Brescia Città del Teatro (27) – Tris a incastro!

Leggendo il titolo di questo articolo, dedicato alla rappresentazione di ieri sera in anteprima nazionale presso la Biblioteca Pubblica di Concesio di «Scortesie per gli ospiti», chiunque abbia un minimo di familiarità con le carte da gioco cosiddette “francesi” sarà trasalito: nel poker, principe dei giochi d’azzardo, infatti, esiste una “scala a incastro”, certamente, ma di un “tris a incastro” non si è mai sentito né mai si sentirà parlare.

Siccome per ragioni imperscrutabili una logica si può annidare, però, anche in un titolo apparentemente sconclusionato, è esattamente il senso di questa gratuita assurdità che proverò a spiegare nelle righe e nei paragrafi seguenti.

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Il testo:

Tre situazioni facilmente collocabili in tempi diversi. La prima vede due viaggiatori che, nel bel mezzo di una violentissima bufera invernale bussano alla porta di una villa, unico rifugio che può metterli al riparo dalle insidie di una Natura matrigna e nemica; li accoglie, in assenza della proprietaria, un maggiordomo maldisposto e beffardo. Nella seconda si muovono due fratelli contadini alle prese con un diverbio per la gestione di un campo: uno vuole venderlo vantaggiosamente, per andare a stabilirsi in città, l’altro, più attaccato alla terra, si oppone fieramente all’ipotesi; non prevalgono le ragioni né di uno né dell’altro, ma è chiaro a chi vadano le simpatie degli autori (e dunque del pubblico). Il terzo e ultimo contesto, ambientato nella metropolitana cittadina, vede un avvocato da “Milano da bere”, superficiale e cinico difensore delle ragioni dell’azienda Faccaro (absit iniuria verbis!) accusata probabilmente a ragione di essere responsabile un gravissimo inquinamento dell’atmosfera e delle falde cittadine. Una colpevole mancanza di sensibilità civile e sociale e una frivolezza spinta ai limiti estremi sono cortini fumogeni che gli impediscono di percepire le minacciose avvisaglie di ciò che il destino ha in serbo per lui. Tre racconti, tre astuti canovacci che raccontano qualcosa ma vogliono dirne molte altre, procedendo per segmenti successivi che s’intrecciano indistricabilmente tra loro, arrivando a completa maturazione (e piena comprensione del quadro generale da parte del pubblico) solo nel finale.

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Dalla platea:

È una di quelle pièces che si possono definire (con una orribile circonlocuzione) “automobili di lusso appena ritirate dal concessionario“: ci si sale a bordo, certi dell’acquisto fatto ma, prima di poterne apprezzare le potenzialità di un motore potente e aggressivo è bene passare per un adeguato rodaggio. Così «Scortesie per gli ospiti» comincia cautamente, lentamente, quasi a voler nascondere ciò che verrà dopo, ma quando entra in fase di accelerazione, porta lontano velocemente e con assoluto comfort, svelando i funzionali accessori e le raffinate rifiniture di cui è dotata.

Tra i non pochi pregi vanno di sicuro annoverati la colta ingegnosità e l’accuratezza della scrittura del testo, la pulita e ordinata struttura narrativa e l’impeccabile interpretazione dei tre attori-autori-registi, tutti pienamente calati nei personaggi interpretati (Tito Aronica irreprensibile quanto inquietante maggiordomo, Davide Agosti viaggiatore e contadino legato alla terra, Stefano Comini viaggiatore, contadino desideroso di inurbarsi e avvocato privo di scrupoli). Quanto alla scenografia (reale ed elettronica), la location non convenzionale (la pur ampia, moderna e funzionale sala messa a disposizione dalla Biblioteca di Concesio), per quanto ovvio, ha molto limitato l’allestimento, dunque mi riservo -se in futuro se ne presenterà l’opportunità- di tornare su questo aspetto quando lo spettacolo andrà in scena in una più congrua sede teatrale, limitandomi per il momento all’apprezzamento delle felici intuizioni che mi è parso di cogliere.

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Concluso lo spettacolo ho avuto modo di intrattenermi con Stefano Comini, chiedendogli una dichiarazione da “dietro il sipario”

«L’idea, che abbiamo maturato insieme noi tre attori nell’ormai lontano 2017, fu quella di impegnarci nella scrittura e realizzazione di un testo che parlasse di ecologia e dei problemi legati al suo mancato rispetto, partendo dal leopardiano “Dialogo tra la Natura e un islandese” datato 1824 ma ancora di un’attualità sconcertante cui è ispirato il primo dei tre canali narrativi e nel secondo da ragionamenti pasoliniani ma anche -ironicamente-dal “Ragazzo di campagna” di Celentano e Pozzetto».

«E la terza situazione?», chiedo.

«La terza non è altro che la immancabile conseguenza delle prime due», è la pronta risposta, cui segue la rivendicazione della scenografia e dei filmati realizzati a integrazione di essa. «Un primo significativo passo verso un’importante evoluzione della mia carriera artistica futura».

Della massiccia presenza di pubblico ho già scritto. Del gradimento riscontrato dallo spettacolo grazie ai prolungati e ripetuti applausi che ne hanno segito la conclusione… lo riferisco adesso.

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