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Mario Zamma è un attore con la A maiuscola, alla ribalta praticamente da quando ancora indossava i pantaloni corti, una vita trascorsa nel continuo sforzo di migliorarsi nonostante i successi riportati praticamente in ogni avventura artistica in cui si è impegnato. Istinto, talento naturale e preparazione teorica portati avanti insieme, come non tutti coloro che praticano il suo stesso mestiere sono in grado di fare.
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Quando ho saputo che si era creata l’occasione di intervistarlo, non ho esitato un istante a prendere contatto con lui.
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Mario, scorrendo il tuo lungo e articolato curriculum, costellato di successi e incontri e collaborazioni con grandi artisti, mi sono reso conto che hai cominciato a esibirti giovanissimo, dopo di che… non ti sei più fermato. Quale fu la prima scintilla che ti portò a metterti in gioco sul palcoscenico?
In realtà mi sono avvicinato al mondo dello spettacolo fin da quando avevo cinque anni, attraverso il canto. È successo in modo spontaneo e naturale, considerando che i miei fratelli più grandi hanno sempre condiviso anche con me la loro passione per la musica. Avevano messo insieme uno di quei gruppi musicali che allora chiamavano “complessi”, dunque li ascoltavo in continuazione e cantavo le loro canzoni di ogni genere musicale, compresi tanti brani di musica leggera di produzione nazionale. Partecipai a numerosi festival per bambini, esibendomi con le “canzoni dei grandi” e vincendo numerosi premi. Insomma, la scintilla è scoccata in casa!
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Uno dei rischi che un uomo di spettacolo è costretto a correre, nel corso della sua carriera, è quello che, essendo costretto a cambiare continuamente maschera, possa finire per perdere qualcosa della propria identità. A maggiore ragione per quanto ti riguarda in particolare: sono rimasto letteralmente impressionato dal numero di personaggi famosi ai quali hai saputo prestare anima e corpo. Qualcuno di loro ha mai tentato… di impossessarti di te?
Per chi decide di intraprendere questo difficile ma meraviglioso mestiere, si tratta in realtà di un rischio calcolato. Un artista sa perfettamente che per ogni suo nuovo lavoro sarà costretto a svuotarsi di se stesso per riempirsi del personaggio che viene chiamato a interpretare e lasciare spazio alla sua anima. Ciò vale sia se si tratti di portare in scena personaggi famosi realmente esistiti che di calarsi nei panni di personaggi di fantasia, tutti da inventare, seguendo le indicazioni del testo. Malgrado ciò, ti posso assicurare di non aver mai corso il rischio di rimanere succube, o addirittura imprigionato, di questo processo di immedesimazione, nonostante le richieste di replicare a lungo personaggi che dimostravano di funzionare particolarmente, incontrando i favori del pubblico.
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Se dovessi citare una interpretazione o uno spettacolo del quale sei rimasto particolarmente soddisfatto, quale sceglieresti? E, senza sentirti obbligato a rivelare dettagli, c’è invece qualche lavoro al quale preferiresti non aver preso parte?
Ci sono molti spettacoli al quale sono molto legato del passato, tantissimi dei quali premiati da un grande successo di pubblico, .sia in sala che in tv, primi tra tutti quelli legati alla pregevole Compagnia del Bagaglino di cui faccio parte da circa trentacinque anni o, per la regia di Pierfrancesco Pingitore. Lo spettacolo al quale sono più affezionato e che credo mi abbia dato maggiore soddisfazione, è lo quello che io stesso ho scritto a quattro mani con Roberto D”Alessandro che ne ha curato anche la Regia: «Sbussolati». Per quanto riguarda la seconda parte della domanda, non ho alcun ricordo spiacevole legato a questa o quella partecipazione. E poi, come si suol dire (ma purtroppo spesso ci passa di mente), non dimentichiamo che ”il lavoro nobilita l’uomo”. Sempre e comunque.
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Si fa presto a dire “comico”. Un attore del tuo spessore custodisce al proprio interno anche preziose note di interiorizzazione e drammaticità. Mi vengono in mente le parole di Oscar Wilde «La vita è una cosa troppo importante, per prenderla sul serio». Tu cosa ne pensi?
Personalmente trovo che la parola comico, che pure non certo è priva di un suo valore intrinseco e di una grande dignità, sia riduttivo per chi voglia essere e manifestarsi attore a tutto tondo, che dovrebbe essere in grado di ricoprire con naturalezza ciascun tipo di ruolo. Un po’ più complessa la questione quando, oltre a essere solo l’interprete di uno spettacolo, ne sei anche l’autore… ma la sostanza non cambia. Sono convinto, inoltre, che nell’anima di un grande comico di solito si annidi una grande malinconia; mi viene in mente quella vera e propria bipolarità che contribuì a creare la magia del grandissimo Totò.
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Mario Zamma attore ma anche uomo di musica e scrittore, con preferenza per la poesia. Quanta valenza rivestono, nella tua personalità artistica e nella tua vita, queste diverse modalità di espressione?
La musica, come ho raccontato all’inizio, mi ha appassionato fin da piccino. Ovviamente ha rivestito in questo un fondamentale ruolo la mia frequentazione del Conservatorio che mi consentì di imparare a suonare bene il pianoforte. La musicalità e la gestione dei tempi sono componenti importanti per chi vuole fare l’attore; riconoscere e padroneggiare l’altezza dei suoni, il ritmo che si acquisisce .suonando, risultano formativi di eccezionale efficacia. In seguito alla musica si è aggiunta anche la scrittura che, gradualmente, si è trasformata nella faccia diversa ma complementare della recitazione. Preferisco e pratico il genere brillante, a cominciare dal titolo del primo libro, «MalinComico» (che un po’ risponde anche alla domanda precedente!). Insomma, una volta che comincio a scrivere, ironia e satira arrivano da sole. Quanto a «Poesiando io» è tutt’altra cosa: è lirica poetica, un’autentica magia, attraverso un improbabile gerundio che vuole mettere in evidenza il mio poesiare, che equivale a guardare dal di ciò che ogni giorno mi vcapita di incontrare lungo la mia strada.
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So che, tra le tante cose che fai, in questo periodo ti stai impegnando nella preparazione di «Stasera mi butto», una commedia (ma non solo) scritta da Patrizio Pacioni per la regia di Giancarlo Fares. Al tuo fianco saranno Alessia Fabiani e Salvo Buccafusca. Senza fare spoiler, puoi dirci per sommi capi di cosa si tratta e con che spirito ti ci stai approcciando?
Si tratta del nuovo progetto «Stasera mi butto» di cui sono in corso le prove: una bellissima tragicommedia scritta magistralmente da Patrizio Pacioni che, nel corso del lockdown, mi diede leggere l’amico Salvo Buccafusca (altro interprete della pièce. È la storia di un uomo qualunque che vede ancora una volta la propria squadra del cuore (il Benevento – ndr) derubata di una sacrosanta vittoria da una squadra più prestigiosa e –soprattutto- più ammanicata. La vecchia ma sempre attuale storia della prepotenza esercitata dai potenti contro i più deboli, insomma. L’uomo sale sul tetto del suo palazzo, minacciando di gettarsi nel vuoto qualora non venga disposta l’immediata ripetizione della partita. Da questo spunto narrativo nasce una vera e propria lotta tra il bene e il male, che vede il protagonista, da autentico sognatore qual è, battersi per un mondo che somigli più a quello di William Shakespeare che a quello di Bill Gates, che non gli riesce proprio di accettare. Trovo bellissima ed evocativa una frase che esce dalle sue/mie labbra: «Nessuno ha il diritto di infrangere un sogno perché è solo e soltanto in un sogno.» Una graffiante satira contro questa orrenda Televisione di oggi che cerca profitto ovunque, anche spettacolarizzando le tragedie e le miserie umane, impersonata da un improbabile giornalista d’assalto interpretato da Salvo. A completare il quadro il sopraggiungere dell’ex moglie (Alessia Fabiani) che cerca di far desistere il protagonista dal compiere il gesto inconsulto. Un incontro a distanza di anni nel corso del emergono ricordi e pensieri inespressi che segnano, probabilmente, i contorni di una storia d’amore crudelmente ferita ma, probabilmente, mai finita. Una bellissima storia nella quale, ne sono convinto, molti spettatori finiranno per rispecchiarsi e riconoscersi, trovando (oltre a tante franche risate) anche intensi e stimolanti strumenti di riflessione.
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Cos’altro stai preparando, per il prossimo futuro… e anche per il meno prossimo?
Sto lavorando anche in radio con una trasmissione dal titolo «Zammazone» che va in onda il sabato dalle 14 alle 16 sulle frequenze di Radio Roma Capitale. Abbiamo acceso i motori con grande fiducia, sperando che chi gestisce la benzina ce ne dia a sufficienza per non spegnere mai, in noi che siamo al microfono e nei nostri ascoltatori, quel carburante fondamentale della vita che sono le Emozioni
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Mario Lomazzo, in arte Mario Zamma, nato a Sorbo, in provincia di Avellino, nel 1965, è un artista versatile e poliedrico: attore, imitatore, cantante, musicista e scrittore. La sua carriera nasce con la trasmissione «Fantastico 6», condotta da Pippo Baudo, nella quale si esibisce tra i giovani talenti. A seguito anche della successiva intervista di Lello Bersani nel popolare settimanale di informazione e spettacolo di Rai 1 «Prisma», viene notato da Gino Bramieri che lo vuole con sé nel varietà «GiBi Show» in onda sulle reti Mediaset. Successivamente entra a fare parte della compagnia teatrale Il Bagaglino, diretta da Pierfrancesco Pingitore, dove in breve diventa una colonna portante degli spettacoli messi in scena allo storico locale romano Salone Margherita e dei tanti programmi televisivi (in onda il sabato sera prima sulla Rai e poi su Mediaset, che ne deriveranno («Saluti e baci», «Champagne», «Rose rosse», «Crème Caramel», etc.). Da ricordare, per arguzia, intuito e capacità di rappresentazione, le caratterizzazioni di noti personaggi che hanno caratterizzato la vita politica degli ultimi decenni, come Ciriaco De Mita, Rosa Russo Iervolino, Rosi Bindi, Buttiglione, Di Pietro, Romano Prodi, Giulio Tremonti, Beppe Grillo, Angela Merkel, Giuseppe Conte, Matteo Salvini e tanti altri. Dalla frequenza del Conservatorio Domenico Cimarosa di Avellino (e da un innato talento naturale) gli derivano notevoli capacità anche in campo canoro e musicale. Unendo tali doti a quelle di imitatore, ha indossato le vesti di innumerevoli cantanti, accompagnandosi da solo al pianoforte: indimenticabili le interpretazioni di Lucio Dalla, Pino Daniele, Gino Paoli, Edoardo De Crescenzo, Vasco Rossi, Ornella Vanoni… Ricordiamo, ancora in teatro, il suo ruolo da protagonista nella commedia «Tre papà per un bebè» per la regia di Roberto D’Alessandro. Per il cinema è nel cast del film diretto da Adolfo Lippi «Le ragazze di via del Corso». Per la tv gira il telefilm in costume «Senator» (prodotto da Rai 2 per la regia di Franco Lazotti e compare in un cameo nel lungometraggio «Un plus une», diretto dal regista francese premio Oscar Claude Lelouch. Ricordiamo per ultima, ma non certo secondaria, la sua attività di autore e scrittore, a cominciare dallo spettacolo «Sbussolati» (che ha già superato le cento repliche in tutta Italia) per arrivare ai due libri di poesie dal titolo «Malincomico» (2018) e «Poesiando Io» (2021).
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Grande uomo di spettacolo puro, mai volgare né tantomeno offensivo nelle sue performance, la definizione geniale le si addice in pieno. Personalmente l’ho conosciuto , uomo umile e schietto. Un grande artista