Il gran cuore di Cristicchi emoziona i bresciani

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Dal San Carlino, al Mina Mezzadri, per arrivare al Teatro Sociale, il 2020 della prosa bresciana nasce davvero sotto i migliori auspici.

Sulla lettura scenica di «La sostanza del fuoco» per la rassegna “Teatro aperto”, sulla rappresentazione carica di valori civili, sociali e politici di «I fuoriusciti» ci siamo già ampiamente soffermati proprio sulle pagine di questo blog. Per la serie infinita “Non c’è due senza tre”, ecco che arriva «Manuale di volo per uomo», di e con Simone Cristicchi, terza (riuscitissima) uscita di questo esaltante e indimenticabile gennaio teatrale bresciano.

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Il bianco accecante di una camera di ospedale non assomiglia mai al fulgore del paradiso.

Piuttosto, ed è così nell’intrigante monologo portato in scena ieri sera da Cristicchi al Teatro Sociale,la scena che si presenta agli occhi del pubblico di  «Manuale di volo per uomo» all’apertura del sipario rispecchia quel lucore accecante di un’improvvisa conoscenza che tormenta ancora di più una mente confusa.

Così al candido (altra sfumatura di bianco) Raffaello, capita di ritrovare la madre proprio quando sta per perderla per sempre: «Viva e veggeta» con la doppia g alla romana, anzi «Più veggeta che viva», visto che la povera Mariella Cantalupi altro non riesce ad articolare che penosi lamenti e suoni sconnessi.

C’è di tutto, nel soliloquio del tenero Raffaello, provato da una vita difficile fino ai limiti dell’umanamente sopportabile, uno dei tanti “da soli” (così suggestivamente si definisce) che popolano i posti più sfortunati e maledetti di una città. Innanzitutto l’auto narrazione di un’esistenza dannata: la nascita da una madre prostituta, che ben presto diventa assente, un incidente sfiorato da bambino, da interprete dell’angelo di un presepe vivente precipitato incolume al suolo da un’altezza proibitiva,  un altro invalidante occorso davvero più tardi, in seguito a un innocente quanto infantile fuori tempo delirio di onnipotenza, le difficoltà di sostentamento e di relazione.

Poi una analisi solo apparentemente semplice e superficiale, ma in realtà profondissima, in quanto costruita sì, con la mente dell’autore, ma filtrato attraverso il cuore di un attore mai come in questa occasione centrato sull’identificazione di vissuto reale e interpretazione sul palcoscenico, come nessun accorgimento da “metodo stanislawskij” potrebbe mai consentire: filtrata dalla spesso corrosiva ironia e autoironia tipica del popolo romano, Cristicchi-Raffaello passa in rassegna visi (soprattutto) e virtù (poche ma significative, come la più pura solidarietà, quella disinteressata che sorge tra poveri di averi e di spirito) che caratterizzano una società civile cinica o disattenta, ed è difficile quale dei due aggettivi possa alla fine risultare più negativo.

Infine tante voci, tra le quali si distinguono quella della “suora baffona”, spinosa ma saggia e solerte; un becchino filosofo; l’amico ferramenta che aiuta Raffaello dandogli lavoro ma, soprattutto, compagnia e vicinanza umana, l’amata Yelena, altra prostituta più sfortunata e disperata, forse, della stessa madre del protagonista, uccisa alla fine dal racket «come se fosse una cagna».

Essenziale ma di straordinaria efficacia la scenografia, struggente, in molti casi, l’accompagnamento sonoro.

Una sorpresa, al calare del sipario, dopo un primo e generoso giro di applausi, l’inizio di un extra-timing nel corso del quale l’attore si toglie la sottile maschera del personaggio e conferma un’identificazione ideale che i più sensibili spettatori avevano già fatto propria.

Regalando anche al pubblico entusiasta e commosso una bella canzone.     

Tutto bene, dunque, però…

… consentitemi, però, una volta riferito degli applausi e delle acclamazioni che hanno accompagnato la seconda e definitiva chiusura del sipario, di compiere un piccolo rito scaramantico. Come certo saprete (e se non lo sapete ve lo dico io ora) nell’antica Cina all’epoca della dinastia Ming i maestri vasai incidevano con un’unghia una piccola screziatura sui vasi di preziosa porcellana che avevano appena finito di creare, nell’intento di evitare l’ira degli dei invidiosi al cospetto di tanta bellezza e perfezione.

Allora un piccolo difetto, da romano, voglio trovarlo anch’io: l’impressione che il bravissimo Simone, fuorviato da anni e anni di cura perfetta della dizione, abbia un po’ perso qualcosa dell’autentica “calata” romanesca. Suggerisco una cura a base di coda della vaccinara, carciofi alla giudia, pasta cacio e pepe, e pajata.

Spettacolo eccezionale, commovente e di grande spessore, da non perdere.

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Manuale di volo per uomo

scritto da Simone Cristicchi e Gabriele Ortenzi
con la collaborazione di Nicola Brunialti
regia Antonio Calenda
con Simone Cristicchi
aiuto regia Ariele Vincenti
scene e costumi Domenico Franchi
musiche originali Gabriele Ortenzi
disegno luci Cesare Agoni

produzione Centro Teatrale Bresciano, Teatro Stabile d’Abruzzo – dal 21 al 26 gennaio presso il Teatro Sociale di Brescia

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