Francesco Branchetti: Teatro (di qualità) a pranzo, cena e colazione!

Se c’era un personaggio che proprio non poteva mancare nella nostra galleria dei “teatranti”, beh, si tratta proprio di Francesco Branchetti.

Volete sapere perché?

C’è chi frequenta palcoscenici e set cinematografici per mestiere. C’è chi lo fa per pura passione. Chi ancora spinto da quella causalità che porta ciascun essere umano da una parte o dall’altra della vita e del mondo.

Chi lo fa saltuariamente, chi invece (come un impiegato) si applica per un certo numero di ore al giorno, per poi ritagliarsi una vita diversa intessuta di altri interessi.

Nel caso di Francesco, il discorso è del tutto diverso: da quel che ne conosco (e non ne conosco poco) il Teatro è come una sostanza che, dopo essergli entrata nelle vene, ne ha modificato non solo il metabolismo, ma anche i sentimenti e i pensieri. Ho fondati motivi di credere che per il regista/attore/impresario/distributore teatrale non passi un minuto senza che una parte della sua mente non sia collegata in qualche modo con il palcoscenico, il set, con questo o quel copione, con un evento da organizzare…

Un impegno a tempo pienissimo, insomma, esteso magari anche alle ore notturne, quando gli capita di sognare (e negli artisti come lui non difettano ampie praterie oniriche) si ritrova a gestire un provino per un nuovo spettacolo da dirigere.

Ma adesso basta con le elucubrazioni e via con l’intervista.

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Dove si nasce lo decide soltanto il destino. Se è altrettanto vero, però, che ci sono luoghi che, inevitabilmente, segnano più di altri, Firenze è senz’altro uno di questi. Da molto tempo la tua residenza è lontana dalla meravigliosa città d’arte che tutto il mondo ci invidia, ma sono certo che dentro di te, nel profondo, ne è rimasto più di qualcosa.

In effetti sono orgoglioso di essere nato nella città del giglio e il fatto di essere cresciuto in Toscana rafforza ancora di più il mio senso di appartenenza. Le mie radici sono rimaste lì, dovunque mi sia capitato di vivere e di lavorare e, come noto, i frutti che nascono da un albero (in questo caso da me) non possono che esserne influenzati.

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Dunque è proprio in Toscana che è nata e ha cominciato a svilupparsi la tua attitudine verso il teatro?

Esatto. E, più precisamente, a Pistoia dove, giovanissimo, in un momento di profondissima inquietudine, mi sono avvicinato alla recitazione attraverso una compagnia straordinaria diretta da Fabrizio Rafanelli, la guida con cui ho iniziato il mio viaggio nel mondo fascinoso dello spettacolo fino a trasferirmi a Roma a poco più di diciotto anni.

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Dire “Teatro” (e non solo!), però, vuol dire un insieme di attività ad ampio spettro. Mi sembra che, nel tuo caso, siano numerosi e differenziati i ruoli che, con il progredire del tempo e della tua esperienza artistica, ti sei trovato a ricoprire.

Sono moltissimi gli spettacoli in cui, oltre a curarne la regia, interpreto personalmente anche un personaggio: si tratta, evidentemente,  di un doppio ruolo che crea una situazione di una certa complessità che, però, non solo riesco ad affrontare con relativa facilità, ma che reputo a me congeniale. Trattandosi di attività profondamente diverse tra loro, cerco sempre di tenerle ben distinte, curando la preparazione attoriale  molto tempo prima dell’inizio della preparazione dello spettacolo da un punto di vista registico.

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Senza trascurare la tua attività di distributore, naturalmente.

Curare la distribuzione degli spettacoli è un lavoro molto difficile e in quanto tale ha regole molto precise,  talvolta feroci, soprattutto in un periodo come questo in cui l’imperversare della pandemia ha reso Il mercato ancora più competitivo di quanto non fosse in precedenza, cambiano notevolmente i parametri di questo tipo di lavoro.

Francesco Branchetti al Teatro Parioli – Costanzo di Roma in occasione della presentazione della stagione 2024/2025 fotografato insieme a Lorenzo Flaherty, l’attore regista Salvo Buccafusca e il drammaturgo Patrizio Pacioni.

Tra le tante opere a cui hai messo mano, quali sono quelle dalle quali hai ricavato maggior appagamento?

In teatro gli spettacoli di cui sono più orgoglioso sono «Il bacio» con Barbara De Rossi, «Antonio e Cleopatra», di cui sono stato il regista e l’interprete principale, andato in scena nei più importanti teatri greci e romani d’Italia, «Scandalo» con Gabriele Ferzetti e anche «Girotondo» di Arthur Schnitzler. Mentre, per quanto riguarda il cinema…

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Già, perché (come se tutto il resto non fosse abbastanza) c’è anche il cinema.

…sicuramente il film che mi ha dato più soddisfazioni è «Cronache del terzo millennio» che ho interpretato da protagonista con la regia del grande Citto Maselli.

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C’è invece qualche spettacolo che, se il tempo potesse tornare indietro, non interpreteresti o dirigeresti o, in subordinata ipotesi, affronteresti in modo diverso?

Tutto ciò che ho fatto nel corso della mia carriera è frutto di scelte consapevoli e meditate, quindi non mi sento di rinnegare nulla. Un rimpianto, però, forse ce l’ho: riguarda «Shakespeare family» che, sebbene abbia riscosso un certo successo, forse non ha espresso in pieno il suo enorme potenziale.

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Un testo in particolare cui ti piacerebbe mettere mano.

Nella prossima stagione teatrale sarò in scena con testi che mi stimolano profondamente: mi riferisco a «Il visitatore» di Eric Emmanuel Schmitt, «L’Onorevole, il Poeta e la Signora» di Aldo De Benedetti,  «Tre sul terrazzo» di Patrizio Pacioni e «Senza respiro» di  David Norisco: tutte drammaturgie di altissimo livello alle quali mi auguro di restituire la straordinaria capacità di indagare l’animo umano sotto tutti gli aspetti, anche quelli più sotterranei.

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I personaggi del mondo dello spettacolo incontrati: quali sono quelli che più hanno “lasciato il segno”, sia dal punto di vista personale che da quello della formazione e dell’arricchimento artistico?

Marcel Marceau, Gabriele Ferzetti, Pino Micol e Barbara De Rossi sono stati quelli che mi hanno segnato dentro profondamente ma devo dire grazie anche a tanti altri compagni di viaggio meravigliosi come Isabella Giannone, Lorenzo Costa, Salvatore Buccafusca e tanti altri.

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Tra i tanti artisti che hai avuto modo di incrociare nel corso del tuo lungo e articolato percorso artistico, c’è n’è qualcuno che ti senti di menzionare in modo particolare?

Vorrei dire quanto è stata importante nel mio percorso la vicinanza artistica (ma anche umana e profonda) di Isabella Giannone, compagna del mio viaggio sin dagli inizi e che con me ha attraversato tutte le difficoltà, le gioie e i dolori; senza di lei niente sarebbe stato possibile.

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E, inevitabilmente, siamo arrivati alla pressoché immancabile domanda di chiusura: quali sono i progetti per l’immediato futuro… e per quello meno immediato?

Come già detto sarò in tournée con ben sei spettacoli quattro nuovi allestimenti e due riprese dello scorso anno e tutti quanti saranno in tournée nazionale. Ai quattro titoli già citati poco fa, infatti, si aggiungono quelli delle commedie «Una come me» di Mauro Graiani e «Cose di ogni giorno» ancora di David Norisco, entrambe protagoniste di tournée lunghe e fortunate nei teatri nazionali. Belle sensazioni, che mi inducono a ritenermi fortunatissimo e a essere più che soddisfatto dell’impegno con il quale affronto quotidianamente il mio lavoro.  Per quanto riguarda invece il… dopodomani sto progettando di portare in scena un testo straniero che vedrà protagonista un’attrice molto importante. Non chiedermi altro, però: per scaramanzia, al momento preferisco non fornire ulteriori dettagli. Sono certo che mi capirai: nel nostro mondo le cose funzionano così!

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Non ti preoccupare, Francesco, nessuno meglio di me è in grado di comprendere il senso della tua risposta-non risposta: del resto è universalmente noto che Teatro e Scaramanzia, in fondo, sono due facce della stessa moneta.

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