Sagona e Marco Passarello, gli attuali Clowndestini,

applauditi al termine dello spettacolo di ieri sera al Teatro Colonna.

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Si potrebbe tranquillamente affermare che l’inizio ideale dello spettacolo «C’eravamo tanto sbagliati» andato in scena sabato scorso al Teatro Colonna, è la frase «In principio Dio creò il cielo e la terra» cui seguono, qualche riga più avanti altre significative e conosciutissime parole come «Così l’uomo impose nomi a tutto il bestiame, a tutti gli uccelli del cielo e a tutti gli animali selvatici, ma per l’uomo non trovò un aiuto che gli corrispondesse. Allora il Signore Dio fece scendere un torpore sull’uomo, che si addormentò; gli tolse una delle costole e richiuse la carne al suo posto. Il Signore Dio formò con la costola, che aveva tolta all’uomo, una donna e la condusse all’uomo».

Bene (anzi, male!) Maria Angela e Marco nei 75 minuti di spettacolo ce la mettono tutta per dimostrare che chiunque può sbagliare, e se si dice “chiunque” vuol dire anche “Chiunque” con la “c” maiuscola.

Insomma, l’idea del Creatore di perpetuare la specie umana mediante il connubio uomo-donna non fu esattamente delle migliori, così come quella di rendere più appetibile, tra tanti, con il fascino arcano del proibito, un albero di mele tra tanti (io per esempio preferisco pesche e ciliegie).

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Partendo da Adamo ed Eva, passando rapidamente e con grande agilità per un pensoso Dante e una disinibitissima Beatrice, per le nostalgie da casa chiusa di un picciotto-icona, per arrivare infine agli scogli e ai pericoli che nasconde la navigazione in rete soprattutto nei rapporti tra sessi diversi, i due Clowndestini divertono e si divertono, esprimendo al meglio le proprie qualità interpretative: Marco con la costruzione del perfetto stereotipo del trentenne italico da terzo millennio, vagamente sfigato e moderatamente retrò in memoria delle “feste” in casa e delle gite fuori porta, Maria Angela vestendo con straordinaria disinvoltura i panni di una donna a metà tra la tradizione di genere e la proiezione verso il futuro, sempre in bilico tra sogni e pregiudizi.

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Teatro gremito in ogni ordine di posti, pubblico (in media piuttosto giovane) partecipe e generoso nell’applauso finale. 

Ennesima dimnostrazione che nella nostra città il movimento teatrale è fecondo di iniziative ed eventi capaci diversificati, capaci di interessare diversi strati cittadini e di interagire nel più efficaci dei modi con ciascuno di loro.

 

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