Goodmorning, Brescia (24) – Tra champagnone, ciciare e sballo casareccio

Ho letto un libro che pochi hanno letto e che forse nessuno leggerà ancora.

Menti cool, di Robert J.F. è un volumetto di 90 pagine senza titolo né autore in copertina, senza casa editrice, senza numeri di pagina, (le ho contate a mano) senza “allineamento giustificato” ma scritto correttamente, in uno stile diretto e non convenzionale, prezioso soprattutto per fissare un microscopico ma molto significativo brandello di minimale storia cittadina.

–ono la noia e la leggerezza del vivere, che la fanno da padrone, sublimate nell’indolente nomadismo notturno di chi cerca di riempire con languidi piaceri il vuoto pauroso di un’esistenza –he si consuma senza lasciare tracce, con i bagliori freddi e caduchi di una girandola accesa nella notte di San Silvestro. Tutto passa sin troppo velocemente

… perché l’Ultimo (dell’anno) è appena passato, domani circa è già Carnevale, dopodomani arrivano le colombe e le uova di Pasqua, ti distrai un secondo e l’estate ci porta al mare, creme solari, granite, onde e torni dalle vacanze che inizia l’autunno, le foglie cadono rapide, bevi tre birre all’aperto ed è già Natale …”

Insomma, la domanda che ci si ripresenta nella mente e nell’anima con allarmante frequenza:

“è già passato tutto questo tempo?”

e che ci porta, per dirla con Trilussa alla destabilizzante scoperta che questo nostro passaggio altro non è che

’n ‘affacciata de finestra”.

Soprattutto in quegli anni più brevi dei tanti anni brevi, quelli che velocemente percorrono l’impalpabile via di mezzo che dalla laurea porta al lavoro.

C’è una colonna sonora, in questo racconto, ma è quella disordinata e causale, lasciata fuoriuscire da un’autoradio, con i vetri della macchina abbassati, naturalmente, lasciata a vomitare fuori note allo stato brado; quella che canti mentre radi la barba, o sotto la doccia, o in compagnia di tipi stonati e brilli quanto te. Duran, Spandau, Rolling Stone, Vasco, Coldplay, o Pearl Jam, chissenefrega.

Mojto e champagnone (ma che voglia di bere che fa venire ‘sto nome) in cui annega gnocca vera e presunta, tra il piazzale Arnaldo delle fighe di legno, i viali della Maddalena dove si portano le tipe “ad appannare i vetri”, tra Zilioli, il Pago e La Torre di Gardone Riviera. Dovunque sia, con le Timberland ai piedi, purché ci si muova, perché a stare fermi può raggiungerti il niente, e poi sono cazzi.

Magari, se non ci stai proprio attento, finisci addirittura per sposarti, cioè di contrarre uno “schiavimonio” in cui, dopo aspra lotta, uno a scelta di quelle incompatibili bestie che decidono di condividere il proprio cammino, dovrà arrendersi senza riserve all’altro. È qui che le pagine di Robert J.F. si fanno più riflessive: non più racconto di vita vissuta ma esplorazione di vita immaginata, un po’ come la prima passeggiata dell’uomo su un pianeta sconosciuto, tutto da esplorare, ma a lungo studiato da lontano con un potentissimo cannocchiale. Qualcosa si sa, qualcos’altro si conosce per sentito dire, di certo c’è solo la difficoltà, se non l’impossibilità dell’impresa. Rispetto per le vittime delle tante separazioni e divorzi con un occhio ai furbi avvocati che, di fronte alla crisi della famiglia, si fregano golosi le mani.

E per concludere, direi inevitabilmente, lo sguardo si alza e la vista si allarga: un’Italia tanto ammirata quanto disprezzata, una classe politica che ha perso credibilità e chissà quando potrà riacquistarla, gli italiani che scappano, cercando di eludere il problema e quelli che restano, soffrendo ma  rimboccandosi le maniche per cambiare qualcosa. Forse può servire un ritorno al privato, perché no, purché però non ci si chiuda troppo al prossimo, purché si capisca che chi frega la Comunità, alla fine dei conti, sta fregando se stesso. Un’ultima ramanzina a una “donna”, così amata e così sconcertante, che sembra ancora in mezzo al guado, tra il perbenismo della nonna, una malintesa necessità di maschilizzazione e la dipendenza  da social network, fatta di selfie e di finti sorrisi, tra lezioni di yoga e concerti di musica sinfonica: ma alla fine ne viene fuori una preghiera, un richiamo alla genuinità erduta senza rinuncia alla modernità, più che un’invettiva.

Qualunquismo? Discorsi da bar?

No. Pacato buon senso, che riesce a moderare anche ineluttabili tentazioni di violenza.

E poi, me lo sapete dire che male c’è a parlare in un bar (bresciano, naturalmente), in mezzo agli amici, con una coppa di champagnone in mano?

 

Titolo: Menti cool

Autore: Robert J. F:

Editore: auto-prodotto

Pagine: 90

Prezzo: 11 €

ISBN: 978-88-91092-33-5

 

   Bonera.2