Come ben sapete, su questo blog di “cultura in carcere”si è parlato tanto e spesso.
Ciò è avvenuto sia a seguito dell’avvio della collaborazione tra Patrizio Pacioni e la Compagnia Stabile Assai, sia dell’intensa attività effettuata in tale ambito dallo scrittore romano, sfociata oltre che i diverse conferenze sul tema, a numerosi incontri “letterari” tenuti all’interno della Casa Circondariale di Busto Arsizio.
A ciò si aggiunge la realizzazione del film “Il Lettore” scritto con Fabiana Cinque per la regia di Martina Girlanda e recitazione del Gruppo Angelo, appunto della Casa Circondariale di Busto (fruibile in Rete a questo link: (https://www.youtube.com/watch?v=JbKHLpbXSBk).
Con queste premesse, inutile dire che apprendere la prossima rappresentazione al Teatro Sociale di Brescia di La causa e il caso non poteva non attirare il nostro interesse.
Da qui l’intervista con Giulia Gussago che ne è stata la creatrice, l’anima e la realizzatrice.
Giulia, come ti sei decisa a portare anche in carcere la tua esperienza di danza?
《A muovermi, a partire dal 2011, fu la forte (e sempre presente in me) curiosità della vita e della sperimentazione personale. Perché per me è questo, l’Arte: un modo diverso di conoscere il mondo. Mi ricordo che, partecipando a un convegno attinente all’ambiente carcerario, mi chiesi cosa potesse significare, per un essere umano, essere costretto a vivere in stato di reclusione》
Hai incontrato difficoltà a cominciare e svolgere il tuo lavoro nel carcere di Verziano?
《Per niente: per la Direttrice, Francesca Paola Lucrezi, i recupero dei detenuti attraverso l’Arte è sempre stata una certezza》
Quindi stiamo parlando di danza-terapia…
《No. Stiamo parlando solo ed esclusivamente di Danza, e basta. L’Arte, qualsiasi tipo di Arte, è di per sé terapeutica a tutti i livelli, quindi non ha bisogno di suffissi da ospedale》
Qual è la filosofia che anima questa parte della tua attività?
《L’annullamento delle barriere tra chi è dentro e chi è fuori. La danza ha in é le caratteristiche necessarie per offrire tutto quanto è necessario al processo creativo. Si tratta di un percorso di avvicinamento attraverso un’esperienza accessibile a tutti: non c’è nessuna distinzione tra ciò che possono fare i reclusi e chi è in libertà. Un atteggiamento del tutto analogo a quello che ho utilizzato anche con i disabili》
Che riscontro ha ricevuto la tua proposta da parte dei detenuti?
《Si è trattato di un’adesione spontanea ed entusiasta: purt trattandosi, per la stragrande maggioranza di uomini e donne che non hanno avuto esperienze precedenti, mi è capitato di scoprire alcuni autentici talenti》
Inevitabilmente, come universalmente noto, all’interno dei carceri tendono a replicarsi le stesse strutture gerarchiche proprie di ambienti malavitosi esterni. Mi chiedo se anche nel gruppo o nei gruppi che s’impegnano in attività artistiche…
《Per quanto riguarda la mia esperienza, non ne ho trovato la benché minima traccia tra “i miei”: credo che a ciò abbia contribuito, oltre al generale amore di quell’armonia tipica della danza cui mal si attagliano rapporti di prevaricazione-sottomissione, l’introduzione di persone esterne all’ambito carcerario》
Ecco, sulla base di quest’ultima frase, veniamo alla composizione del gruppo di questo spettacolo.
《Io e Giannalberto De Filippis danziamo in scena con 35 danzatori non professionisti, di cui 27 “esterni” e 8 tra detenuti e detenute. Sì, uomini e donne insieme, perché una volta entrati nello spirito di questo progetto artistico, ogni barriera viene meno. Il gruppo iniziale (da novembre a oggi) era composto di 50 con una prevalenza numerica tra i detenuti, in linea con la composizione della popolazione di Verziano, di non-italiani》
Qual è il futuro che ti auspichi, riguardo a questo aspetto della tua molteplice
《Il futuro non so. Il mio sogno è quello di portare questo spettacolo, ed eventuali altri che verranno, fuori dalle mura del carcere in modo stabile, effettuando una vera e propria tournée
Parlami dei tuoi rapporti con il C.T.B., grazie al quale lo spettacolo, venerdì prossimo, sarà al Teatro Sociale.
《Quanto a questo ho trovato una disponibilità incredibile e immediata: l’attuale dirigenza del C.T.B. (non solo in questa occasione) dimostra una grande (e nuova) attenzione al territorio. È rarissimo che un teatro stabile si presti a sostenere un progetto del genere. Il nostro primo contatto con l’Ente Teatrale Bresciano è stato Andrea Cora che ci ha presentato a Bandera. Con il Direttore Artistico, ricevendo l’appoggio incondizionato del Presidente Carla Boroni, sono state esaminate e risolte le criticità tecniche e operative》
Ultima domanda (anche se avrei da fartene moltissime altre). Si sono verificati, nell’ambito di un percorso di questo tipo e di così forte suggestione emotiva, episodi particolari che puoi raccontarci?
《Ricordo che, il giorno successivo alla morte di Pannella, un detenuto che sta scontando una lunga pena, ha chiesto con la voce rotta dall’emozione un minuto di silenzio e un applauso per l’impegno civile di Pannella che è stato vicino ai carcerati più di altri. Un altro detenuto, riferendosi alla serietà con cui conduco le prove, mi ha regalato un mazzo di fiori di carta dicendomi: “Mi sgridi perché mi vuoi bene come me ne volevano mia madre e mio padre”. Beh, cos’altro avrei potuto fare se non commuovermi fino alle lacrime》