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Il posto è questo: talmente bello da non sembrare vero, alla pari di altri scorci della parte più intrigante di Brescia, tutti vicoli suggestivi, archi, antiche pavimentazioni, chiesette, balconcini. Via Gabriele Rosa, lungo una stradina che s’inerpica in direzione del Castello che veglia da secoli, severo e rassicurante (tranne per quelle cannonate sparate dagli austriaci sui patrioti, in certe “giornate” decisamente da ricordare, ma ormai è storia vecchia…) sulla Leonessa d’Italia.
La piccola chiesa di San Desiderio, incastrata come un autentico gioiello tra vicolo Sant’Urbano e via Gabriele Rosa, ridotta praticamente a un rudere, prima che cominciassero a prendersene amorevole cura Antonio Fuso (registra teatrale leccese trapiantato al nord praticamente da una vita) e compagni.
Nacque così l’avventura di Scena Sintetica che, all’alba degli anni ’90, fece dell’antico sito la propria sede. Più che un’avventura, un’autentica sfida al limite dell’incoscienza. Perché, come si sa, «Lunico che può vincere una battaglia impossibile è un generale folle».
Antonio Fuso (nella foto a sin) ritratto all’interno della sua “tana” con lo scultore-pittore veronese Giovanni Marconi (al centro) e l’attore e scenografo bresciano Guido Uberti (a dx).
Dal momento della sua fondazione a oggi, Scena Sintetica non si è fermata più.
Nonostante un a volte problematico con l’etablishement e l’intellighenzia culturale cittadina, l’amore per il Teatro e per le Belle Arti hanno trovato al numero 4 di via Gabriele Rosa, accogliente rifugio e ideale base di azione.
«Ci siamo impegnati, e continuiamo a impegnarci ogni giorno nella diffusione della cultura, sotto ogni sua forma espressiva, e nel pieno recupero di questo splendido e prezioso andito» confida, orgoglioso Antonio Fuso.
«Il fatto che da parte nostra si sia deciso di andare avanti senza chiedere nulla o quasi nulla, però, invece di favorirci, ha ingenerato sospetti. Purtroppo è così che, ancora nel terzo millennio, continuanoa funzionare le cose qui da noi» sottolinea subito dopo, contrariato, ma mai domo.
Proprio in questi giorni sono in programma due significativi eventi che, per chi ne avesse la possibilità, risultano assolutamente
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Quattro delle opere in esposizione. «A ispirare i mie quadri è l’anima immanente della Natura, le grandi foreste, la spiritualità nordica, i grandi spazi e le grandi, solenni solitudini dei boschi, interrotte da radure che rappresentano, al tempo stesso, oasi di pace e momenti di grande interiorizzazione» spiega Marconi, mentre passiamo in rassegna, in assoluta anteprima i bei quadri che, a partire dal vernissage di venerdì, fino al 16 aprile, i bresciani avranno l’opportunità di ammirare. Opere suggestive dai suggestivi nomi: da “Nemeton – Radura consacrata” (dall’antico termine Nemos=Cielo) a “La via del verde“.
In San Desiderio, invece, per il Teatro, andrà in scena nel prossimo weekend la pièce di Antonio Fuso sul grande poeta russo Osip Ėmil’evič Mandel’štam (1891-1938) venerato dai grandi del suo tempo (Pasternàk, Achmàtova, Cvetàeva) … «All’inferno non si canta» , tratto dal libro (sempre opera di Antonio Fuso) «OSIP MANDEL’ṦTAM dal Gerundivo all’Inferno»
(in replica al Teatro San Desiderio domenica 12 marzo a partire dalle ore 18 – ingresso libero)
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Bonera.2