L’immortale Mister Volare di Mario Incudine

La Sicilia la conoscono tutti. Fingiti siciliano e conquisterai il mondo!”, gli consigliò un giorno Frank Sinatra, e il giovane e ambizioso Domenico Modugno, detto Mimì, non se lo lasciò ripetere due volte.

È appunto viaggiando sulle note delle sue innumerevoli canzoni che Mario Incudine si ripresenta al pubblico bresciano, a pochi mesi dalla precedente esibizione dell’aprile scorso, allorché mise in scena al Teatro Mina Mezzadri dello spettacolo «Parlami d’amore» di cui pure ci occupammo a suo tempo. Per chi volesse (ri)leggere l’articolo, questo il link giusto:

Domenico Modugno (Polignano a Mare 9 gennaio 1928 – Lampedusa 6 agosto 1994) è stato un artista eclettico: attore, cantante, paroliere, musicista e regista, ha scritto una pagina importantissima della storia musicale italiana. Ha composto e inciso circa duecentotrenta canzoni, vendendo oltre settanta milioni di dischi, vincendo ben quattro Festival di Sanremo, il primo dei quali (nel1958), con la canzone Nel blu dipinto di blu, un successo planetario che gli diede il soprannome di Mister Volare, di cui era anche autore. Ha interpretato trentotto film per il cinema e sette per la tv (per la quale ha anche condotto alcuni programmi di varietà) . Per quanto riguarda il teatro, ha recitato in 13 spettacoli. Negli ultimi anni della propria vita fu anche deputato del Partito Radicale.

Cominciamo con il dire che «Mimì» di Mario Incudine, diretto da Moni Ovadia, è uno di quegli spettacoli predestinati al successo, da acquistare (anzi da andare a vedere) a scatola chiusa. Gli ingredienti del successo ci sono tutti: la bella voce del protagonista, accompagnato da tre musicisti di grande qualità, un repertorio di canzoni (quelle di Domenico Modugno) di grandissima suggestione, la regia fantasiosa di Moni Ovadia affiancato a Giuseppe Cutino.

Se a tutto ciò si aggiunge che, in un quasi tangibile processo d’immedesimazione, Mario Incudine riesce a impadronirsi e a esprimere l’esuberanza istrionica e la maschia prepotenza canora del grande Mimì («Avevo tanta passione dentro che non mi bastava il mondo intero perché potesse sfogarsi») , l’innata quanto straordinaria capacità del protagonista di coinvolgere il pubblico nel corso di tutto lo spettacolo, si comprende chiaramente che questa prima al nuovo Teatro Borsoni non poteva che risolversi in un clamoroso successo.

Lo slalom nel mondo di Modugno, almeno all’inizio, non passa attraverso le bandierine più celebrate e conosciute, ma percorre le canzoni più intimiste e simboliche del grande Mimì, scolpendo attraverso le note e i testi la figura di un uomo talmente volitivo da permettersi di confrontarsi nientemeno con Dio (e di interpretarlo a modo suo, a volte, come il Cristo “agitatore” di una ritmatissima «Tu ti lamenti, ma che ti lamenti».

È un susseguirsi di incursioni nella tradizione sostanzialmente panteistica popolare e contadina, riesumata dal cassetto dei ricordi e rielaborata alla luce di un pensiero contemporaneo, una forsennata ricerca di veraci valori sanguigni per avviare e condurre la quale le canzoni di Modugno, in realtà, sembrano solo pretesti.

E i grandi successi che resero Mimì universalmente apprezzato e celebrato e la sua memoria immortale?

Sono concentrate subito prima e subito dopo il ripetuto chiudi e riapri del sipario, sollecitato dallo scrosciare degli applausi degli spettatori estasiati. Dopo un’originalissima interpretazione vocale scandita dal ritmare delle percussioni di «Lu pisce spada» Incudine canta a cappella «Nel blu, dipinto di blu», poi passa alla struggente «Tu si’ na cosa grande», e manca poco che il Borsoni, come si suol dire, venga giù per le acclamazioni e gli applausi.

Una piccola pillola amara per finire, visto che troppa dolcezza rischia, dicono, di far venire il diabete. Un appunto non destinato al magnifico evento andato in scena stasera, ma a una (per così dire) disattenzione di chi ha ideato e realizzato il Teatro: gli spettatori della fila G , a causa di un gradone incomprensibilmente largo, sono nettamente impallati da quelli che gli stanno davanti e vedono quanto accade in palcoscenico con qualche difficoltà.

Vabbè, sono cose che succedono, anche se non dovrebbero succedere.

uno spettacolo di e con Mario Incudine
testi Sabrina Petyx
regia Moni Ovadia, Giuseppe Cutino
musiche Mario Incudine
arrangiamenti Antonio Vasta
con i musicisti in scena Antonio Vasta, Pino Ricosta, Manfredi Tumminello
costumi Daniela Conigliaro
disegno luci Giuseppe Cutino
produzione Centro Teatrale Bresciano
in collaborazione con ASC Production

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