L’intolleranza? Ne abbiamo fin sopra i capelli!

Non un colossal inteso nel vero senso della parola, ma uno spettacolo articolato e complesso sì. Sto parlando di «Hairspray – il Musical» andato in scena ieri sera nell’ultima delle fortunatissime repliche che hanno caratterizzato il passaggio milanese presso il Teatro Nazionale.

Lo spettacolo, ispirato al film del 1988 “Grasso è bello” e prodotto da Times Academy e Musical Times Production e diretto da Denny Lanza prevede infatti la presenza in palcoscenico di una quarantina di attori/cantanti/ballerini; un numero importante di interpreti cui si aggiungono altri numeri di un certo spessore: stiamo parlando, tanto per rendere l’idea, di 350 costumi, 150 paia di scarpe, 350 oggetti scenici, 770 cambi luce, 41 cambi scena, etc. etc.

Tra gli interpreti risalta la presenza di una scatenata Matilde Brandi (nel ruolo della cattivissima Velma Von Tussle) e quella di un irrefrenabile Eraldo Moretto, in arte “La Cesira”, nel ruolo di Edna Turnblad, giunonica (non è probabilmente il termine giusto, ma temo che se utilizzassi quello giusto probabilmente verrei accusato di essere politically incorrect) madre di Tracy, aspirante attrice afflitta dalle stesse problematiche di stazza.

La trama non è particolarmente originale, ma stiamo pur sempre parlando di un musical, non di un film d’essai, no?

Allora, miss Tracy Turnblad, ragazza di taglia forte (speriamo che anche questa definizione possa passare le forche caudine di quel nuovo formal-assurd-moralismo che ha già stroncato tanto per fare un paio di esempi il bacio del Principe Azzurro a Cenerentola e il folkloristico eloquio di Hatty McDaniel-Mamie in Via col Vento) coltiva in cuor suo il sogno di diventare un’artista riconosciuta e ammirata a tutti gli effetti. Peccato che, per riuscirci, deve scontrarsi con una serie di stereotipi vecchi come il mondo, ma ahimé sempre presenti e taglienti, che vanno dal disprezzo sociale, al razzismo e, naturalmente, al body shaming. Ovviamente alla fine, con tanta forza di volontà, con l’aiuto di mammà e nonostante le trame sottili e maligne dell’isterica Velma Von Tussle, otterrà il successo tanto desiderato.

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L’azione si svolge in una Baltimora bigotta e americanamente consumista, in ogni senso, in uno spaziotempo (o cronotopo, come dicono quelli bravi) che comprende in sé mille sfumature diverse. Ed è qui che la regia si sbizzarrisce, saltellando con indifferenza al tempo stesso leggera e ostentata, da scenografie che chiaramente richiamano Happy Days o i film di Travolta o i fumetti di Superman quando in Italia era ancora Nembo Kid, intingendo il pennello in una tavolozza di colori zuccherosi da case delle bambole, aprendo finestre che si affacciano su inconfondibili quadri carcerari del musical Chicago… e chi più ne ha, più ne metta.

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Così, assolvendo la funzione che ai tempi in cui i no-vax non erano ancora nati, si tentava di ingannare i bambini nascondendo il nauseante gusto dell’antipolio del dottor Sebin in un cucchiaino di zucchero, questa astuta frivolezza aiuta a fare passare un messaggio di una certa rilevanza: l’importanza non solo di accettare, ma anche e soprattutto di valorizzare una diversità che, se bene intesa e bene accolta, il più delle volte si trasforma in un prezioso valore aggiunto per tutta la comunità.

Insomma, le minoranze di ogni tipo devono essere sempre rispettate e ascoltate, almeno, e del NUOVO non si deve MAI avere paura.

Hairspray – The Broadway Musical, è il divertente Musical ambientato negli anni ‘60 che punta sulla rivalsa dei diversi e sull’integrazione razziale. Lo spettacolo mette in luce la presa di coscienza e le lotte portate avanti, allora come adesso, dalle minoranze, o da quelle parti più deboli della società, ponendo al centro della storia, i sogni di Tracy dalla sua mamma Edna, entrambe taglie forti, e per questo discriminate.

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Alla regia, alle scenografie e ai costumi, che nell’insieme potrei definire senza tema d’errore puliti, fantasiosi e un po’ paraculi, si è già fatto sostanzialmente cenno. Tornando al nutrito cast si nota un notevole spirito di squadra e un conseguente ottimo affiatamento che consente agli interpreti di divertirsi e, di conseguenza, di divertire il pubblico. In questa direzione anche il tentativo, riuscito, di coinvolgere gli spettatori facendoli ridere e ballare anche nell’immediato post spettacolo.

Un ottimo mezzo per ottenere una dose supplementare di applausi.

Non che ce ne fosse bisogno, neh?.

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Regia Denny Lanza
Coreografie Giovanni Ceniccola e Denny Lanza
Adattamento delle liriche Maria Chiara Chiti
Adattamento testi Giovanni Ceniccola
Direzione musicale Daniele Narducci
Libretto Mark O’Donnell e Thomas Meehan
Testi Scott Wittman e Marc Shaiman
Musiche Marc Shaiman
Scenografie Valentino Riviera

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