Le Uova di Colombo (34) – Chi ha orecchie per intendere… in tenda!

Attenzione: qui si trattano OVVIETÀ NON PERCEPITE: spunti di riflessione su quegli argomenti che sembrano banali e scontati ma che, per molteplici quanto validissime occasioni, molto spesso non risultano affatto tali.

Ormai ne parlano un po’ tutti e se ne parla dappertutto. Non solo sulle pagine di tutti i quotidiani, ma nei TG (“approfondimenti” compresi), nei talk show, nelle piazze, nelle case, nei bar…

Ciò che sta succedendo a partire dai primi giorni di maggio a Milano e, dopo il capoluogo meneghino, in moltissime altre città italiane, si può raccontare, in modo visivo, con la trasformazione dei centri storici e delle zone limitrofe ai maggiori atenei nazionali in tanti accampamenti di pellirosse simili a quelli rappresentati nell’epopea western del cinema made in Holliwood.

In realtà, l’età media degli accampati (nella grande maggioranza studenti universitari di pura razza italica) varia tra i 20 e i venticinque anni. Il tema della protesta (perché di questo si tratta) è il caro-prezzi degli affitti brevi, che sta trasformando la frequenza dei c.d. “fuorisede” in un’impresa titanica nella quale possono avere speranza di riuscire solo i figli dei milionari.

Pere dire la verità non si tratta di un episodio del tutto nuovo alle cronache, visto che circa un decennio orsono qualcosa di simile, con motivazioni analoghe, si era svolto in Israele e precisamente a Tel Aviv, allargandosi poi alle altre principali città del Paese.

Anche in questa occasione c’è una Greta Thunbergh del caro-affitti, una studentessa ventiduenne proveniente da  Alzano Lombardo che frequenta la facoltà di Ingegneria del Politecnico di Milano. Per le cronache la novella Giovanna d’Arco risponde al nome e cognome di Ilaria Ramera.

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Al di là delle motivazioni alla base di questa clamorosa azione di dissenso, effettivamente l’attuale situazione, in progressivo peggioramento, presenta diversi aspetti degni di attenta riflessione.

Problema 1: accentuazione di un certo classismo del censo e del reddito in virtù del quale (almeno in apparenza) solo nelle famiglie che dispongono di adeguati capitali e/o di costanti quanto consistenti flussi di reddito è possibile assegnare ai pargoli adeguate dosi d’istruzione di eccellenza e, dunque, più interessanti prospettive per un futuro migliore.

Problema 2: in seguito all’esodo di migliaia di giovani da un sud già socialmente problematico e bastonato da un sistema economico geograficamente penalizzante, verso un nord dotato di più pingui risorse, si genera una corrente di trasferimenti monetari di grande rilevanza. Non solo gli affitti, ma le tasse scolastiche, il vitto, l’abbigliamento, l’utilizzo dei mezzi di trasporto sul territorio, le spese per un intrattenimento irrinunciabile da parte dei giovani studenti (beati loro!) contribuiscono ad alimentare un flusso economico piuttosto bizzarro: quanto guadagnato (a fatica) dalla parte d’Italia meno ricca, infatti, confluisce in un contesto territoriale più strutturato che di queste risorse extra gode assai, pur non essendone dipendente.

Problema 3: insieme al denaro, per quanto ovvio, finisce per spostarsi da meridione a settentrione anche un’incommensurabile quantità di eccellenze di capitale umano, visto che -molto spesso- chi al nord si forna e si laurea, al nord rimane a lavorare (sempre che, come uccelli migratori, menti e corpi non volino all’estero).

Dunque?

Dunque questa volta le uova che vi somministro sono ben due.

Perché, vedete, anche in questo caso, come troppo spesso accade in Italia, e come avrebbe commentato Ennio Flaiano, «la situazione è grave ma non seria».

Perché anche in questo caso c’è una moltitudine di ggente che continua ostinatamente a fissare il dito anziché la luna che lo stesso sta indicando.

Non è detto e soprattutto non è vero che le cosiddette eccellenze si trovino soltanto al nord. Ci sono atenei di grandissima tradizione e di altrettanto indiscutibile prestigio in molte altre parti d’Italia. Vogliamo parlare della facoltà di medicina di tradizione romana? Oppure delle facoltà di giurisprudenza di alcune “capitali” del pensiero giuridico nazionale stanziate a Napoli e in Sicilia. E potrei andare avanti ancora un bel po’. Dunque i giovani imparino innanzi tutto a riconoscere le pregevolezze didattiche presenti sul proprio territorio, e agiscano di conseguenza, invece di rincorrere miti.

E… possibile che nessuno si renda conto (o voglia almeno farlo) che la prima risposta a eventuali dislivelli di formazione non è quella di favorire le migrazioni ma di curare la perequazione della formazione di livello universitario in ogni regione del Paese? Insomma, parafrasando la famosa frase comunemente attribuita a Massimo D’Azeglio «Fatta l’Italia, bisogna fare gli italiani» in una più aggiornata e pertinente «Fatta l’Italia, bisogna rendere competitivi tutti gli atenei nazionali, ovunque si trovino»

«Impresa non da poco», obietterà certamente l’immancabile Grillo Parlante. Stavolta a ragione, devo ammetterlo. Si tratta di una di quelle operazioni che richiedono il massimo impegno e tempi non brevi, in attesa dei quali, posso concederlo, qualche intervento di supporto ai fuorisede può risultare più che opportuno, a patto però che, divenendo strutturale, non rappresenti una comoda scusante per lasciare le cose esattamente come si trovano adesso..

«Impresa non da poco», già. Personalmente, però, reputo, sperando di non essere il solo di questo avviso, di quelle «da poco» non se ne avverte la necessità e, probabilmente, sarebbe bene per tutti accantonarle e metterle via, al più presto e una volta per tutte.

E buona frittata a tutti.

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Questa immagine ha l'attributo alt vuoto; il nome del file è PatRosso.jpg   Patrizio Pacioni (*)

(*)  Scrittore, drammaturgo e blogger