Cardona

Sono certo che quei pochi che hanno la bontà e la pazienza di seguire con un minimo di continuità questa modestissima rubrica di recensioni letterarie, sanno benissimo come tra i generi “prosa” e “poesia” sia il primo quello al quale dedico la maggior parte delle mie dissertazioni letterarie.

Qualche volta, però (e nel caso di Daniela Morandini è la seconda volta che accade) esce in libreria una silloge che, per una ragione o per l’altra, riesce ad attirare la mia attenzione e sollecitare il mio senso critico, mi sento quasi in obbligo di occuparmene e di riferirvi le impressioni e le riflessioni suscitate in me.

Dovere-piacere, s’intende.

Intanto, venendo all’autrice, per chi non lo avesse letto, o non ne ricordasse più il contenuto, qui di seguito il link per recuperare e leggere l’articolo (comprensivo di note biografiche) del 28/09/2021 dedicato alla prima raccolta di versi della poetessa camuna, intitolato «Screzi»:

Ex Libris (45) – Daniela Morandini: Screzi a parte

.

Tutto ciò premesso (come dicono quelli bravi), però, è arrivato il momento di parlare del libro intitolato «Terre – Poesie dell’anno zero», oggetto e protagonista di questa 63^ puntata di Ex Libris .

.

.

Si tratta di una raccolta di ottantotto liriche che vertono su un ampio ventaglio di temi tutti (più o meno) ispirati e collegati alla dimensione più intima dell’autrice. Una di quelle opere che amo definire, positivamente, “double face”, ovvero testi capaci al tempo stesso, a secondo della prospettiva di approccio, di aprire panoramiche dei pensieri, delle sensazioni, dei desideri e dei rimpianti di chi scrive e di sollecitare l’attenzione di chi legge sul proprio vissuto, innescando una serie di riflessioni mai banali e, spesso, utili a comprendere più pienamente scelte fatte e da fare, atteggiamenti presi e da prendere (o da non prendere più) rispetto a se stessi e al proprio prossimo.

Nell’approfondita esplorazione a tutto tondo effettuata da Daniela Morandini, accanto alla genuina e sempre viva curiosità per il nuovo e per l’incognito, trova posto l’esaltazione della quotidianità, un prezioso tesoro a disposizione di tutti (o quasi) che però moltissimi tra noi, presi dai mille affanni della vita, colpevolmente sottovalutano e trascurano:

.

.

Viene messa in evidenza e sublimata la divaricazione straniante di chi, come l’autrice, per un motivo o per l’altro, seguendo il proprio percorso esistenziale, ha la memoria e il cuore diviso tra due siti geografici che si fanno anche categorie di pensiero e diversi ritmi vitali.

Sia che si tratti di inurbamento scelto o subito…

.

.

… che di orgogliosa rivendicazione delle proprie radici contadine e montanare, in questo caso schiettamente Camune:

.

   

.

Tra i versi di Daniela Morandini allignano e prosperano praticamente ovunque gli interrogativi sui grandi misteri della vita e le lacerazioni dell’amore che sempre insidia e sempre ferisce, corrisposto o meno che sia. Ma talvolta, seppure dolorosamente, salva.

.

.

Prima di concludere la recensione, però, c’è ancora qualcosa da aggiungere.

Prima di ogni altra cosa la nitidezza di scrittura e la maturità espressiva e stilistica che emerge dalla scelta delle parole e dei tempi.

In secondo (ma non secondario) luogo, mi è doveroso ricordare come, alle numerose qualità e particolarità del testo si aggiunga la prefazione firmata da un’altra scrittrice e poetessa che già ho avuto modo di trattare sia nell’una che nell’altra veste: la talentuosa e versatile autrice bellunese Lorella De Bon che si autodefinisce (sagacemente e a pieno titolo, direi), lettrice vorace e poeta per necessità. Due dense paginette di straordinaria sensibilità la cui lettura, da sola, potrebbe surrogare efficacemente la lettura di questo stesso articolo.

Che però, come sempre nelle intenzioni che ispiurano e governano la mia attività di recensore, non vuole mai essere siostitutivo, bensì aggiuntivo, nel bene e nel male.

In questo caso decisamente nel bene.

.

E, ve lo assicuro, troverete tanto altro tra le pagine di «Terre – Poesie dall’anno zero». Davvero tanto, tanto, tanto, ma tanto altro.

.

.

.

.

     Il Lettore