I lettATTori di Elisabetta (ri)lasciano il segno

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«Ciò che ci ha incuriosito, in questo testo («La madre della pulzella») è il fatto che uno dei più  noti e tipici episodi della storia europea venga raccontato da un’autrice USA (l’esperta Jane Anderson) dichiara Elisabetta Pozzi, porgendo il benvenuto al pubblico che affolla il San Carlino.  «Insomma, un personaggio e un accadimento molto europei che vengono trattati in modo molto americano».

«Questa pièce, scritta in un linguaggio tipicamente popolare, è andata in scena circa un anno fa a New York per l’interpretazione di Glenn Close» ricorda a sua volta Monica Capuani, che ha tradotto in italiano.

Poi si parte e, attraverso l’interpretazione del prestigioso gruppo di attori scelti da Elisabetta Pozzi (che veste con la consueta straordinaria sensibilità i panni della madre-narratrice), ci si cala fino in fondo nell’atmosfera guerresca del XV secolo, nella Francia invasa e oppressa dall’esercito inglese. Ben presto, gli spettatori si dimenticano (come spesso accade negli eventi di questa rassegna) di star assistendo a una lettura scenica e non a una vera  e propria rappresentazione, appassionandosi all’ascesa e alla caduta della visionaria Pulzella D’Orléans, al passaggio di un’intera famiglia prima abbagliata dalla vertiginosa ascesa di Giovanna e poi incenerita dalla tragica fine della stessa, usata e abbandonata alla guisa di un utensile funzionale ai giochi di potere della politica.

Per quanto riguarda l’opera in sé, si tratta effettivamente di una lettura molto particolare della storia della sfortunata Giovanna d’Arco, che va presa per quello che è e non per quello che ci si potrebbe aspettare che fosse (vale a dire una forma di rievicazione storica): un divertissement consapevolmente scevro di pretese ideologiche, tranne un velato e tiepido antipapismo all’anglosassone, con la Pulzella e i suoi cari che vengono (consapevolmente) dipinti, e parlano e si muovono, in una provocante e stuzzicante contaminazione tra i personaggi di Happy Days (Giovanna-Joanie,  suo fratello-Fonzie, il padre-Howard Cunningham)  e una famiglia “borgatara”. 

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Nell’insieme un lavoro molto ben scritto, cui non fa difetto l’alternarsi di momenti ironici e di incisi di grande coinvolgimento emotivo, un gioco nel quale, prima tra tutti, si compiace e si diverte molto la drammaturga, un prodotto che un pubblico appassionato e competente mostra comunque di gradire, come testimoniato dai lunghi applausi che ne salutano il finale. Il che, in fondo, al di là di considerazioni intellettualistiche o pseudo-tali, alla fine è proprio ciò che conta.

Insomma, se avvicinare il pubblico al Teatro in modo nuovo e stimolante, la missione di “Teatro Aperto” è ripresa anche quest’anno e continua con pieno successo.

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