La difficile arte del respiro (e di fare respirare l’altro)

Il titolo originale è «Lungs», l’autore il poeta e wordplay britannico (di Darfield) Ian Mc Millan (che vedete in questa foto). La prima italiana di «Respira» (traduzione del testo curata direttamente da NCoT) è andata in scena a Gussago il 15 aprile dello scorso anno, per l’allestimento di New Coat of Theatre, la regia di Carlo Hasan e l’interpretazione di Andrea Bosis e Anita Cristini.

Io sono andato a vedere la replica bresciana che si è tenuta al Piccolo Teatro Libero sabato scorso e ve ne riferisco qui di seguito.

Cominciamo, per una volta, con le note di regia del già citato Carlo Hasan:

«Un dialogo franto, elusivo, mozzafiato, fatto di pensieri confusi e ingenue proiezioni del futuro, recriminazioni e abbracci, deliri e passioni, frecciate, scuse, aspettative deluse, promesse infrante e altrettante riconciliazioni. C’è di tutto in Respira, c’è una scrittura serrata, fatta di parole e gesti, un dialogo a due che ha l’immediatezza della vita, la normalità del quotidiano senza essere banale: la difficoltà della relazione, l’incertezza e la precarietà in cui vivono i giovani di oggi».

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La trama:

Lei è più sensibile, più irruenta, più irrazionale. Lui più pensieroso, spesso (forse troppo spesso) disincantato e ironico. Formano una coppia giovane, e si amano. Probabilmente la loro è una di quelle storie nate sui banchi di scuola (o giù di lì) e portata avanti come la prima importante per entrambi. Al massimo la seconda.

Con le aspettative e le problematiche di tutte le coppie giovani di questo terzo millennio, con le stesse modalità di comunicazione e con la stessa assenza sostanziale di esse.

Anche le tappe di vita non sono particolarmente originali: le difficoltà di porate avanti una relazione stabile, gli inciampi, le incomprensioni e, da un momento all’altro, eccola là: la prospettiva improvvisa e imprevvista di mettere al mondo una nuova creatura. E, di qui, le paure, le incertezze, alla fine la decisione di andare avanti che, però, viene vanificata da un’interruzione di gravidanza improvvisa quanto dolorosa e lacerante.

Sembra che l’amore non basti a sanare il trauma, così si lasciano, sper un po’ si perdono di vista, inevitabilmente si ritrovano e tutto ricomincia, e questa vola la maternità arriva e si concreta. E si sa, in questi casi “i bimbi crescono e le mamme inmvecchiano” (e anche i padri) e la parabola della vita con le sue ombre e le sue luci, gli alti e bassi, si compie fino alla fine.

Una vicenda come tante, ma non per questo banale dal punto di vista di coloro che loro malgrado si trovano a esserne protagonisti che, a ben vedere, è l’unico punto di vista che conti realmente.

E il respiro, appunto, ora leggero, ora pesante, ora calmo, ora accelerato, ora sospeso, è il leit motiv che l’accompagna dall’inizxo alla fine.

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Lo spettacolo:

Allo spettatore occorre qualche minuto per capire lo spirito di questa originale mise en scene. Per rendersi conto che le prime battute altro non sono che un fotogramma iniziale di un filmato molto particolare.

Uno di quelli, per capirci, che spesso viene utilizzato nelle girati a velocità normale per essere poi proiettati in modo accelerato, nell’intento di fornire velocemente un’idea tangibile dell’evoluzione del tempo nell’arco di un’intera giornata, con il rapido susseguirsi di annuvolamenti, schiarite, piovaschi e temporali.

Nel caso di «Respira» il periodo narrato abbraccia praticamente di un’intera vita. Anzi, di due vite, avvinte tra loro. Quelle dei due protagonisti, giovani e innocenti anche quando i capelli s’incanutiscono; spesso smarriti dal vento capriccioso che inevitabilmente, a tratti più o meno lunghi, s’industria di agitare le esistenze dei mortali.

«Siamo brave persone» dicono di se stessi, tentando di autoassolversi dalle inevitabili mancanze che accompagnano la peraltro fisiologica imperfezione umana . «Andiamo in bicicletta. Facciamo la raccolta differenziata dei rifiuti. Guardiamo regolarmente i telegiornali. Chiudiamo il rubinetto quando laviamo i panni e i piatti»

Ma tutto ciò non basta per arginare la vita e indirizzarla dove si vorrebbe. Così il vento riprende a soffiare forte, e c’è un nuovo distacco, anche se la situazione suggerisce che con ogni probabilità, chissà come, prima o poi, verrà anche la possibilità di un nuovo ricongiungimento

Attenta la regia ed eccellente la gestione dei tempi e degli spazi di recitazione in una scenografia minimale che più minimale non si può ma perfettamente adeguata allo spirito dello spettacolo.

Buona anche la recitazione dei due interpreti, che un po’ profuma di scuola, in certi passaggi, ma di una scuola ben condotta e ben frequentata.

Al calare del sipario consensi convinti e generalizzati da parte del pubblico che gremisce la sala.

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