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Attenzione: qui si trattano OVVIETÀ NON PERCEPITE: spunti di riflessione su quegli argomenti che sembrano banali e scontati ma che, per molteplici quanto validissime occasioni, molto spesso non risultano affatto tali.
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Il meraviglioso Mario Corso, genio calcistico della Grande Inter, ci ha lasciati lo scorso 20 giugno, a 78 anni. Con lui, non solo gli interisti, ma tutti gli amanti del calcio perdono uno dei tasselli fondamentali dello squadrone che fu. Luisito Suarez era la geometria del centrocampo, Sandro Mazzola, il baffo, l’attaccante di livello internazionale, Armando Picchi, Giacinto Facchetti e Tarcisio Burgnich erano il muro difensivo. Mariolino rappresentava l’estro e la classe che esaltavano il pubblico di San Siro e non solo. Mandrake, uno dei suoi tanti soprannomi, è stato più volte ricordato da Massimo Moratti, legato da profonda amicizia con il fuoriclasse. Un rapporto nato dai tempi della “Grande Inter” di suo padre Angelo e rimasto immutato negli anni.
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«Era il mio preferito di quella magica squadra, la sua classe genuina, la sua visione di gioco e le sue punizioni a foglia morta calciate con il suo magico piede sinistro, lo rendevano un genio del calcio.».
La sua più famosa rete segnata in questo modo fu nella partita di ritorno della semifinale di Coppa dei Campioni del 1965. All’andata un secco 3 a 1 aveva quasi eliminato l’Inter, ma a San Siro fu proprio Mariolino con una sua punizione a suonare la carica in una partita che finirà 3 a 0 eliminando il Liverpool e qualificando l’Inter in una finale che diventerà poi la sua seconda vittoria europea. Anche Pelé vedendolo giocare lo avrebbe voluto nel suo Brasile e si domandò come mai un calciatore così bravo non giocasse nella nostra Nazionale.
Un campione che sapeva esaltare il pubblico di San Siro e che ogni tanto alternava colpi di magia a momenti di indolenza che i tifosi interisti gli hanno comunque sempre perdonato. Una pigrizia a suo modo “geniale” che secondo il ricordo di chi andava allo stadio e io con mio papà eravamo fra quelli, si manifestava a volte nel giocare, durante le giornate calde ed assolate, nella metà campo ombreggiata… e allora si commentava «Adess Mario el va a cercà l’umbrìa…” . Poi magari capitava che “si svegliava” e risolveva la partita con un colpo a sorpresa!
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Debuttò in serie A a soli 17 anni il 23 novembre 1958, entrò nella partita contro la Sampdoria per sostituire quel Nacka Skoglund biondo pilastro dell’attacco nerazzurro. Il giudizio sul suo debutto lo diede qualche mese dopo il calcio mercato. Skoglund fu venduto proprio alla Sampdoria e Corso fu promosso titolare al suo posto. Giocherà nell’attacco interista per 15 stagioni. Con i nerazzurri vincerà 4 scudetti, 2 Coppe dei Campioni, 2 Coppe Intercontinentali segnando 75 gol in 414 partite. Ultimo capolavoro lo scudetto del 1970-71 che tutta la critica sostenne che era stato “lo scudetto di Corso” che mai aveva giocato con tanta classe e continuità.
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Quell’undicesimo tricolore lo ricordo molto bene anch’io perché all’inizio del 1971 entrai al Corriere della Sera come correttore, ma quasi subito il capo dello sport del Corriere d’Informazione mi fece collaborare e cominciai così a frequentare Appiano Gentile e conoscere di persona Mariolino fino alla stagione 1972-73. Poi l’addio all’Inter per un Genoa che voleva essere ambizioso. È una squadra che ha un centravanti che si chiama Roberto Pruzzo. Arrivano in rossoblù Corso, come vi ho detto, e Roberto Rosato dal Milan. La squadra però con un campionato anche sfortunato affonda e retrocede in serie B. L’anno successivo (1974-75) nella serie cadetta, Corso giocò solo poche partite e poi un grave infortunio lo costrinse a lasciare definitivamente il calcio giocato.
Mario Corso diventa un allenatore di successo e dopo un campionato con la Primavera dell’Inter nel 1984-85, l’anno successivo il presidente Ernesto Pellegrini lo promuove responsabile della prima squadra per rimpiazzare Ilario Castagner.
Terminata la carriera di allenatore, rimarrà sempre legato all’Inter come osservatore e in quel periodo, agli inizi degli anni Novanta, la nostra amicizia si rafforza sempre di più e Mariolino si rende disponibile anche a partecipare, come ospite d’onore, a premiazioni e avvenimenti speciali del Gruppo Lombardo Giornalisti Sportivi. Corso partecipò anche ai primi incontri per gli anniversari della scomparsa del grande Gianni Brera (19 dicembre 1992), le famose “Pacciade Breriane”, “abbuffata” in lombardo, che si arricchiscono di ricordi ogni anno che passa e che consolidano un legame d’insolubile amicizia in nome del Grande Maestro: l’uomo, l’amico, lo scrittore. Ma questa è un’altra storia che potrà esser raccontata un’altra volta…
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Marco Basoni (*)
(*) Giornalista professionista… ora in pensione da Rai Sport. Particolarmente felice per aver fatto della sua grande passione, lo sport (in particolare il calcio), la sua professione.