Cahier de bord (5) – A Misterbianco, come altrove, la Memoria è una cosa seria.

E così, a cinque anni di distanza, rieccomi a Misterbianco (o Mustariancu, in lingua locale, o Monasterium Album, come lo chiamavano gli antichi) popoloso centro in provincia di Catania titolare di antica tradizione. Nel frattempo (precisamente nel 2023) si è verificata la non banale circostanza che il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, su istanza del Ministro dell’Interno Matteo Piantedosi, ha riconosciuto al comune il titolo ufficiale di “città”.

Se sono tornato qui è (anche) per raccontarvi una suggestiva vicenda sospesa, come molte storie popolari siciliane, a metà tra storia e leggenda. Cogliendo, al tempo stesso, la ghiotta occasione di fare il punto su un argomento al quale tengo moltissimo e di cui si occupò questo mio blog nell’agosto 2020, in pieno periodo Covid, vale a dire nel momento in cui, dopo la sfuriata iniziale del morbo che aveva fino ad allora aggredito soprattutto il nord del Paese, si cominciava a nutrire un briciolo di speranza che la pandemia fosse ormai circoscritta e sotto controllo. L’amara realtà delle successive violente “ondate” fece però presto capire, ahimé!, che così non era ancora.

Per chi non avesse avuto occasione di leggere quel post e per chi volesse semplicemente rinfrescare la memoria prima di andare avanti con la lettura, ecco il link grazie al quale lo potrete recuperare:

Tutto ciò premesso, suggestioni ho promesso e suggestioni mi accingo a donare.

La località Campanarazzu, sita nel territorio di Misterbianco, prende il nome con il quale l’hanno battezzata e continuano tutt’oggi a chiamarla gli abitanti del luogo, generazione dopo generazione; ovvero da un antico campanile che sembra spuntare dal terreno come un pino o un leccio in muratura. Siccome, però, in natura non esiste, per quanto a conoscenza umana, un terreno in cui crescano e allignino alberi del genere e considerato che accanto a un campanile, normalmente è eretta anche una chiesa, nell’ormai remoto 1961, quattro baldi giovanotti (all’epoca poco più che ventenni), decisero di impegnarsi a svelare l’arcano.

Fu così che un bel giorno, poco meno di cinque anni più tardi, adempiuti gli obblighi legati al servizio militare, il gruppo formato dal poco più che ventenne Antonino Nicolosi, (nella foto) e dai suoi coetanei Mimmo Santonocito, Nuccio Spampinato e Turi Falà, si calò indomito in un oscuro buco aperto nel terreno.

Una volta sotto, ciò che videro con i propri occhi fu, pur se logicamente prevedibile, emotivamente stupefacente ed estremamente coinvolgente.

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Perché la chiesa c’era, naturalmente. E come potrebbe essere vero il contrario?

E, per miracolo (o per prodigio naturale, per le sensibilità più laiche) sotto i dieci metri di lava (o di sciara che dir si voglia) residui della grande colata del 1669, la struttura interna dell’antico edificio sacro si era mantenuta sostanzialmente intatta. Non solo, nel sito erano presenti molteplici manufatti da raccogliere e repertare, tra i quali lampade, antiche mattonelle istoriate e, insieme ad altro interessante materiale, una scultura di pietra bianca. Ritrovamenti di grande interesse che però, per questioni di carattere amministrativo e/o burocratico, si poté cominciare a raccogliere e repertare solo quattro anni più tardi

(tre dei componenti del “commando”: da sinistra Nuccio Spampinato, Mimmo Santonocito, e Antonino Nicolosi. Manca Turi Falà impegnato… a scattare la foto)

Tutto bene, dunque? Diciamo di sì, peccato solo che a partire da quel fatidico giorno si rese necessario attendere fino agli anni ’80 perché la mano pubblica si decidesse a intervenire ufficialmente fornendo un adeguato sostegno in organizzazione, fondi e mezzi necessario a procedere a una seria valorizzazione e messa in sicurezza del sito.

Decisamente troppo tempo.

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Passando al millennio successivo e a proposito di ritardi, ecco che è arrivato il momento di occuparci (anzi di ri-occuparci) dell’altra questione.

Torniamo quindi alla notevole collezione di memorabilia messa insieme dal già più volte nominato Nino Nicolosi: una preziosa, se non unica, raccolta di manifesti, copie di quotidiani e riviste, volantini pubblicitari e politici, (compreso un assortimento assolutamente bipartisan di tessere di partito), cartoline illustrate, santini e quant’altro. Il frutto tangibile di una certosina attività di ricerca stimolata inizialmente per la fascinazione di colori, immagini e grafiche di locandine e manifesti, avviata negli anni dell’adolescenza.

Un patrimonio della Memoria da promuovere e mettere a disposizione di chiunque voglia imbarcarsi in un suggestivo quanto istruttivo viaggio nel passato non solo locale ma dell’intero Paese.

Mi è stato riferito che, circa tre anni orsono, ebbe occasione di fare visita alla casa di Nicolosi (visionando la collezione) lo stesso l’attuale sindaco di Misterbianco (allora vice sindaco) Giuseppe Marco Corsaro, accompagnato da un funzionario di rilievo dell’Amministrazione comunale e da un esponente politico di uno dei partiti all’epoca in maggioranza. In quella occasione, pare che lo stesso Corsaro abbia manifestato un vivo interesse sia per la raccolta che per la pronta organizzazione di un evento di adeguata rilevanza mirato a metterne in luce il valore civile e sociale.

C’è da aggiungere che più volte, prima e dopo la pubblicazione del nostro citato articolo, è stato richiesto dallo stesso Nicolosi e da altri l’intervento della mano pubblica perché locali adeguati venissero messi a disposizione per ospitare l’allestimento di una mostra museale permanente aperta al grande pubblico. Un’iniziativa che, ove portata avanti insieme a un focus mirato sui richiami artistici, storici e culturali della zona, non potrebbe che contribuire ad aumentare l’appeal di Misterbianco su nuovi potenziali flussi turistici.

Fino a oggi, niente.

Devo confessare che la cosa mi stupisce alquanto, soprattutto avendo presente il valido lavoro che lo stesso Corsaro e la sua giunta stanno portando avanti fin dall’insediamento per il miglioramento della città, sotto i profili dell’offerta di servizi, dello sviluppo urbanistico, della viabilità e di molto altro.

In questo quadro, generalmente positivo, non può però che risaltare per contrasto in modo opposto questa manifesta carenza di interesse (perlomeno nei fatti, se non nelle intenzioni) che anche l’attuale amministrazione cittadina sembra riservare a un’opportunità di crescita più unica che rara.

Perché, non credo che ci sia bisogno di ricordarlo a un Primo Cittadino così giovane, acculturato e dinamico, un luogo che non guardi con amore alla propria storia, rischia di diventare un luogo senza identità.

Per favore, Dottor Corsaro, non ci faccia aspettare un periodo di tempo come quello che accompagnò le vicende della chiesa ritrovata. La prego: ci smentisca e ci stupisca al più presto, .

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