Schegge di vita, schegge di anima… griffate Muccino

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LA TRAMA

Una grande famiglia (figli, nipoti, ex coniugi, cugini, zii e zie più o meno prossimi) riunita per festeggiare le Nozze d’Oro dei nonni, una coppia di pensionati che si è trasferita a vivere su un’isola. Il gruppo si ritrova bloccato a causa di un’improvvisa quanto violenta mareggiata che impedisce ai traghetti di fare spola con la costa. La forzata convivenza, inevitabilmente, causa l’affiorare di quegli aguzzi scogli rappresentati da incompatibilità, timori, diffidenze, gelosie, tensioni, vecchi rancori sopiti ma non rimossi, legati a questioni rimaste in sospeso. Una miscela incendiaria, resa ancora più esplosiva dall’inatteso sorgere di passioni sino a quel momento trattenute.

 

IL FILM

Quando durante il film ti passa davanti tutta la tua vita.

Quando esci dal cinema ripensando al passato, valutando criticamente il presente, raffigurarsi nel bene e nel male un futuro più o meno prossimo.

Beh, quando succede tutto questo, vuole dire che l’autore del testo, lo sceneggiatore e il regista (in qualche caso, come in questo, uniti nella stessa  persona, Gabriele Muccino, pur se nella sceneggiatura affiancato da Paolo Costella) hanno fatto decisamente un buon lavoro.

Allora cominciamo con il dire che «A casa tutti bene» s’inserisce perfettamente nella tradizione “italiana” del regista romano. La visione dei rapporti interpersonali, soprattutto quelli relativi alle relazioni amorose, che Muccino ha espresso e raccontato fin dalle prime pellicole, in questo film è vigorosamente ribadita e, in un certo senso, riassunta e schematizzata in un campione più numeroso del solito.

C’è di tutto, nel bestiario famigliare di questo nuovo lavoro, a partire (naturalmente) dal tradimento, la cui incidenza negativa sui destini viene enfatizzata, giudicata e, ogni volta, severamente e inappellabilmente condannata.

L’ipocrisia di certi legami di sangue e di affinità, logorati da rancori che vengono da lontano, da malintesi urticanti, da leggerezze imperdonabili, da relazioni sociali e lavorative andate a male.

C’è lo scetticismo in un sentimento puro, visto che anche i legami che sembrano più sciolti, si sfilacciano e si strappano di fronte all’incombere e all’accanirsi delle difficoltà che sgambettano, prima o poi, più o meno violentemente, l’esistenza quotidiana di ciascuno di noi. Un dissesto finanziario, una contrarietà lavorativa, una grave malattia ed ecco che parole e occhi non sanno più riconoscersi.

Perché si naviga solo se e fino a quando il mare si mantiene tranquillo, ma appena le onde si increspano, è solo lotta egoista e fratricida per la sopravvivenza.

Solo se, al momento giusto, con lo slancio necessario, senza restare paralizzato dagli scrupoli o dalla paura del “dopo”, ci si riesce ad aggrappare a un soffio caldo di passione. 

Solo gli umili, solo i più deboli, solo gli ingenui, paradossalmente, a volte, forse, chissà, dalla rovinosa caduta possono trovare la spinta per rialzarsi e sopravvivere.

Ancora un po’, forse, chissà.

Ordinata e coerente dal primo fotogramma all’ultimo la regia.

Di gran pregio la recitazione degli attori, professionisti tra i migliori di quanto offre attualmente la cinematografia nazionale, perfettamente a proprio agio nei personaggi che, attraverso un’attenta valutazione caso per caso, sono stati chiamati a interpretare.

Semplicemente perfetta la fotografia, ammiccante e ruffiana la scelta degli inserti musicali, per lo più a voce e pianoforte, curati talmente a fondo da sembrare veramente improvvisati.

Da vedere e meditare.

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