Capponi, caproni & caporioni

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Attenzione: questa volta vi parlerò di qualcosa di cui non vi avrei voluto mai parlare.

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Quand’ero bambino, e anche qualche anno più avanti, mia Mamma mi rimproverata aspramente se deponevo sulla tavola dove si stava desinando il pane (allora, a Roma, andavano di moda le ciriole (più a buon mercato) e le rosette (per palati più esigenti e per borsellini meno vuoti) rovesciato. 《Il pane è una benedizione di Dio》 mi diceva. 《Il pane merita rispetto》. Esagerava, forse. Probabilmente sì. Però era visto e sano che il pane raffermo non si gettasse nella pattumiera, ma si sfregasse sulla grattugia per ottenere quel “pane grattugiato”, appunti, cosi prezioso per imparare fettine di vitello e di pollo.

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Sarà per questo che vedere gli esagitati di Torre Maura, guidati dai tristi camerati del luogo, calpestare i panini destinati ai Rom e ai loro bambini, mi ha fatto particolarmente male. Quanta rabbia nel loro bruciare e nel loro agitarsi, inferociti. A quale raccapricciante livello si degrado è arrivato l’odio etnico e sociale? Si è arrivati al punto che anche affamare i bambini è lecito, purché serva ad allontanare da sé il “diverso”, a non condividere spazi e risorse con chi è ancora più sfortunato e straccione.

Calpestare il pane dei poveri e dei bambini, che schifo. Che vergogna.
Calpestare il pane dei poveri e dei bambini, che schifo. Che vergogna.
Calpestare il pane dei poveri e dei bambini, che schifo. Che vergogna.

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Sono sicuro che neanche ai famosi capponi di Renzo, che si beccavano tra loro mentre venivano portati ad “allungare il collo”, capitò mai di pensare, neanche alla lontana, di distruggere i pochi chicchi di grano che costituivano il sostentamento degli sfortunati compagni di sventura.

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Valerio Vairo