Goodmorning Brescia (112) – A caccia di nuvole, tutti insieme, in un… Sospiro

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In cielo le nuvole spinte dal vento, nel mare le onde che si rincorrono fino a infrangersi sulla spiaggia: tutto fluttua, tutto scorre, πάντα ε, a dirla con le parole di Eraclito).

E nel fluire di ogni giorno, dall’alba al tramonto, dei mesi, delle stagioni e degli anni, ogni cosa trova il suo posto, ogni affanno la sua consolazione, attraverso il rifugio nella memoria, liquida anch’essa: le filastrocche di un’età felice che, anche se non ci fosse mai stata, emerge coloratissima come la grande lenzuolata policroma che costituisce il centro temporale e ideale dello spettacolo «Il volo – storie da un altro cielo», messo in scena venerdì sera  da “Teatro tra le nuvole” (compagnia di teatro integrato condotta da Claudia Scaravonati, che vede coinvolti i residenti di Fondazione Sospiro insieme a numerosi ed entusiasti volontari) al Piccolo Teatro Libero di Sanpolino.

A partire dai primi mesi dell’anno, Fondazione Istituto Ospedaliero Sospiro si è impegnata in una nuova «sfida educativa» proponendo agli ospiti della Residenza Sanitaria Disabili Leonardo Arvedi di via Mantova un’impegnativa attività teatrale, aprendo l’iniziativa a quelli “esterni” che desiderino e si prestino a confrontarsi in modo collaborativo con persone con disabilità intellettive o disturbi del neurosviluppo di varia tipologia e  livello. 

Torniamo allo spettacolo, nato da un progetto della già citata Claudia Scaravonati con la collaborazione di Valeria Della Valle , con l’accompagnamento al piano e dal vivo di Luca Pietta e l’illustrazione di Riccardo Guasco. Tra danza e musica, uno per uno, gli attori raccontano, con stupefacente naturalezza e grazia, il proprio presente e (soprattutto) i propri ricordi, rielaborati dalla fantasia: persino chi è nato e cresciuto tra il cemento dei condomini, rammenta prati verdissimi, e Il profumo inebriante dei fiori, dell’erba e della lavanda, al posto dell’acre odore di benzina.

 

  

 

 

Il tempo è un filtro che, a saperlo utilizzare bene, lascia solo l’essenza ineffabile di una immaginifica, ma non per questo meno reale e tangibile, serenità: così una vecchia soffitta può diventare un teatro, un lenzuolo si trasforma in sipario ed è l’immaginazione ad andare in scena. Tanti pastelli e matite colorate per rendere più bello il mondo, ed è destinato a rimanere imbattibile il sapore delle caramelle golosamente gustate da bambini. La sensazione calda e confortante dei cari, caldi abbracci dei parenti che non ci sono più, sa riscaldare anche gli adulti, a patto che sappiano rimanere sempre un  po’ fanciulli.

Il presente è adesso!”  ricorda e raccomanda una ragazza, accompagnando le parole con argentini tintinnii di triangolo. “È adesso che bisogna vivere!”,  aggiungo io.

E allora, se si sa plasmare il passato come dolce rifugio e il presente lo si riesce effettivamente a interpretare con serena intensità, ora, all’istante, come può incutere timore il futuro, per quanto incerto e difficile possa sembrare?

 

 

Finisce com’è giusto che finisca: con gli spettatori (ben più degli 80 che può contenere il teatro) che applaudono in piedi, a lungo, con grande entusiasmo, il prodigio che hanno visto manifestarsi sul palcoscenico, e gli attori  che (insieme al pubblico, agli educatori e ai volontari che si sono impegnati a mettere in scena questo spettacolo),  condividono e moltiplicano la propria gioia.

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   Bonera.2