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La spiritualità non conosce limiti, né confini, almeno su questo credo che non ci sia nessuno che possa obiettare alcunché.
Quando arrivo al numero 2 di via Corsica, sede del Centro Islamico di Brescia, una delle prime cose che recepisco è che c’è nell’aria una nota di fondo, un’onda emotiva, un respiro comune di un popolo fatto di tanti popoli.
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C’è un brusio di lingue diverse, tra gli uomini che affluiscono alla moschea (le donne si riuniscono per la preghiera al piano di sopra) e sì, c’è un sorriso collettivo da “sabato del villaggio”, un incessante scambio di saluti che unisce uomini e donne in un’unica, grande famiglia.
C’è una grande serenità, nell’aria , «Perché ce n’è bisogno eccome, di serenità, qui come altrove: particolarmente in un momento storico e politico di aspra conflittualità, drammatico e confuso, come quello che sta attraversano il mondo in questo inizio di millennio» dice Axil, componente del gruppo giovanile.
Poi mi invita a entrare nella grande sala della moschea, il cui pavimento è coperto per intero da un tappeto multicolore: è arrivato l’Imam, e sta per cominciare la preghiera del pomeriggio.
Mi tolgo le scarpe, mettendole accanto alle centinaia di altre ordinatamente riposte nell’atrio, ed entro.
Sono insieme agli altri e, stando tra loro, mi sento soltanto, niente di più, niente di meno, come gli altri, un uomo che cerca di elevare il pensiero al proprio Dio.
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Bonera.2